Mondo

«Economisti, uscite dal seminato: la realtà non corrisponde più ai vostri conti»

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di Marco Dotti

«La nostra idea fissa della crescita economica e il sistema di valori ad essa sotteso hanno creato un ambiente fisico e mentale in cui la vita è diventata estremamente malsana». Eppure, prosegue Fritjof Capra, nemmeno l’idea opposta, quella di decrescita, sembra in grado di accompagnarci verso quel «salto di paradigma» che l’odierno contesto di recessione globale rende non solo auspicabile, ma necessario. L’economia, osserva Capra, è solo un aspetto di un tessuto ecologico e sociale complessivo nel quale si sta facendo largo una nuova visione d’insieme che, a dispetto di cifre, rating e disavanzi di bilancio, oppone una «qualitative growth» – una crescita qualitativa – ai troppi numeri che «vorrebbero imbrigliare la vita» in schemi e grafici.
Fisico teorico, fondatore a Berkeley di un centro ricerche sulla complessità, autore di libri culto come Il Tao della fisica (Adelphi, 1982) e L’universo come dimora (Feltrinelli, 1993), nemico di ogni “parcellizzazione” e “settorializzazione” del sapere, Capra è stato ospite negli scorsi giorni della IX edizione di Bergamo Scienza, dove lo abbiamo incontrato.
Qual è dunque la sfida che ci pone la crisi che, dalla Grecia a New York, sembra non lasciare tregua al mondo?
La sfida principale è capire “come” passare da un sistema ancora improntato su un’idea di crescita illimitata a un altro che preveda un livello ecologicamente sostenibile e socialmente oltre che economicamente equo. Per compiere questo passaggio non basta dire “no” alla crescita o auspicare meno industria, meno consumi, meno tutto. Non c’è vita senza crescita e chi non cresce è destinato a soccombere. Come fisico, devo subito osservare che in natura la crescita non è mai un concetto lineare. Anzi, in un ecosistema c’è sempre un gioco di compensazioni che porta all’equilibrio: qualcosa cresce, qualcos’altro decresce, ma soprattutto si arriva a una crescita qualitativa che aumenta la complessità e la maturità dell’ecosistema stesso.
Quando parla un fisico, gli economisti capiscono?
Raramente. La nostra è una cultura ancora troppo frammentata, divisa tra infiniti specialismi: l’attuale crisi finanziaria globale ha reso ancor più evidente che i maggiori problemi del nostro tempo – energia, ambiente, cambiamento climatico, sicurezza alimentare e finanziaria – non possono essere compresi separatamente. Sono problemi sistemici, il che significa che sono interconnessi e interdipendenti. Proprio per uscire da questo schematismo, alla crescita e al suo corrispettivo, opporrei la visione di una crescita qualitativa e non-lineare, basata sulla qualità della vita e sulle relazioni. Siamo vicini al punto di svolta.

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