Non profit

Il welfare? Loro adesso se lo costruiscono in casa

di Gabriella Meroni

Bistrattata, snobbata, data per morta e odiata o, al contrario, ipocritamente lodata e messa sull’altare salvo poi ignorarla: la famiglia in Italia in questi ultimi anni, in barba ai family day e ai ministeri dedicati, non se l’è certo passata bene. “Ammortizzatore sociale” per eccellenza, soprattutto di questi tempi, comodo nido per bamboccioni e “neets”, unità di crisi contro la crisi, di etichette gliene hanno appiccicate tante, gli esperti di turno. Ma come sempre succede ai soggetti vivi, la famiglia ? quella vera ? ha tirato dritto e ha reagito: associandosi, facendo rete, inventando soluzioni, aprendo la porta di casa e rispondendo così ai tanti bisogni da protagonista. Si chiama attivismo familiare, e ha tante facce: le associazioni vere e proprie, le iniziative di quartiere, i gruppi di auto-aiuto, quelli che si associano per fare la spesa, aiutare i figli nei compiti o a non soccombere ad adolescenti ribelli su su fino a bussare alla porta delle istituzioni e chiedere che quello che le famiglie fanno da anni ? costruire buona società ? venga finalmente riconosciuto.

Tre milioni in rete
La tendenza è in crescita, e lo si vede laddove, grazie a legislazioni regionali ad hoc (come in Lombardia, Basilicata, Valle d’Aosta o Lazio) le tante forme di attivismo familiare sono riconosciute e incentivate. In Lombardia, ad esempio, le iscrizioni al Registro regionale delle associazioni familiari sono aumentate dal 2000 al ritmo del 20% l’anno, passando da 366 a oltre 730. Stesso trend per i Punti Acli Famiglia, sportelli associativi sul territorio dove le famiglie possono sperimentare forme innovative di aggregazione, accompagnamento e servizi pensati da e per loro: dagli spazi gioco per i bambini alla consulenza fiscale, dai percorsi educativi guidati agli incontri sul mondo della scuola o sulle dipendenze. Nati nel 2010 grazie ai finanziamenti del 5 per mille in 60 circoli, sono diventati in poco più di due anni 95, a riprova di un dinamismo sorprendente.
E se si considera che il Forum nazionale delle associazioni familiari raccoglie oltre 400 associazioni, rappresentando complessivamente tre milioni di famiglie, si capisce la portata anche numerica di queste realtà di base.

L’adozione familiare
Una presenza che spesso esce dall’informalità e diventa un asse portante anche delle politiche sociali, come nel caso del progetto “Una famiglia per una famiglia” della Fondazione Paideia di Torino. Partita sperimentalmente nove anni fa nel capoluogo piemontese, oggi l’iniziativa è diffusa in sei città coinvolgendo centinaia di famiglie-risorsa, ovvero nuclei attivi e disponibili a dare una mano, che si affiancano a famiglie fragili e le accompagnano per un tratto di strada evitando così, per esempio, che subiscano la drammatica esperienza di vedersi allontanare i figli.
«Le famiglie hanno al loro interno le risorse per farcela, la chiave è tirarle fuori», spiega il direttore di Paideia, Fabrizio Serra. «Abbiamo visto che non c’è metodo migliore che affiancare a una famiglia con problemi un’altra che sia disposta a condividere e donare tempo e capacità. Il fatto che questa intuizione sia stata valutata positivamente dai servizi sociali tanto da diventare in alcuni casi parte del sistema di welfare ci conferma nella nostra intuizione. I risultati ci sono, e sono concreti e misurabili».

I nuclei numerosi
“Da famiglia a famiglia” è anche la filosofia che sottende l’esperienza dell’Associazione italiana famiglie numerose, quelle che generose lo sono già in partenza perché hanno messo al mondo almeno quattro figli. Nato nel 2004, il sodalizio conta oggi 13mila famiglie iscritte (due anni fa erano 9.500) e gestisce un sito in cui la sezione più visitata è quella che contiene le “dritte di sopravvivenza”: dove fare la spesa in quantità industriali risparmiando, dove andare in vacanza in tanti senza dissanguarsi, come far quadrare un bilancio da piccola impresa domestica. Un attivismo quotidiano che però ha portato anche l’Anfn a dialogare con i governi di ogni colore e a scendere più volte in piazza per chiedere riconoscimenti concreti ? dal quoziente familiare alla riforma dell’Isee ? per chi contribuisce in modo così evidente al progresso del nostro Paese.

Il mutuo aiuto
La famiglia che si mobilita, insomma, che non sta mai ferma, neppure davanti a problemi importanti. Lo dimostrano le realtà aderenti ad Amalo, l’associazione dei gruppi di auto mutuo aiuto, in cui sempre più sono quelli guidati da padri e madri di famiglia per dare una mano ad altri genitori. A oggi sono circa il 5% dei gruppi lombardi, con punte nelle province di Brescia, Mantova e Cremona, come testimonia Mara Mutti dell’associazione Ama di Brescia, che riunisce 30 gruppi in città e provincia: «Non avevo mai visto nascere tanti gruppi familiari come in questo periodo, eppure siamo sulla piazza da quindici anni. Non ci sono psicologi o esperti, ma solo persone che all’interno della rete diventano come parenti e si aiutano in ogni circostanza».
Analoghe esperienza sono attive in tutta Italia, da Bologna con l’associazione GenitoriChe, promotrice di un percorso dedicato all’adolescenza e al periodo post adozione, a Roma dove il Ceis fondato da don Mario Picchi ha inaugurato lo scorso febbraio il primo gruppo di discussione sulla genitorialità. Dalla crisi educativa a quella economica, ecco i tanti gruppi di acquisto solidale, nati quasi vent’anni fa per andare alla riscoperta dei produttori locali di qualità, associarsi tra famiglie


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