Non profit

Cos a quota 2mila soci, in camice bianco

Il successo del più importante consorzio di medici di famiglia

di Maurizio Regosa

Da solo un medico di medicina generale può comprarsi pochi strumenti e poi deve sperare che qualche azienda farmaceutica gli regali i più costosi. Se si allea con altri colleghi può passare dalla medicina d’attesa a quella d’iniziativa». Che cosa intenda con la prima Antonio Di Malta, presidente del Consorzio Sanitario (cui sono affiliati 4 consorzi regionali, in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Lazio, che raccolgono 35 cooperative di cui sono soci circa 2mila sanitari), è chiaro: il medico di famiglia che aspetta, nel suo studio, la visita dei pazienti. Cosa significhi la medicina d’iniziativa, lo precisa subito dopo: «Se ha l’attrezzatura necessaria per individuare gruppi omogenei di pazienti con la medesima malattia, un medico può ad esempio organizzare incontri fra loro, promuovendo iniziative di educazione sanitaria collettiva». Un punto d’arrivo al quale in realtà il Cos sta lavorando da molti anni. Da quando, nel 1995, è nata la prima cooperativa di servizio fra medici, «pensata per garantire ai professionisti i fattori di produzione del reddito: dagli ambienti alle infermiere, dalle reti al supporto informatico. È la cooperativa che si fa carico per i medici soci di tutti questi aspetti che possono condizionare l’efficacia del lavoro». Una cooperativa pensata quindi per consentire al medico di famiglia e allo specialista di avere un comune luogo di lavoro e di confronto (il centro polifunzionale sanitario, appunto) e soprattutto per dar loro strumenti condivisi per affrontare le patologie.
«Abbiamo creato una architettura informatica capace di far dialogare cartelle cliniche digitali diverse», prosegue Di Malta, «i medici possono continuare a utilizzare quelle che hanno adottato, ma nello stesso tempo consultare le cartelle impostate con piattaforme differenti. Questo consente di effettuare ricerche, intrecciare i dati, avere a disposizione, sempre aggiornata, l’analisi clinica svolta da professionisti diversi». Gli effetti di una simile innovazione li toccano con mano i pazienti che, nei centri polifunzionali, trovano risposta alle loro esigenze anche se il medico che li ha in cura non è in sede. Li aiuteranno altri dottori, di medicina generale o specialisti, dopo aver consultato le loro cartelle multidisciplinari. «I benefici per i cittadini di questa che io chiamo “contiguità assistenziale” sono molteplici: dall’orario prolungato ? i presidi polifunzionali sono aperti circa 11 ore al giorno ? alla qualità della cura. Un risultato possibile anche grazie alla sinergia con gli specialisti», aggiunge il presidente del Cos.
Il consorzio si occupa di gestire le sfide più complesse: la tecnologia informatica, la rappresentanza (a metà febbraio parteciperà alla costituzione di una nuova federazione che si propone di perseguire nuovi modelli di integrazione socio-sanitaria) e la promozione di una mentalità imprenditoriale nei singoli soci-cooperatori. «Abbiamo creato una scuola di management per aiutare il medico di base ad accettare una gestione imprenditoriale del lavoro», conclude Di Malta, «superando anche le resistenze che talune Asl ancora hanno nei confronti di questo modello organizzativo».


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