Non profit

Tfa: le università sono pronte, il governo non ancora

di Sara De Carli

I futuri prof si sono già rimessi a studiare, in vista del test d’ingresso. Sono contenti, perché ? come dice Francesco Magni, presidente del Clds – Coordinamento Liste per il diritto allo studio e promotore di quell'”Appello giovani” che la scorsa estate aveva smosso le acque ? «è una buona notizia che ci siano notizie ufficiali e che non ci siano stati tagli numerici». Ma in realtà il Tfa (Tirocinio formativo attivo) non è ancora fuori dal tunnel. Sarà pure un passaggio scontato, ma dieci giorni dopo il via libera del ministero dell’Economia, le comunicazioni ufficiali del Miur in merito sono ferme ai comunicati stampa e la pubblicazione ufficiale non c’è. Il decreto, insomma, nessuno lo ha ancora visto.
È questa la premessa delle premesse di Elio Franzini, prorettore per la Programmazione e i servizi alla didattica all’Università statale di Milano, già membro della Commissione ministeriale che aveva messo a punto la nuova formazione iniziale degli insegnanti: «L’università è pronta a partire, ma quando avrà tutti gli strumenti per agire», dice. È ottimista, perché «il ministero ha già avviato la concertazione con le università per le date dei test e ha affidato anche la preparazione dei test nazionali», ma comunque «se i decreti attuativi non tarderanno troppo, i corsi potranno partire non prima di ottobre, con il prossimo anno accademico». E questo a dispetto del titolo del comunicato del Miur, che annuncia invece che «il Tfa partirà entro giugno». Il fatto è che il Tfa è a numero chiuso e prevede una selezione in tre step: test nazionale, prova delle singole università, prova orale. Non una cosa da nulla, visto che si prevede che proveranno ad entrare «almeno 60mila aspiranti insegnanti, il triplo dei posti disponibili», spiega Franzini. Ma i nodi più complessi sono altri: il primo è che «le università dovranno riattivare i rapporti con le scuole, per avviare i tirocini. Quattro anni di blocco certo non hanno favorito il mantenimento dei rapporti, dovremo un po’ andare dai singoli presidi con il cappello in mano».
L’altro nodo è quello per cui vedere finalmente il decreto è fondamentale. Solo da lì, infatti, si saprà con esattezza quanti sono i posti del Tfa per ogni classe di abilitazione, regione per regione. Quanti posti cioè ci saranno per la formazione di futuri prof di italiano in Lazio e quanti di scienze in Campania, quanti di latino in Valle d’Aosta e quanti di matematica in Abruzzo.
«Ciascuna università ha già istituito i Tfa», spiega Silvia Kanizsa, preside della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Milano-Bicocca, «ma finché non vediamo i numeri non siamo in grado di dire quali vale la pena istituire». In sostanza, nei casi in cui i numeri saranno molto bassi è dispendioso attivare il Tfa in più università della stessa regione: bisognerà scegliere una sola sede. Chi la decide? «Non lo sappiamo, è una cosa che deve definire il Miur. Noi certo siamo disposti ad incontrarci ed accordarci tra università», dice la Kanizsa. Insomma, per lei «prima di settembre il test nazionale non si farà. Siamo un po’ sospesi… pensavamo che a gennaio 2012 saremmo partiti e invece siamo ancora qui, pronti ma aspettando il “la”».


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