Non profit

Quest’anno al Vinitaly la solidarietà è doc

di Marina Moioli

Li chiamano wine promoter, da non confondersi con i wine hunter che vanno a caccia di clienti top per cantine ed enoteche o con i wine driver, autisti personali che accompagnano a casa chi ? durante una degustazione ? ha alzato un po’ troppo il gomito. Sempre più ricercati, i wine promoter sono gli esperti che consigliano alle cantine anche come sposare i loro prodotti a iniziative di solidarietà e charity. Una professionalità molto richiesta, e in effetti le iniziative attraverso le quali le aziende vinicole sostengono buone cause sono in continuo aumento. E non si tratta solo di assolvere a “doveri” di csr, o inventarsi iniziative “buone” per motivi di marketing. «Macché marketing», spiega Ornella Venica, delle cantine Venica&Venica, «le dico com’è andata: proprio nei giorni in cui presentavamo, dopo dieci anni di attesa, il nostro prezioso Merlot, in tv scorrevano le immagini di disperazione dello tsunami in Giappone. Così ci siamo detti: dobbiamo e possiamo fare qualcosa per questa gente, e abbiamo destinato 5mila bottiglie a un fondo di beneficenza». Così, dall’emozione del momento, è nato il progetto “Sulla strada del cuore” di Venica&Venica, il cui ricavato verrà consegnato il 26 marzo al console generale del Giappone, Shigemi Jomori, nel corso del Vinitaly in programma dal 25 al 28 marzo alla Fiera di Verona. Edizione ad alta intensità “sociale”.

Nelle vigne, dietro le sbarre
Dal Friuli viene per esempio l’iniziativa “Diversamente Doc”, promossa dall’azienda agricola Colutta a favore di alcuni ragazzi disabili dell’Anffas di Udine. «Li abbiamo coinvolti durante la vendemmia e nelle fasi dell’imbottigliamento e del confezionamento», dice il titolare, Giorgio Colutta. «Per ora al Vinitaly presentiamo le bottiglie frutto di questa iniziativa, ma poi con l’aiuto della Provincia contiamo di avviare un percorso di formazione più articolato, per consentire ad alcuni il pieno inserimento nel mondo del lavoro agricolo».
Dal Nord al Sud. Impegnata dal 2005 nel progetto “Music&Wine” che sostiene il reparto di cardiochirurgia infantile dell’Ospedale civico di Palermo, la cantina siciliana Donnafugata presenta al Vinitaly 2012 una nuova iniziativa, questa volta a favore della cooperativa “I Dolci di Giotto” dei pasticceri del carcere di Padova, per la produzione di un panettone al Kabir, il vino Moscato di Pantelleria prodotto dall’etichetta della famiglia Rallo. «Il nostro approccio al tema della solidarietà e della responsabilità sociale d’impresa non può essere disgiunto dalla filosofia di produrre vini di qualità, rispettando l’ambiente e valorizzando il territorio e la sua cultura», dice il portavoce della casa siciliana Ferdinando Calaciura. Una filosofia che si sposa perfettamente con quella della cantina veneta Bisol, artefice del progetto “Venissa” che punta al recupero dell’antico vitigno Dorona nell’isola di Mazzorbo, e che a Verona presenta le prime preziose bottiglie frutto di questo lavoro. «Per noi la responsabilità sociale è sempre stato uno dei primi valori aziendali», conferma Gianluca Bisol, uno dei primi imprenditori chiamato ad aderire alla campagna di salvaguardia dei monumenti presentata al Vinitaly dall’associazione “Amo l’Arte, Amo l’Italia” onlus.

Dall’Africa ai Balcani
Ma il non profit il vino se lo fa anche da sé. Al Vinitaly fanno bella mostra ? e non è il primo anno ? le etichette delle cooperative di Libera Terra, l’associazione di Don Ciotti che si occupa del recupero dei terreni confiscati alla mafia, o le nuove etichette prodotte dai ragazzi della comunità di San Patrignano. Ma anche vini del progetto “Wine for Life” per la lotta all’Aids in Africa della Comunità di Sant’Egidio, presente al salone con la sua trattoria “Gli Amici”. E se la cantina Torti dell’Oltrepo Pavese usa la scrittura braille nelle etichette del Bonarda, la marchigiana Umani Ronchi punta all’ecosostenibilità, sperimentando le bottiglie in vetro alleggerito per dare una veste ai suoi celebri bianchi.
Non mancano i progetti di cooperazione internazionale: stappando un vino Argiolas si aiuta “Is Selis”, il centro medico fondato dalla cantina sarda in cooperazione con le onlus Africadegna e Alerte Solidarité Santé a Bibwa, nella Repubblica Democratica del Congo. Mentre il vino prodotto nelle vigne della Bosnia Erzegovina dalla cooperativa vinicola “Vino Daorson” grazie a un progetto delle ong italiane Cefa e Oxfam Italia, sostenuto dalla cantina umbra Arnaldo Caprai, aiuta i contadini del luogo a rilanciare la cultura della vite dopo le distruzioni della guerra dei Balcani.
Una vera e propria tendenza? «Non la definirei così, almeno qui in Italia», interviene il critico eno-gastronomico Paolo Massobrio, fondatore del Club di Papillon. «Ci sono già diverse esperienze di questo tipo molto avanzate negli Stati Uniti. Ma, come in tutte le cose, anche questo rischia di diventare un business. A me colpiscono le piccole iniziative, le più sincere: come quel giovane viticoltore che si è rimesso a produrre vino nell’Alta Langa, dove la vite ormai non c’era più, e ha destinato i proventi del suo vino migliore per costruire un pozzo in Africa. In ogni caso mi sembrano tutte iniziative positive che, curiosamente, vedono in prima fila aziende considerate marginali ? per dimensione, non per qualità ? rispetto ad aziende “importanti”. Ma è giusto che sia così, anche perché la solidarietà non può essere utilizzata come strumento di marketing».


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