Esma. Quattro lettere che dicono poco nulla ai ventenni di oggi. In Italia come in Argentina. Eppure l’Esma è stato il campo di tortura e di concentramento più feroce del continente negli anni in cui le dittature erano la stragrande maggioranza in America latina, gli anni 70 del Plan Condor.
L’acronimo Esma sta per Escuela Superior de Mecánica de la Armada, la scuola della Marina, uno dei corpi d’élite delle forze armate argentine. Qui, zona Nord di Buenos Aires, sino al 24 marzo 1976 gli ufficiali della Marina argentina si specializzavano in ingegneria e tecniche di navigazione. Dopo quel giorno che segnò l’inizio della dittatura sudamericana più sanguinaria, qui per sette lunghi anni tutto cambia e la “scuola” si trasforma nello snodo di un progetto elaborato a tavolino per la “soppressione” di un’intera generazione che guardava al 68 europeo e alla “revolución” cubana con la speranza di un “mondo migliore”. All’Esma queste speranze morirono come in molti altri luoghi sparsi per l’Argentina. All’interno dello spiazzo di fronte alla bianca facciata dell’Esma entravano le tristemente note Ford Falcon, il modello preferito dai sequestratori, per scaricare i prigionieri, le vittime da torturare con l’elettricità e l’acqua, da incappucciare, da eliminare. Una guerra lurida e insensata contro chiunque fosse in predicato di avere idee “non in linea” con il regime. Non solo dunque veri o presunti guerriglieri sovversivi comunisti, che mettevano in discussione la trinità “Dio – Patria – Famiglia” imposta dalla dittatura con la violenza, ma professori universitari e studenti, operai e suore, giornalisti e persino mendicanti e cantanti a tempo perso. Donne, uomini e bambini.
Storie della guerra sporca
Quasi 40 anni cambiano tutto, la legge dell’amnistia e del “rispetto dovuto” promulgata da Carlos Menem, il presidente che governò l’Argentina negli anni 90, sono state abrogate, i torturatori dell’Esma sono stati condannati nel dicembre 2011 a pene durissime e anche l’Esma oggi non è più una Scuola della Marina ma è stata trasformata dalla “presidenta” Cristina Fernández de Kirchner in un Museo della Memoria, che ripercorre le tragiche vicende delle vittime della “guerra sucia”, sporca.
«È stato difficile trovarlo ma ne è valsa la pena». Ha le lacrime agli occhi Donna Regalado, turista statunitense appassionata di storia, una delle centinaia di stranieri che, ogni giorno, visitano l’Esma. «Mi interessava la mostra sulla memoria dell’Argentina tra il 1955, quando i militari bombardarono Plaza de Mayo, e il 1990 e la consiglio a tutti, ne vale la pena». Ospitata dall’ex Esma sino al 13 marzo 2012, questa mostra fotografica e audiovideo è un’opportunità da non perdere per chi dovesse recasi a Buenos Aires nei prossimi due mesi, perché le immagini in bianco e nero più di mille parole fanno capire l’orrore che ha accompagnato la tragedia dei desaparecidos.
Difficile trovare il Museo della Memoria perché oggi l’ex Esma ufficialmente si chiama Centro Cultural de la Memoria Haroldo Conti, in omaggio allo scrittore argentino sequestrato e desaparecido nel 1976. L’indirizzo comunque è Avenida del Libertador 8151 e, una volta superati gli scogli geografici (molto meglio chiedere dell’ex Esma che tutti purtroppo ricordano), ad aprirsi di fronte c’è un centro all’avanguardia con una biblioteca fornita sull’argomento come nessun’altra in Argentina, una cineteca, un teatro e, naturalmente, le guide comunali che spiegano, sia in spagnolo che in inglese, la triste storia di questo edificio ai turisti, conducendoli per i tre piani dell’ex scuola trasformatasi in lager.
Juan, Pablo, Teresa. Le loro storie pendono dalle pareti del Museo della Memoria, vengono raccontate dalle guide in un atteggiamento che assomiglia alla catarsi ma, allo stesso tempo, anche alla nemesi. Da un alto il desiderio di purificazione di un popolo che sa essere tra i più generosi e colti, dall’altro la volontà di giustizia ? non solo divina ? verso chi la memoria di quel popolo cercò di plasmare a sua immagine e somiglianza.
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