Non profit

Caro Stella, uno scoop non fa primavera

Falsi invalidi, veri disabili, grandi firme

di Franco Bomprezzi

Caro Stella, in tanti hanno pensato e scritto: «Che bel pezzo sulla situazione dei disabili in Italia!». Anch’io lo penso, e te l’ho anche detto subito. Si sa, quando un giornalista famoso e temuto come te prende posizione su un tema che riguarda tutti, ma poco trattato dai media, il risultato è clamoroso. «I disabili (veri) dimenticati dallo Stato», era il titolo della tua pagina, il 9 febbraio scorso. Hai attinto a fonti attendibili per documentare le cifre di un mondo tutt’altro che minoritario, e poi hai raccontato una storia vera di discriminazione, non al Sud, ma ad Abano Terme, nel cuore del Veneto solidale e laboratorio del welfare. Benissimo. Tanto più che il tuo pezzo è servito a lanciare un nuovo blog, “inVisibili”, voluto dalla redazione del Corriere della Sera proprio per far emergere, attraverso le riflessioni e le provocazioni di diversi giornalisti (fra cui anch’io), una realtà profondamente dimenticata e negletta. Ma proprio qui sta il punto.
Se è vero che un tuo articolo ha il privilegio di “sfondare” il muro del silenzio, non posso dimenticare che questa realtà viene raccontata ogni giorno da un altro giornalismo, meno famoso e televisivo, eppure vivo e tenace, nel seguire non una volta ogni tanto, ma tutti i santi giorni, le battaglie difficili e spesso incomprese per garantire i diritti essenziali di cittadinanza di oltre 2 milioni e 600mila italiani. Nessun rimprovero, ma un appello fraterno, questo sì: provaci ancora, Gian Antonio. Invita altri tuoi colleghi a fare altrettanto. E quando ti chiamano nei salotti televisivi, se devi citare situazioni di ingiustizia o di diseguaglianza sociale, ricordati di come sei stato bravo nel raccontare la disabilità “vera”, che è esattamente il rovescio della medaglia di quelle campagne mediatiche che hanno portato alla ribalta solo le storie di truffe all’italiana, fatte passare sotto il nome di “falsi invalidi”. Dàcci una mano per cambiare. Ma tutti i giorni, non una volta all’anno.


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