Mondo

Usa: New York, la città dei volontari

Un anno fa sul New York Times Magazine la giornalista-volontaria Sara Mosle denunciava la mancanza di volontari nella grande Mela. Ma oggi la situazione è cambiata

di Carlotta Jesi

A quattro giorni dagli attentati terroristici che hanno completamente distrutto la New York della finanza e dell’economia, è un’altra New York che spinge avanti il Paese: quella dei volontari. Appartenenti a enti organizzati – come i 7 mila medici, infemieri e farmacisti volontari del Federal Health and Human Service impegnati negli ospedali e fra le macerie del World Trade Centre o come il personale della Croce Rossa che ha montato 14 centri di soccorso a Manhattan – , ma anche singoli cittadini che in questi giorni si sono rimboccati le maniche per dare una mano. Secondo le Nazioni Unite, che in occasione dell’anno internazionale del volontariato monitorano i cittadini del mondo impegnati in azioni di solidarietà, sarebbero centinaia e centinaia i newyorkesi di tutte le razze che stanno donando il sangue per i riferiti, ospitando a casa sconosciuti rimasti senza un tetto, distribuendo cibo e acqua, raccogliendo fondi per il non profit o anche semplicemente applaudendo i soccorritori agli angoli delle strade. Numeri che contrastano con quelli snocciolati un anno fa sul New York Times Magazine dalla giornalista volontaria Sara Mosle, che denunciava un forte calo del volontariato rispetto alla metà degli anni Novanta. «Anche se il 55% degli Americani dichiarano di aver fatto volontariato quest’anno», scriveva la Mosle, «il 7% in più del 1995, il numero di ore effettivamente dedicate è diminuito di 400 milioni di ore. E anche se Colin Powell ha dichiarato il reclutamento di 100 mila nuovi volontari come priorità nazionale, nessuno risponde all’appello». Ma ora le cose sono molto cambiate.


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