Gino Girolomi lo conobbi più di una ventina d’anni fa, in un convegno a Bormio, organizzato dall’Associazione Umana Dimora. Conobbi lui, ma soprattutto la sua storia, che mi sembrava pazzesca allora, essendo ancora in atto una guerra con quella burocrazia che si rifiutava di conoscere.
Ricordo la sua tenacia, ma anche la sofferenza contro un male diffuso nella nostra società, l’ignoranza, che poi avrei riscontrato anch’io quando dovetti occuparmi di una cosa che non c’era, come le denominazioni comunali. Lui aveva deciso di occuparsi del biologico e ad Isola del Piano, sulle colline pesaresi, aveva creato un modello di coltivazione che aveva trovato ispirazione sia nella storia del nostro Paese (la tradizione) sia da altre esperienze in giro per il mondo. Era un personaggio poco incline ai compromessi, ferito da quelle barriere che si issavano davanti a qualcosa che non era già codificato, come se il mondo non si potesse mai cambiare. Aveva ricevuto sanzioni, minacce, ma è andato avanti certo di una battaglia buona, soprattutto cosciente che avrebbe dovuto lasciare un segno tangibile alle future generazioni rispetto a ciò che aveva intuito.
Io credo che Gino, l’uomo con la barba che dava l’idea un po’ selvaggia dell’agricoltura, sia stato innanzitutto un uomo della sua terra: rude ma infinitamente buono, che aveva dentro di sé il nobile concetto della restituzione, davanti al dono grande che è la vita.
Nel 2006, quando istituimmo il premio alla civiltà contadina, il primo nome che ci venne in mente fu il suo. E venne il figlio a Golosaria, a Milano, a ritirare un riconoscimento che aveva il valore di una stretta di mano di amici, commossi che la storia di Gino continuasse con vigore.
La settimana scorsa è arrivata la notizia, appresa dall’unico quotidiano nazionale che l’ha pubblicata, Avvenire. Eppure quest’uomo è stato il padre del biologico in Italia, colui che ha sdoganato un genere, oggi diffuso, forse anche troppo. Ma tutto, e in particolare le battaglie e i protagonisti di queste battaglie, è stato in fretta dimenticato. Non lo dimenticherò io, non lo dimenticheremo noi che su queste pagine, spesso, ci siamo confrontati con le sue provocazioni.
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