Non profit

Uno strumento strategico, da usare bene

di Mattia Schieppati

«Stiamo parlando di un attore fondamentale del sistema economico italiano, che a seguito delle evoluzioni in atto nel sistema del welfare contribuisce al Pil con un apporto del 3-5%: non è possibile che per il terzo settore certi dispositivi finanziari non siano ancora accessibili». È netta la posizione di Guido Cisternino (nella foto), Responsabile enti, associazioni e terzo settore del Gruppo Ubi Banca, tra i fautori della bozza di documento portata all’attenzione dell’apposito gruppo di lavoro Abi e che contiene la proposta di estendere le garanzie del Fondo di garanzia previsto per le Pmi anche ai soggetti del non profit.
Da dove nasce questa proposta?
Il meccanismo che si è innescato è evidente a tutti: le risorse finanziarie pubbliche destinate a questo settore sono in continua e strutturale contrazione e, in conseguenza della crisi economica, anche il sostegno da parte dei privati registra una forte flessione. Ciò comporta una crescente necessità di risorse economiche da parte delle onp: il sistema bancario è chiamato ad intervenire per sopperire a tale fabbisogno e assumere, di conseguenza, un ruolo centrale nello sviluppo futuro del mondo non profit.
Qual è il punto di partenza?
Allo stato attuale, sul mercato non risultano disponibili strumenti specificamente strutturati per favorire l’accesso al credito delle organizzazioni non profit. Il Fondo di garanzia per le Pmi, che a livello Paese rappresenta uno strumento strategico per garantire l’accesso al credito da parte delle imprese ? e lo è a maggior ragione nell’attuale fase economica ?, attualmente ha un ambito d’azione limitato di fatto alle sole cooperative.
Alle banche conviene, in una fase economica non favorevole, “sposare” lo sviluppo del non profit?
C’è un dato che andrebbe sempre tenuto sott’occhio, ed è già una risposta a questa domanda, ed è quello che dimostra la minore rischiosità delle organizzazioni del terzo settore rispetto ad imprese retail e privati. Guardo al nostro caso: il tasso di decadimento per la clientela Ubi del settore risulta inferiore allo 0,20% mentre quello delle imprese retail e dei privati è rispettivamente superiore circa 5 e 3,5 volte a quello delle istituzioni senza scopo di lucro. Per contro, sui finanziamenti per il terzo settore le banche devono applicare una ponderazione del 100% ai prestiti erogati. Tale fattore di ponderazione è lo stesso utilizzato per le aziende for profit, mentre alla clientela retail, segmento cui il terzo settore, date le sue caratteristiche, sarebbe da assimilare, viene riconosciuto il 75%. È per questo che vediamo con favore iniziative di sistema volte ad agevolare l’accesso al credito quali l’estensione della garanzia del Fondo per le Pmi a tutti i soggetti del non profit, nonché la possibilità di rivedere i fattori di ponderazione.

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