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Revelli: «Quello contro Atene è sadismo sociale»

di Giuseppe Frangi

Tre settimane fa su queste colonne aveva spiegato che in Italia è una follia mettersi a fare la guerra a Monti. Con la stessa logica se ne deve dedurre che ad Atene è una follia mettersi di traverso a Lucas Papademos, premier greco, e al voto del Parlamento che ha approvato il Memorandum europeo.
È così professor Revelli?
È così, purtroppo. È un gioco del destino, ma quella greca è, in senso tecnico, una tragedia. La scelta era tra terribili tagli sociali e la catastrofe. Di fatto il Parlamento non aveva opzioni se non voleva portare il Paese al fallimento. La scelta era già stata fatta da altri.
Da chi?
Da quelli che in tempi diversi hanno deciso di non tagliare le unghie alla speculazione. Oggi la Grecia viene sacrificata sull’altare di un dogma ideologico distruttivo, che rifiuta di misurarsi con i risultati concreti della sua azione. L’ideologia è una costruzione mentale che non si lascia confutare dai fatti. È stata messa con le spalle al muro, costretta ad accettare una ricetta che non ha nessuna possibilità di portarla fuori dai suoi guai.
Perché allora accettarla?
Perché a questo punto non ci sono alternative. La Grecia è vittima di una sorta di sadismo sociale: le si impongono sacrifici come richiamo a tutti. È un rito che avviene in mondovisione per avvertire gli altri candidati, dal Portogallo all’Irlanda, ma anche l’Italia, che non ci si può mettere contro la tecnocrazia che oggi guida il nostro continente.
C’è anche un disegno di spartizione?
Certamente: i tedeschi vogliono prendere con la finanza quel che non gli riuscì di prendere con le armi 70 anni fa. Gli Scandinavi non hanno nascosto le loro mire sui tesori archeologici. Ma non sono questi i veri obiettivi: l’azione verso la Grecia è un’azione dimostrativa nei confronti di tutti i popoli mediterranei, per imporre il disegno ultraliberista. In sostanza, vogliono un atto di fedeltà al dogma.
È la vittoria della tecnocrazia?
Sì, ma di una tecnocrazia feticistica e non pragmatica, perché non guarda ai risultati ma alle dichiarazioni di fedeltà ai propri princìpi, anche se fallimentari. La logica è quella che ci si deve piegare alle loro geometrie, perché se il mondo non si piega è il mondo che è fatto sbagliato.
Quindi gli spazi sono tutti chiusi?
Si può solo sperare in una presa di coscienza collettiva che rallenti il meccanismo, che aiuti a prendere tempo. Ma oggi sia la politica che la finanza si mostrano irremovibili, la strategia del denaro è entrata prepotentemente nella politica. Sin che si sta dentro questa grande bolla della finanza, che ha assunto dimensioni anche dieci volte maggiori dell’economia reale, non si uscirà mai dalla crisi. Quella bolla scatena tempeste ad orologeria, che come primo esito hanno sempre la distruzione della coesione sociale. Inutile pensare di sfuggire con le microsoluzioni. Oggi la potenza astratta del denaro ha chiuso tutte le vie di fuga. Il caso greco è lì a dimostrarcelo.


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