È stato immediatamente considerato la più grande occasione per rimettere l’infanzia nell’agenda politica del Paese. Così il Garante nazionale per l’infanzia, istituito come ruolo quasi un anno fa, il 22 giugno 2011, ma nominato poi ufficialmente solo a fine novembre ha debuttato con enorme credito di aspettative.
Attese non casuali e non semplicemente formali, perché la storia legislativa e politica del Garante si è dipanata, in Italia, lungo un percorso a zig zag quasi ventennale, sotto la spinta delle indicazioni e dei moniti internazionali. La pietra miliare per lo sviluppo di questa figura è stata la Convenzione di New York del 1989, da cui nel 2002 l’Assemblea Generale Onu ha tratto la prima risoluzione che invitava gli Stati a «istituire o rafforzare enti nazionali quali ombudsmen indipendenti per l’infanzia, incaricati della promozione e della tutela dei bambini». Sulla stessa lunghezza d’onda l’Europa, attraverso la Commissione e il Consiglio, hanno espresso la necessità di formalizzare la figura di un difensore nazionale dei diritti dell’infanzia. Ma di qui al traguardo finale, nel nostro Paese, sono stati necessari molti anni, contraddistinti dall’instancabile lobbying di molte organizzazioni. E non sono mancati clamorosi colpi di scena.
Il via, senza “portafoglio”
Lo sviluppo è in qualche modo partito “dal basso”, ovvero dalle Regioni e dagli enti locali, che forse più vicini alle necessità dei cittadini ? compresi i più piccoli ? hanno iniziato a prevedere difensori regionali, tuttora molto attivi e competenti. Il primo è stato istituito nelle Marche già nel 2002, l’ultimo in Sardegna nel febbraio del 2011. Tutti hanno compiti di vigilanza e promozione dei diritti dei bambini e degli adolescenti, con diverse gradazioni di autonomia e risorse. Ma rispetto alla ricchezza delle iniziative poste in essere dagli enti locali, l’avvio di un’autorità garante a livello nazionale ha conosciuto molte difficoltà. E per molti anni le maggiori associazioni dedicate all’infanzia hanno denunciato il grave ritardo nella sua istituzione.
Nel 2008 la speranza si è concretizzata in un disegno di legge governativo: l’allora ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, aveva presentato un testo da lei stessa definito “epocale”. Esattamente un anno dopo, la Camera lo ha rispedito al mittente con serie riserve da parte della stessa presidente della Bicamerale Infanzia, Alessandra Mussolini. Che cosa era successo? Il Garante, in quella versione, era un guscio vuoto, una figura di rappresentanza senza risorse ? un budget di 200mila euro e l’incardinamento nei ministeri delle Pari opportunità e della Famiglia ? e nessuna indipendenza (i pareri erano non vincolanti o sottomessi a quelli di altri organismi). «Deve essere un’istituzione seria, con compiti e risorse adeguate, non l’ennesimo poltronificio», aveva detto, chiudendo le polemiche, la Mussolini.
Si parte davvero
Riassegnato alle commissioni nel 2009, in due anni il testo è stato praticamente riscritto. Il Garante è diventato “Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza”, organismo monocratico non più in “libertà vigilata” ma vero custode dei diritti dei bambini: nominato d’intesa dai presidenti di Camera e Senato, con uno staff di dieci membri e un budget annuale di un milione 500mila euro.
La nuova authority racchiude funzioni di vigilanza, promozione, tutela, con possibilità di accesso ad archivi e banche dati pubbliche e private, con funzioni di raccordo e coordinamento con le figure regionali, oltre alla possibilità di raccogliere denunce e segnalazioni di privati cittadini. Un enorme potenziale, da consegnare nelle mani di una figura di alto livello: la scelta dei presidenti di Camera e Senato è appunto andata, lo scorso 30 novembre, a Vincenzo Spadafora, giovane e carismatico presidente di Unicef Italia.
Tutto bene, dunque? Non proprio, perché quando le acque sembravano essersi finalmente calmate, ecco un nuovo colpo di scena: nemmeno una settimana dopo, molti organi di stampa hanno dato la notizia che l’istituzione era già stata azzerata dalla manovra “Salva Italia” del governo Monti. In realtà, nessun passaggio di legge indica l’intenzione del governo di cancellare tutto il lavoro fatto: sebbene in attesa del regolamento istitutivo, che deve confermare la dotazione economica e di personale, il Garante Spadafora lavora da mesi e il 18 aprile presenterà il suo primo rapporto, un testo programmatico per dare un importante segnale. Il Garante esiste e giocherà la sua partita a difesa dei più deboli.
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