Cultura

Il virus finanziario infetta anche la Silicon Valley

Il bluff di Facebook in Borsa. Class action degli azionisti

di Lorenzo Alvaro

Gli azionisti del social network hanno avviato un’azione legale contro Facebook stessa, il fondatore Mark Zuckerberg, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Jp Morgan responsabili dell’offerta. L’accusa è di aver rivelato soltanto ad alcuni investitori privilegiati una riduzione consistente delle previsioni di crescita dei ricavi che ha poi portato al crollo del titolo nei primi giorni di contrattazione

 

In rassegna stampa anche:
ETERNIT
DISABILITA’
TOBIN TAX
EURO

“Facebook portato in giudizio”, è il titolo del servizio del CORRIERE DELLA SERA dedicato all’Ipo del social network: «Ieri, col titolo del maggior social network mondiale che ha riguadagnato un po’ del terreno perduto (ha chiuso a 32 dollari rispetto ai 38 del collocamento di venerdì, con un recupero del 3,23% sul giorno prima), i capi della società di Menlo Park hanno tirato un mezzo sospiro di sollievo: forse il peggio è passato. Ma la gestione dell’Ipo rimane fallimentare e lamassiccia e ormai inarrestabile offensiva legale che si è scatenata nelle ultime 36 ore ha investito in pieno Facebook, lo stesso Mark Zuckerberg e la Morgan Stanley, la banca d’affari specializzata in Ipo di società tecnologiche che ha guidato il collegamento. Diversi azionisti hanno denunciato anche Goldman Sachs, JP Morgan Chase e Bank of America, gli istituti che hanno partecipato al collocamento in una posizione subordinata: l’accusa, formulata in California, è quella di aver fornito indicazioni sulle mutate prospettive reddituali di Facebook solo a una parte della loro clientela. Nel mirino dei ricorsi in tribunale anche il Nasdaq, la Borsa tecnologica di New York, che venerdì mattina ha registrato gravi malfunzionamenti e un black-out di mezz’ora: incidenti che hanno compromesso la regolarità delle contrattazioni, con danni di milioni per molti investitori».

“Class action anti-Facebook” è il richiamo in prima pagina di REPUBBLICA che rimanda a pagina 27 nella sezione “Imprese e mercati”. Il pezzo è firmato dal corrispondente da New York Federico Rampini sotto il titolo “Class action contro Facebook e Morgan in Borsa boccata d’ossigeno per il titolo”. Il pezzo ricostruisce la vicenda. Non ci sono commenti a supporto. Interessante la chiusa di Rampini che cita Standard & Poor’s: «…una società del Gruppo Standard & Poor’s, che non è tenuta al silenzio, ha consigliato di vendere i titoli di Facebook esprimendo «dubbi sull’efficacia della piattaforma pubblicitaria, sui margini di reddititività legati ai messaggi di marketing e sui rischi che derivano dall’uso di informazioni personali sensibili».  

IL SOLE 24 apre sul tonfo delle borse (“Cadono le Borse, l’Europa rinvia”).  Di Facebook si parla nel dorso Finanza, a pagina 32, “Ipo Facebook, partono le cause”: «Il collocamento di Facebook finisce in tribunale: almeno tre studi legali hanno intrapreso azioni giudiziarie contro i vertici del social network e le banche che hanno guidato il suo sbarco in Borsa, accusandoli di aver ingannato il mercato. Nel mirino è finito anche il Nasdaq, al punto che – secondo indiscrezioni – il rivale New York Stock Exchange ha preso a corteggiare Facebook per una quotazione presso di sè. Al centro del principale ricorso, che a New York si propone di trasformarsi in una causa collettiva, sono le revisioni al ribasso dei pronostici del gruppo da parte degli analisti di Morgan Stanley e altri colossi di Wall Street impegnati nel roadshow del gruppo, revisioni discusse però solo con pochi clienti e tenute invece nascoste a schiere di normali investitori. Altre denunce sono in arrivo altrove negli Usa, a cominciare dalla California dove Facebook ha sede. L’azienda e il suo collocamento sono sempre più nel mirino anche delle Autorità: lo stato del Massachusetts ha chiesto a Morgan Stanley la consegna di documentazione sugli incontri avuti con gli investitori a Boston, una delle tappe del roadshow. E la Finra, l’organismo di autoregolamentazione dei broker, ha a sua volta annunciato di volerci vedere chiaro. Questo dopo che il presidente della Sec, Mary Schapiro, ha già promesso l’apertura di indagini sulle “questioni” sollevate dal collocamento “per difendere la fiducia nei mercati”.  (…) Nel dettaglio, le “denunce” sostengono che i prospetti aggiornati nel corso dell’avvicinamento dall’Ipo non contenevano, in realtà, informazioni accurate sulla frenata del business di Facebook, dovuta alla migrazione di utenti sul meno redditizio segmento mobile. E che le ultime revisioni degli analisti delle banche, con “informazioni materiali”, sarebbero state “comunicate in modo selettivo”, danneggiando molti investitori e avvantaggiandone pochi.  Alcuni fondi avrebbero ridimensionato gli acquisti di titoli o venduto rapidamente all’inizio degli scambi grazie alle informazioni ricevute. Morgan Stanley ha finora risposto negando ogni irregolarità e affermando di aver seguito le procedure previste nei collocamenti».

“Il pasticciaccio di Facebook”, titola LA STAMPA in prima pagina e rimanda alla pag. 15, tutta dedicata al clamoroso flop dell’IPO al Nasdaq del social network. Su chi ora partono le inchieste: della Sec, che sta acquisendo documenti sul collocamento, e dei giudici, visto che una serie di neo-azionisti in perdita hanno già depositato una class action. L’analisi è affidata al caporedattore finanziario del Wall Street Journal, Francesco Guerrera, che osserva come Facebook abbia sì le sue colpe, ma è stato il circo finanziario di Wall Street a combinare “il pasicciaccio”: «In un mercato dai ritmi super-veloci, con delle azioni che stavano crollando, le deficienze del Nasdaq sono costate milioni di dollari che la società dovrà restituire ad investitori grandi e piccoli. «Il Nasdaq ha castrato l’Opa di Facebook», mi ha detto un alto dirigente di una banca di Wall Street. «Senza i loro errori grossolani, sarebbe stata un’altra storia». Forse, ma la realtà è che Facebook e le banche, in particolare la Morgan Stanley che è stata a fianco di Mark Zuckerberg e i suoi fin dall’inizio dell’avventura, non sono senza colpe. La voglia di ottenere il massimo dei soldi, di essere i primi della classe e di infrangere record li ha portati ad esagerare. A volere troppo e subito. Il fatto che nessuna delle molte banche che sono state pagate per consigliare Facebook sull’Opa gli abbia detto di andarci con i piedi di piombo la dice lunga sull’indipendenza di Wall Street. I dubbi, legittimi, sulla crescita di Facebook hanno fatto il resto».

Piccolo pezzo nelle pagine di economia per il «debutto sospetto» di facebook a Wall Street su AVVENIRE. Un’operazione che, con un calo di quasi il 20% delle quotazioni in soli quattro giorni, «si è sicuramente rivelato un cattivo affare». Sul «sorprendente calo» ora la commissione bancaria del Senato vuole vederci chiaro, dopo che già la Sec e la Financial Industry Regulatory Authority stanno indagando e almeno tre studi legali hanno depositato le loro class action.

Non c’è nulla su facebook e i suoi problemi in borsa in un MANIFESTO che dedica le prime quattro pagine all’anniversario della strage di Capaci e ai giovani di Brindisi.

IL GIORNALE dedica poco spazio allo sbarco di Facebook in borsa. Maddalena Camere firma “Facebook, soci pronti alla class action”. «Nasce sotto una cattiva stella il debutto di Facebook in Borsa. Gli azionisti del social network hanno infatti avviato un’azione legale contro Facebook stessa, il fondatore Mark Zuckerberg, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Jp Morgan responsabili dell’offerta. L’accusa è di aver rivelato soltanto ad alcuni investitori privilegiati una riduzione consistente delle previsioni di crescita dei ricavi che ha poi portato al crollo del titolo nei primi giorni di contrattazione».  

ITALIA OGGI dedica solo un pezzullo“Ira degli azionisti su Facebook e MS”  a pag 42 nel quale oltre a fotografare il contenzioso tra Facebook e gli azionisti, spiega che scenderà in campo anche il Comitato bancario del Senato Usa, che rivedrà la ipo di Facebook. “L’inchiesta è stata definita informale, ma il Comitato intende apprendere più elementi  riguardanti le questioni sollevate dalla notizia sulla ipo di Facebook attraverso incontri con la società, con le autorità e le latri parti». 

 

E inoltre sui giornali di oggi:

ETERNIT
LA REPUBBLICA – Il quotidiano romano titola a pag 17: “Eternit, l’ultimo schiaffo alle vittime: i proprietari non pagano i risarcimenti”. Questa in sintesi la questione: «l momento non sono state date disposizioni per versare le cosiddette provvisionali, ovvero gli acconti sui risarcimento veri e propri. In totale si tratta di circa cento milioni di euro, la maggior parte dei quali, circa tre quarti, ricade su De Cartier, gli altri sulla società Etex, riconducibile alla galassia della multinazionale Eternit. Gli avvocati delle parti civili nei giorni scorsi hanno sollecitato il pagamento: la prassi vuole che le provvisionali vengano versate dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado, in questo caso la scorsa settimana. Ma non hanno ancora avuto risposte in merito. “Non è normale questo disprezzo assoluto sia per la vicenda in sé che per le decisioni dei tribunali italiani — afferma l’avvocato Sergio Bonetto, uno dei legali di parte civile — Durante il processo non hanno dato notizie».

DISABILITA’
LA STAMPA – A pag. 22 il racconto dell’impresa di Fabrizio Marta, 42 anni, in sedia a rotelle dalla nascita, che ha attraversato a zig zag l’Italia per 8mila chilometri sulla sua “quattro ruote” con un amico fotografo, raccontando il Paese delle barriere architettoniche, ma anche dei tanti disabili che, nella normalità delle loro vite, compiono imprese straordinarie.

TOBIN TAX
AVVENIRE – Il Parlamento europeo ha approvato ieri una risoluzione a sostegno della bozza di direttiva sulla  Tobin tax (487 sì, 152 no, 46 astenuti). È un primo passo verso la concretizzazione di un’idea nata nel lontano 1972 su cui però per il momento solo la Francia è pronta a partire, dal 1 agosto. Il Parlamento ha definito «adeguate» le aliquote fiscali proposte dalla Commissione (0,1% per azioni e obbligazioni e 0,01% per i derivati) e sottolineato che solo i fondi pensione dovrebbero essere esentati. La palla ora passa ai singoli stati.

EURO
IL MANIFESTO – “La grande fuga”, questo il titolo di apertura. Ampio spazio alla crisi in corso. “L’Eurogruppo chiede ai governi Ue un piano nazionale per valutare l’impatto di un’uscita della Grecia dall’euro. Atene smentisce, ma la notizia provoca il crollo delle Borse. La Bundesbank: «Sarebbe un evento gestibile». L’agenzia Fitch: «Fuga di capitali dai titoli di stato italiani e spagnoli». Ma il rischio di un crollo dell’Europa non smuove Angela Merkel: no agli eurobond. Scontro con Hollande” avverte il sommario che rinvia alle pagine 8 e 9 (in realtà poi gli articoli sono alle pagine 6 e 7). Subito sotto si trovano altri due richiami, quasi in parallelo con due occhielli speculari: “La crisi europea” e “La crisi italiana”. Nel primo il titolo è “Atene, lo spettro della dracma”, mentre nel secondo si parla de “Il bilancio in rosso del governo Monti”. Entrambi gli articoli si trovano a pagina 15. Mentre l’articolo di apertura a pagina 6 è dedicato ai risvolti economici “Rebus Grecia Trema l’euro” con “Gli investitori «stranieri» vendono ancora titoli di stato spagnoli e italiani. Sale lo spread, borse in picchiata, in attesa del voto”, in una colonna che inizia a metà pagina si dà notizia del fatto che “Il Parlamento europeo approva la Tobin Tax Frutterebbe 55 miliardi per crescita e ambiente”. Occhi puntati sulla Spagna, invece a pagina 7 che apre con un’intervista a Carles Gallego Herrera, segretario generale di Comisiones Obreras in Catalunya con il titolo «Riforma? Licenziamenti facili».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA