Volontariato

Il mercato globale? È aperto tutti i giorni a due passi dal Po

Le 55 etnie di Porta Palazzo nel market più grande d'Europa

di Redazione

«Vuoi mettere il piacere di andare a mangiare dalla mia vicina di casa marocchina, passare del tempo con la sua famiglia, parlare di politica e rivoluzioni, e mangiarci del tajine?», mi dice l’antropologo Francesco Vietti. Lui a Porta Palazzo ci vive da una vita: la adora. Pensa che il valore aggiunto di questa zona non sia solo il celebre mercato, il più grande d’Europa, 55 etnie diverse, ma anche quella che chiama “l’intercultura del pianerottolo”. Sali le scale di questo condominio e sei assalito da profumi diversi, lingue e suoni contrastanti, il che provoca quasi stordimento. Poi, dal pianerottolo scendi le scale e ti sposti in una delle molte vie che si diramano da piazza Repubblica, via Fiocchetto: e lì ti godi l’atmosfera da “mille e una notte” offerta dal centro culturale Dar al Hikma, un centro ricavato dall’edificio che ospitava i vecchi bagni municipali. Oggi ci sono spazi, un hammam, un ristorante marocchino – l’Al Andalous – e una sala conferenze che ospita eventi culturali e presentazioni letterarie.

Per il corpo, e per lo spirito
Proseguiamo nel dedalo di vie di questo rione iperattivo fino in corso Giulio Cesare, la “kasba torinese”: c’è la zona ortofrutticola, dove si parla marocchino, la zona macelleria, al coperto, dominata dai romeni, e l’area tessuti-scarpe, dove l’80% dei venditori viene dalla Cina. C’è di tutto, prodotti dall’Africa subsahariana alle Ande: manioca, platano verde, yucca, mais morado, camote, e poi specialità romene, carne halal nelle molte macellerie islamiche, curcuma gialla, couscoussiere, mazzetti di “shiba”, assenzio per aromatizzare il té, formaggi dell’Est europeo, sapone di Aleppo. Ma anche balsamo di tigre originale a 2 euro, per lenire qualsiasi dolore fisico. Per le questioni spirituali, stessa ampia scelta: dalla moschea della Pace in corso Giulio Cesare 12, gestita dall’imam Abdelaziz Khounati, alla parrocchia ortodossa romena di Santa Parascheva, in via Cottolengo.
E, tra corpo e spirito, ci sono anche tanti che si danno da fare per assistere chi ha bisogno: i ragazzi dell’Asai, associazione di animazione interculturale, e i medici e i volontari di Camminare Insieme, che forniscono servizio sanitario gratuito ai migranti con o senza permesso di soggiorno. Se alcuni anziani torinesi ? che ci si sono trovati in mezzo ? guardano con diffidenza a questa esplosiva multietnicità, c’è chi invece ne approfitta per rendersi utile: all’ambulatorio tra i volontari ci sono anche anziani del quartiere. E anche nel “Salone delle mamme” lì accanto, dove è nato il primo orto cittadino di Porta Palazzo e dove le mamme migranti, con i propri bambini, imparano l’italiano.

Questo sì che è turismo
Porta Palazzo è così: è la faccia più sfacciata dell’intercultura. La stessa Porta si chiama in cento modi diversi, a seconda di chi te la racconta: è “Bab al-Kssar” ma anche “Adjamé marché”, quella per cui le tradizioni si evolvono vestendosi di modernità senza tradire se stesse. Per scoprirle un buon metodo è quello di partecipare a una “passeggiata migranda”, ovvero un giro del quartiere organizzato dalla Cooperativa Viaggi Solidali. Tour organizzati con guide eccezionali, cittadini di origine straniera che conoscono a menadito tanto le tradizioni storiche piemontesi quanto la propria comunità d’origine. «Così accade», come mi spiega il presidente di Viaggi Solidali, Enrico Merletto, «che la mediatrice Essadija, marocchina, abbia una formazione che spazia dalla storia dell’immigrazione piemontese proveniente dalla campagna alla minoranza rom, o che una guida di origini cinesi racconti le difficoltà vissute dagli immigrati calabresi a Torino». Le guide vengono un po’ da tutto il mondo: Cina, Colombia, Guatemala, Marocco, Perù, Romania, Senegal, Sri Lanka, Tunisia, «e come sempre in queste cose», dice Marletto, «quattro quinti dei volontari sono donne!»
Ma, oltre al volontariato, Porta Palazzo guarda anche al futuro. Nel 1998 è nato il Progetto The Gate, promosso dal Comune con il finanziamento anche della Ue, che ha via via raccolto e coinvolto diversi partner pubblici e privati su progetti di sviluppo e integrazione, come “In piazza si impara”, lezioni di lingua all’aperto gestite da volontari marocchini, romeni, cinesi ed italiani in partnership con le scuole, o “Bibliomigra”, una biblioteca multilingue itinerante. Vi basta? Non siete ancora stanchi? Allora a questa ricetta mix, metteteci della musica: 17 musicisti di nove nazionalità diverse sono l’anima dell’Orchestra di Porta Palazzo, che prende i suoni delle vecchie osterie di Borgo Dora e ci mette dentro il mondo. Buon ascolto.


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