Welfare

L’ultraliberista Giannino: «Il privato sociale merita un trattamento particolare»

di Redazione

Arriva dal principe dei Chicago Boys made in Italy, l’ultraliberista Oscar Giannino, la tirata d’orecchie più inattesa al ministro Fornero, «responsabile di una riforma del lavoro che non tiene conto della specificità del terzo settore». Giannino in queste settimane ha completamente appaltato la sua striscia quotidiana su Radio24 alla tragedia degli imprenditori vittime della crisi. E proprio in questo quadro ha voluto aprire una finestra sul lavoro nel terzo settore ospitando ai suoi microfoni Maurizio Carrara e Giuseppe Ambrosio, che con Unicredit Foundation hanno recentemente curato e dato alle stampe una documentata ricerca sul valore economico del terzo settore in Italia (vedi servizio a lato).
Dove nasce l’esigenza di fare un approfondimento sul non profit?
Primo, da un’esperienza personale. Anch’io nella vita faccio il volontario e su queste tematiche mantengo un’attenzione costante.
Quindi solo una motivazione personale?
Al contrario. Io credo che una risposta a queste emergenze non possa più venire, se non sui diritti fondamentali, dallo Stato. La soluzione non può che essere un welfare di prossimità, il più possibile sussidiario in grado di identificare i bisogni reali e di costruire le risposte migliori. E su questo la colpa dello Stato è quella di non capire che il terzo settore va incentivato molto più. Poi c’è una terza ragione.
Quale?
Il terzo settore si compone di tre categorie: gli enti che si occupano di advocacy, quelli che producono servizi e gli enti erogatori. Nei primi due, anche se il settore dell’advocacy è decisamente il più fragile, non tutto può poggiare sulle spalle del volontariato. Perché percorrendo solo questa strada non si riesce a scalare la dimensione ottimale per rendere al meglio il proprio servizio. E questo ha necessariamente portato all’utilizzo di contratti a tempo determinato e di tutto quel tipo di contrattualistica post Treu 2001. La mia modestissima opinione è che in sede di riforma del mercato del lavoro e dei nuovi vincoli da porre a tutte quelle forme che si distaccano dal tempo indeterminato, per il terzo settore va fatta una specifica riflessione. Perché questo è un àmbito in cui il mascheramento di rapporti di dipendenza a fronte di contratti diversi è davvero marginale.
Un tatcheriano che chiede una “riserva” di legge per il non profit…
Non c’è alcuna incoerenza in quello che dico. Io rimango fedele al mio essere sussidiarista. Non ho nessuna ideologia da difendere quando critico il pubblico. Tutt’altro. Io penso che il pubblico, proprio in quanto pubblico, non debba essere gestito solo dai dipendenti pubblici, e questo semplicemente perché non sono in grado di dare risposte a una società che sarà sempre più composta da anziani e disabili.

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