Non profit

Europa forza motrice, efficienza in primo piano

Josué Tanaka - European Bank for reconstruction and development

di Maurizio Regosa

La sostenibilità è uno degli obiettivi chiari che l’Unione Europea continua a perseguire», premette Josué Tanaka, responsabile strategico dell’Ebrd – European Bank for Reconstruction and Development, uno dei pochi istituti di credito attento ad accompagnare e sostenere (anche) gli investimenti per l’efficienza energetica. «L’Europa, da questo punto di vista, continua a svolgere il suo ruolo di forza motrice nel mondo intero».
La crisi economica ha distratto da questo obiettivo?
Può essere che ci sia questa impressione, però vi assicuro che l’Europa continua con le politiche del “20-20-20” e continua ad essere un importante punto di riferimento in termini di politica ambientale. Anche in quanto a investimenti. Certo, ora ci sono anche Paesi nuovi, come la Cina, che stanno investendo moltissimo nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica anche per ragioni interne. Ma noi all’Ebrd consideriamo l’Unione Europea molto importante e ne constatiamo la funzione anche sul campo, perché ? non so come dire ? l’Europa costituisce uno stimolo per altri. I Paesi che attendono d’entrare nella Ue, per esempio, si impegnano tantissimo su questo fronte, cosa che non succede invece nei Paesi che non hanno come traguardo l’Unione. Di sicuro, la congiuntura economica negativa non aiuta, ma c’è anche un risvolto ? positivo ? della medaglia: per tanti Paesi migliorare l’efficienza energetica è diventato un obiettivo ancora più importante in tempo di crisi, per il semplice fatto che i costi dell’energia sono aumentati.
Il fatto che alcuni Paesi lavorino sul miglioramento dell’efficienza, come influisce sul processo più ampio di accesso universale all’energia?
Occorre distinguere. Sull’efficienza energetica si lavora all’interno di un sistema che ha già accesso all’energia, dove ci sono pur sempre margini di miglioramento. Ciò detto, tutti i Paesi mostrano curve di aumento della domanda energetica. Qual è il compito fondamentale dell’efficienza se non quello di poter rimettere in discussione la validità di queste proiezioni? C’è una frase che noi utilizziamo spesso quando vogliamo convincere qualcuno a fare un investimento: «La fonte di energia più economica è non dover costruire una centrale energetica in più». Se si riesce a risparmiare su questo fronte, si possono avere risorse fresche per consentire l’accesso a chi non ce l’ha. E un contributo in questo senso lo danno anche i fornitori di energia: più lavorano sull’efficienza energetica, più contribuiscono a liberare risorse.
Per garantire l’accesso energetico universale, si stima servano 48 miliardi di dollari l’anno da qui fino al 2030. Dove prendere tutti questi soldi?
Sono molti ma allo stesso tempo, tenendo conto degli investimenti globali nel settore, sono una cifra relativamente ragionevole. Dove prendere questo denaro? Ci sono varie possibilità. I risparmi derivanti dall’efficienza, come detto, sono una via. Poi un meccanismo che è possibile attivare sono i finanziamenti pubblici. Il ricorso alle banche per lo sviluppo può essere un’altra via, tenendo conto che quando si tratta di “accesso” si parla quasi sempre di Paesi in via di sviluppo….
Ma i Paesi esclusi dall’accesso energetico sono anche quelli che hanno meno voce per richiederlo…
Anche qui farei alcuni distinguo: dire Paesi esclusi dall’accesso è troppo generico. Quando si parla di Indonesia, o di altri Paesi emergenti del Sud-Est asiatico, si parla di realtà totalmente diverse. Come pure accade per l’Africa. Citavo prima gli enormi investimenti della Cina sulle rinnovabili, investimenti fatti negli ultimi anni tutti con risorse proprie. Come del resto ha fatto anche il Brasile. In che categoria li collochiamo questi Paesi?
Tra i Paesi già “emersi”, direi…
Sì, che però non hanno finito il lavoro. Quando si constatano i problemi sociali che Cina e Brasile hanno ancora da risolvere, si capisce che c’è moltissimo da fare. La forte crescita ha consentito risultati interessanti che però vanno socializzati. All’altra estremità ci sono i Paesi che vivono ben altre condizioni economiche. Cosa fare? Penso che occorra una miscela continua e bilanciata fra decisioni interne ed esterne. Occorre far convergere l’allocazione delle risorse utilizzate per sostenere una potenziale domanda interna, e il sistema internazionale che può aiutare a perseguire risultati più o meno durevoli. Questo è un altro aspetto importante: a volte il micro-progetto avviato solo con aiuti esterni funziona, ma poi se si torna sul posto dopo due anni si vede che non è rimasto più nulla.
Qual è il ruolo dell’Ebrd nelle politiche relative all’accesso?
Il nostro istituto garantisce una copertura geografica dall’Europa orientale fino alla Mongolia, all’Asia centrale. Dall’anno scorso abbiamo avviato un’attività nel Mediterraneo. In generale non incontriamo il problema dell’accesso. Semmai quello della capacità di spesa, ovvero quanto una famiglia può spendere e quale percentuale è giusto sia riservata alla spesa energetica.
L’istituto però è specializzato sulle questioni energetiche.
La nostra banca opera in tre settori: l’impresa e la Pmi, gli istituti di credito e le infrastrutture. Il tema dell’energia sostenibile è trasversale a questi settori. Lavoriamo con tutti i colleghi per dare concretezza all’efficienza energetica nell’industria, nelle pmi e nei servizi.
Il vostro approccio potrebbe essere usato per favorire l’accesso universale?
Voglio essere prudente. Ci sono elementi molto diversi. Primo: la maggioranza dei Paesi in cui lavoriamo sono di medio sviluppo, non sono i più poveri del pianeta. Questo significa grandi differenze anche istituzionali. Nei Paesi in via di sviluppo è proprio la mancanza di un apparato amministrativo a limitare quel che si può fare anche per quanto riguarda i tempi. Secondo: l’accesso è un tema meno trasversale, più specifico al settore energetico. Forse le banche possono avere un ruolo ma più limitato, temo, rispetto a quello che svolgono per l’efficienza energetica.
Perché più limitato?
Perché la categoria sociale con cui si lavora in questi casi ha risorse più contenute. E questo per la banca, che deve avere comunque un rientro economico, può avere un certo peso. Insomma, non c’è una formula magica. Occorre anche dire che le caratteristiche del problema dell’accesso sono diverse da quelle dell’efficienza energetica. Il nostro modello è basato su una capacità finanziaria minima. Molte volte si è pensato che un modello che funzionava per un dato obiettivo potesse essere adatto a perseguirne anche uno diverso. Poi si è capito che non è così.

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