Welfare

Il terzo settore senza stipendio

In ginocchio le associazioni che gestiscono i servizi per il Comune di Reggio: «Non ci pagano da due anni»

di Redazione

Sono oltre 500 lavoratrici e lavoratori del terzo settore di Reggio Calabria non percepiscono lo stipendio, in alcuni casi, da più di un anno. La drammatica situazione riguarda associazioni e cooperative che gestiscono servizi per conto del Comune.

«Queste persone di grande spessore umano e valoriale, hanno continuato a “servire la città” a partire dai suoi figli più deboli, senza smettere mai, con il sorriso sul volto. Uomini e donne che vivono il loro lavoro come un servizio, ma che pure debbono pensare alle proprie famiglie, ai propri figli. Oggi questi operatori, questi piccoli “eroi normali”, sono ormai più poveri dei poveri che assistono», spiega Luciano Squillaci, del Coordinamento provinciale terzo settore di Reggio Calabria e vicepresidente di CSVnetche ricostruisce la vicenda.

Sono quasi tre anni che il Terzo Settore reggino sta combattendo una battaglia impari tentando di salvaguardare i diritti dei più deboli e fragili della comunità, di fronte ad una deriva preoccupante che li vede perdenti tra i perdenti, ultimi di una città ultima. Sono quasi 50 le organizzazioni, tra cooperative sociali, associazioni e fondazioni, che da oltre 40 anni portano avanti esperienze di grande valore umano, etico e professionale. Un mondo che nonostante le difficoltà proprie di un territorio difficile, è riuscito a crescere e costruire speranza e futuro per i tanti disperati che ha incontrato ed accompagnato a recuperare la propria dignità di cittadini. Percorsi che hanno sancito il rispetto dei diritti di tutti, a partire dai più deboli e fragili. Migliaia di piccole storie di straordinaria umanità e di quotidiana resistenza. Un sistema costruito con poco, ma di enorme valore.

Ad oggi le organizzazioni del Terzo Settore aspettano dal Comune spettanze arretrate di oltre due anni, crediti che riguardano servizi resi in passato e puntualmente ascritti al bilancio comunale. Non si tratta certo degli effetti della crisi o del taglio dei fondi nazionali. Sono debiti per i quali era prevista adeguata copertura, ma che non sono stati saldati per precise scelte politiche, che evidentemente rispettavano altre priorità.

Il mondo del Terzo Settore reggino, che ha scelto la via dell’unità e della condivisione, costituendo 2 anni fa un coordinamento che a poco a poco ha coinvolto l’intera provincia ed oltre 180 organizzazioni, lo scorso dicembre ha intravisto uno spiraglio di luce in una notte che sembrava interminabile. Dopo una dura stagione di lotta di piazza, il Sindaco di Reggio ha sottoscritto con il Coordinamento un protocollo di intesa che prevedeva il pagamento puntuale delle mensilità correnti, ed il recupero dei crediti pregressi attraverso un piano di rientro condiviso, la cui prima rata, pari al 30% dell’intero, doveva essere versata entro il 31 marzo. Un accordo che il Coordinamento ha accettato a malincuore, ritenendolo l’unica via possibile per salvare i servizi e soprattutto le persone che ne fruiscono. Si sono riaccesi i fidi, è aumentata ancora l’esposizione bancaria, si è chiesto agli operatori di pazientare ancora, in attesa di ricevere finalmente il 30% dei propri crediti.

Il 5 aprile, Giovedì Santo, il Sindaco ha comunicato al Coordinamento che non aveva la liquidità per fare fronte agli impegni assunti. Una sentenza senza appello che ha determinato, di fatto, la morte civile del Terzo Settore reggino. Che quindi dovuto annunciare la sospensione di tutti i servizi sociali gestiti in convenzione con il Comune e che riguardano oltre 10.000 cittadini appartenenti alle fasce più deboli. Una macelleria sociale senza precedenti in una società che si definisce civile.

«Lo scorso 26 aprile eravamo quasi 500 in piazza (foto), di fronte al Municipio», spiega Squillaci, «per gridare alla città lo scandalo che si sta consumando. In quell’occasione il Prefetto, che ha ricevuto simbolicamente le chiavi dei nostri servizi, ci ha chiesto di andare avanti almeno sino al 15 maggio, nella speranza che nel frattempo l’amministrazione comunale riesca a dare qualche risposta concreta. Lunedì scorso, al termine di un’assemblea drammatica dei responsabili delle organizzazioni e degli operatori, abbiamo deciso di accogliere la richiesta del Prefetto, resistendo sino al 15 maggio. Nel frattempo manteniamo costante lo stato di agitazione e le azioni lotta nei confronti del Comune».

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