Politica
Crescita, non solo calci di rigore
Europa, ci pensa Draghi a rilanciare politiche di sviluppo
Non solo tasse, ma un vero patto per la crescita. Lo dice perfino Draghi, presidente della Bce, perplesso di fronte agli esiti delle manovre nazionali basate solo sul rigore e sui tagli. I giornali affrontano in vario modo il tema economico, ma soprattutto politico.
- In rassegna stampa anche:
- MONTEROSSO
- LAVORO
- GERMANIA
“Crescita, Merkel dà un segnale”, titolo di taglio centrale sulla prima del CORRIERE DELLA SERA. E subito sotto: “Tra tasse e acconti 82 scadenze a maggio”. A pagina 5 Roberto Zuccolini: “Qualcosa si sta muovendo. Ne è convinto Mario Monti alla vigilia della trasferta che lo vedrà oggi a Bruxelles per l’European Business Summit. Già era emerso dai contatti sia informali che ufficiali, a vario livello, che non sono mai mancati dopo il vertice italo-tedesco del marzo scorso. Ma ieri ne ha avuto la conferma dal comunicato del portavoce di Angela Merkel, che ha parlato di asse con Roma «per la crescita», costruito «negli incontri preparatori del consiglio europeo di giugno», il vertice che dovrà per forza avere come primo punto all’ordine del giorno il rilancio dell’economia del nostro continente. E, sempre ieri, dalla stessa Cancelliera tedesca che ha applaudito il presidente della Bce, Mario Draghi, proprio sulla necessità di una crescita che passi «attraverso riforme strutturali»”. E Francesco Verderami a pagina 7 parla di Monti: “Il capo del governo è consapevole che non può più andare avanti a colpi di tasse, che un ulteriore intervento sulla leva fiscale non verrebbe retto dal Paese e dai partiti della sua «strana maggioranza». Perciò l’obiettivo di ridurre la spesa diventa prioritario. L’operazione prevederà un lavoro minuzioso, al quale saranno chiamati molti esponenti del gabinetto tecnico, in special modo il titolare della Pubblica amministrazione Patroni Griffi, visto che il suo comparto è uno di quelli nel centro del mirino. L’idea di Monti è di procedere per gradi, cercando di incidere presto in alcuni settori, partendo dall’abbattimento delle spese di gestione. Una manovra «a tappe» potrebbe peraltro servire per coprire interventi d’urgenza, ad esempio sulla riforma del mercato del lavoro. Le modifiche al testo che sono state concordate, richiederanno infatti qualche centinaio di milioni. E viste le ristrettezze di bilancio non c’è dubbio che quelle risorse potrebbero essere recuperate dal risparmio nella spesa”. A pagina 8 Ivo Caizzi riferisce il pensiero di Draghi: “Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha esortato i governi dell’Ue a varare un growth compact, un patto per la crescita, per integrare il fiscal compact concordato per risanare i bilanci degli Stati attuando misure di austerità. Draghi ha lanciato il suo messaggio nell’Europarlamento di Bruxelles, dove l’anno scorso era già stato il primo a parlare di un fiscal compactcon obblighi severi. Ha sollecitato governi e banche a intervenire con «urgenza» per rilanciare la crescita perché «l’incertezza è molto alta». Ha sconsigliato di seguire la via «facile» di aumentare le tasse per consolidare i bilanci perché, in assenza di crescita, «è sicuramente recessivo»”.
“Draghi: un patto per la crescita”: LA REPUBBLICA apre con le dichiarazioni del presidente della Bce, preoccupato per la situazione dell’Unione. Crescere non è un optional: è giunto il momento di «darsi obiettivi di lungo termine» e di avere «una visione». Entrambe cose che i cittadini credevano ci fossero già nei cuoricini dei dirigenti politici. Ma tant’è. Meglio tardi che mai. «Draghi interviene al Parlamento europeo», scrive Elena Polidori, «mentre il premier Mario Monti ribadisce che “il rigore porterà gradualmente a una crescita sostenibile e al lavoro” e che “Non esistono scorciatoie per uscire dalla crisi”». Il fatto è che hai sbagliato strada, gli manda a dire la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Monti non sta facendo un buon lavoro perché ha annunciato un programma di rigore, equità e crescita e vediamo solo il rigore». Insomma una situazione molto complessa, nella quale lievemente paradossale è il commento di Angela Merkel: «abbiamo bisogno di crescita come dice Draghi, che passi attraverso le riforme strutturali». Intanto per non offuscare troppo l’immagine del premier italiano, LA REPUBBLICA fa sapere con un pezzo apposito che “Per la prima volta Berlino si consulta con Roma”. Mentre nel retroscena Alberto D’Argenio spiega “L’ottimismo di Palazzo Chigi «I tedeschi sono pronti alla svolta»”. La tesi dell’entourage del premier è che Angela e i suoi avrebbero compreso finalmente che senza crescita i popoli soffrono. E soprattutto che «anche i virtuosi devono contribuire all’aggiustamento dell’economia aumentando la propria domanda interna e riequilibrando i rapporti tra import-export aprendo al proprio mercato ai prodotti e ai servizi che vengono da altri paesi». Merkel si sente isolata? Potrebbe essere tanto più ora che forse nemmeno Sarkozy sarà al suo fianco. Si guarda al vertice europeo del 28 giugno… Nel suo commento Tito Boeri indica “Le scelte da cambiare”.
«Austerity a senso unico: Monti compra 400 auto blu» è il titolo di apertura de IL GIORNALE. Il presidente della Bce viene citato nel catenaccio: «Anche Draghi bacchetta il Prof: “Basta tasse, pensi alla crescita”». La notizia viene trattata in un breve articolo di taglio basso a pagina 3. «Ma il premier risponde picche: “Niente scorciatoie”. E intanto lavora a un patto anticrisi con la Merkel. Nel suo editoriale in prima pagina il vicedirettore Nicola Porro scrive: «Tutti, ma proprio tutti invocano la crescita. La cosa singolare è che a invocarla con maggiore forza sono proprio coloro che la bloccano».
“Più tagli per la crescita Draghi dà la linea” questo il richiamo in falsa apertura di una prima pagina che il MANIFESTO apre con la fotografia della manifestazione di ieri per il 25 Aprile a Roma. Annuncia, rinviando alle pagina 4 e 5, «Parlando di fronte all’Europarlamento Mario Draghi tira un po’ le orecchie ai governi che traducono il rigore sui conti con il solo aumento della pressione fiscale. Per la prima volta il capo della Bce parla di un «patto per la crescita» che riceve il plauso di Hollande ma anche il sospetto di Angela Merkel (…)», accanto un secondo richiamo è su “La monetarista Olanda non regge l’austerity Il paese sceriffo dell’euro costretto alle urne”. “Tutti sono con Draghi: la crescita è di rigore” è il titolo di apertura delle due pagine interne che nella fascia grigia segnala: “Governi – Coro di consensi per il capo dell’Eurotower. Ma ognuno legge le sue parole come gli conviene. Monti per ora tace, ma acconsente?” e “Francoforte – I dati macroeconomici più recenti sono «ambigui» e segnalano «incertezza» per le prospettive economiche dell’area euro”. L’analisi è affidata a Claudio Mezzanzanica che firma “La finanza «vota» per continuare il suo gioco d’ombre”. Si legge «La finanza vota, eccome se vota. Di questi tempi poi non basta il minimo cenno di pericolo per scatenarla. E il pericolo più grande è costituito dalla «politica». Il povero Hollande è la cartina di tornasole di questo clima (…) La finanza è tradizionalmente un mondo di umori fragili, ancorati a dati di brevissimo periodo (…)». Nell’articolo principale si analizza il discorso di Draghi e le reazioni, si fa notare che Monti non replica, mentre si osserva come «(…) Draghi riceve gli applausi di Mekel e del candidato socialista all’Eliseo. Segno che la sua coperta è troppo lunga, oppure che qualcuno bara (…)». A pagina 5 sotto il titolo di apertura delle due pagine un articolo è datato Parigi con il titolo “Hollande chiede gli eurobond” e nel sommario si sottolinea “Merkel non ne vuole sapere. E il candidato socialista all’Eliseo dice: «Non voglio conflitti» con Berlino”.
La questione rigore/crescita trova spazio su IL SOLE 24 ORE alle pagine 5,6,7 con richiamo in prima. Il commento è affidato a Giacomo Vaciago “Le riforme che meritano sacrifici”: «Davvero l’Europa dovrebbe prendere esempio dagli Stati Uniti ed essere più keynesiana, per uscire dalla crisi? Davvero dovremmo cercare di convincere la Germania a essere più keynesiana, facendo subito più debito pubblico e rinviando a tempi migliori il risanamento dei bilanci pubblici? Per uscire dai guai in cui ci troviamo, servirebbe una strategia politica comune (l’ha ricordato ieri all’Europarlamento anche il presidente della Bce, Mario Draghi), e quindi anzitutto una diagnosi condivisa dei problemi da risolvere. E invece si ha l’impressione che questa diagnosi comune ancora manchi. Proviamo allora a ricordare quali sono i problemi maggiori, con particolare riferimento all’Italia, e quindi alle necessarie priorità del nostro Governo. Anzitutto, ricordiamo che non abbiamo solo (dal terzo trimestre 2011!) una “recessione da austerità”; e che quella iniziata ancor prima non era solo una “crisi finanziaria” dovuta alla speculazione; perché da 15 anni abbiamo anche un problema di “mancata crescita”. Oggi, abbiamo assieme tutte e tre le cose – siamo in recessione; la crisi finanziaria non è finita; e manca sempre la crescita – e ciò spiega la gravità dell’odierna sofferenza economica e ancor più sociale. (…) evitiamo di identificarla (la crescita) con il solo sostegno keynesiano della domanda (basterebbe scavare un po’ di buche, finanziando il tutto con un po’ di debito pubblico che lasciamo da pagare ai nostri figli). Ma ragioniamo soprattutto di concorrenza (liberalizzazioni e privatizzazioni), di legalità ed efficienza amministrativa, di onestà e di pressione fiscale, di stimoli alla ricerca e all’innovazione. Sono queste le riforme che contano e le sole che eventualmente meritano sacrifici. Quelli che stiamo facendo in questi mesi, hanno solo scongiurato il peggio, cioè evitato uno scenario ancora più recessivo. Ma è ben difficile provare entusiasmo per il peggio evitato! Per uscire dalla paura del passato, serve il coraggio del costruire un futuro migliore: la sola priorità per cui merita fare sacrifici».
La ripresa arriverà dagli Stati Uniti. Lo sostiene ITALIA OGGI con l’editoriale di Edoardo Narduzzi “La ripresa Ue, più che Hollande, verrà da Romney” che vede nel candidato repubblicano la chiave del riscatto economico. «In caso di vittoria di Romney il 2013 della politica economica Usa potrebbe essere molto originale e l’impulso al ciclo internazionale capace anche di dare un aiuto alla ripresa italiana».
Fatto il Fiscal Compact, è giunto il momento del Growth Compact, anche se non abbiamo ancora visto i benefici delle misure di austerity. Questa la sintesi su AVVENIRE del discorso fatto ieri da Mario Draghi dinanzi alla Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento europeo. Dove Draghi ha anche parlato del suo modello di Stato sociale, dicendo che «i valori dell’inclusione sociale e della solidarietà fanno parte della mia cultura, ma modelli sociali fondati su un alto debito sono insostenibili». L’austerity ci vuole, ma attenzione a come la si fa, ha detto Draghi: «un risanamento basato solo sulle tasse è recessivo, bisogna invece tagliare le spese correnti senza toccare quelle per gli investimenti infrastrutturali». E poi la crescita, dove la «Bce non può sostituirsi ai governi». A margine del discorso, pezzi sull’ottimismo di Draghi che «mette il turbo alle Borse» e il patto fra Roma e Berlino per la crescita, con le due delegazioni che si sono viste per – dice Monti – «promuovere iniziative concrete per la crescita nel prossimo Consiglio europeo di giugno».
LA STAMPA apre con le parole di Draghi “Più coraggio per la crescita” e Zatterin analizza il discorso del presidente della Bce sullo sfondo delle elezioni in Francia, Germania e Grecia del prossimo 6 maggio. Zatterini scrive:: «Un altro patto, un altro Compact. Dopo quello sui bilanci suggerito in dicembre all’Europarlamento e approvato da 25 governi in marzo, Mario Draghi torna dai deputati della Commissione economica dell’assemblea comunitaria e invita l’Europa a mettere in cantiere una nuova iniziativa, un patto per la crescita che completi e compensi il predecessore. Reclama un colpo di reni, il banchiere centrale, che irrompe a suo modo nelle questioni della politica europea. Il “subito” è la crescita che deve fare la differenza, il Growth Compact per l’appunto, idea sorride al candidato socialista per l’Eliseo, Francois Hollande, insofferente per l’eccessivo rigore imposto col fiscal compact, e desideroso di vedere l’Ue lavorare per distribuire il suo dividendo di benessere in modo più diffuso. Non solo. Frau Merkel si schiera dalla parte del banchiere centrale, «abbiamo bisogno di una crescita che passi attraverso le riforme». E come la cancelliera la pensano, il presidente dell’Eurogruppo Juncker e quello della Commissione, Barroso. Facile a dirsi, meno a realizzarsi. Durante l’audizione parlamentare, Draghi si spinge a dire che, «se ci si limita al consolidamento fiscale soprattutto aumentando le tasse, l’effetto è certamente recessivo». Al contrario, la ricetta è «tagliare le spese correnti senza toccare gli investimenti», mentre «alcuni, in condizioni di estrema urgenza, sono ricorsi all’aumento delle imposte, che è più facile, e hanno tagliato la spesa in conto capitale invece di ridurre la corrente». Una lezione tagliente, che numerosi osservatori hanno letto come un rimbrotto al governo Monti».
E inoltre sui giornali di oggi:
MONTEROSSO
LA REPUBBLICA – “Miracolo a Monterosso «Così in sei mesi siamo risorti dal fango»”. Bel reportage di Jenner Meletti dalla cittadina spezzina travolta dal maltempo. Sei mesi dopo grande soddisfazione: il paese è più bello e più sicuro di prima, tornano i turisti. «Abbiamo capito che il paese poteva risorgere soltanto se fosse risorto tutto assieme», spiega il sindaco, «E che ogni lavoro era legato al lavoro di tutti gli altri. Abbiamo ritrovato il bene comune».
LAVORO
IL MANIFESTO – “Ecco i salari più bassi d’Europa” è il titolo di apertura a pagina 6 dedicato allo studio Ocse che ha dimostrato, come si legge nell’occhiello “L’alto prelievo fiscale sulle buste paga, già sotto la media, ci fa scendere al 23° posto”. «Ci deve essere qualcosa di davvero malato nelle teorie liberiste. A ogni giro di vite su salari e diritti ci spiegano che bisogna aumentare la competitività, che i nostri concorrenti fanno meglio, e – naturalmente – che se diamo retta a loro ci ritroveremo tutti meglio. Un giorno (manca la data, o almeno l’anno, ma mica stare a sottilizzare…). Poi arriva un bel documento dell’Ocse che ci spiega quel che avevamo intuito: siamo scivolati ancora più indietro nella classifica salariale globale (…)» e più avanti «(…) Insomma, nella classifica dello stipendio lordo stiamo appena sotto la media europea, ma su quello netto precipitiamo in fondo (…)» e ancora: «(..) La cosa più curiosa è che dopo decenni di politiche vendute come “per la famiglia” ci ritroviamo con il più basso livello di detrazioni per i figli a carico e altre agevolazioni paragonabili (…) la tassazione minore si registra in paesi che non se la passano benissimo come il Cile o il Messico; ma anche in paesi ricchi come Svizzera, Nuova Zelanda, Usa e Giappone (…)». L’articolo conclude, dopo aver ricordato le teorie liberiste e come no vi sia una correlazione tra “bassa tassazione” ed elevati “tassi di crescita” o alti livelli di welfare e una “presunta debolezza competitiva”: «(…) c’è l’Italia dell’altissima tassazione sul salario, il tasso di crescita nullo (o negativo) e la competitività in ribasso. In quelle teorie c’è molto di sbagliato; ma qualcuno ci guadagna. E tanto».
GERMANIA
ITALIA OGGI – I tedeschi sono atei, ma si comportano bene. Anzi, meglio di altri europei che si dicono credenti. E’ la tesi del pezzo “I tedeschi non cedono più in Dio” di Roberto Giardina che commenta il fatto che il 46% di tedeschi ammette di non professare nessuna fede.
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