Welfare

A Sassari, nel carcere diroccato

Muffa ovunque, celle gelide d'inverno e bollenti d'estate

di Redazione

Il piano superiore è stato chiuso perché minaccia di crollare. Ma nel piano sotto ci vivono 173 detenuti, più gli agenti di polizia penitenziaria?». Sembra uno scherzo ma non lo è, perché le parole sono di Guido Melis, deputato sardo del Pd che da anni denuncia la situazione insostenibile del carcere San Sebastiano di Sassari. «Stiamo parlando di un edificio che ha 140 anni di vita: tutto sa di vecchio, la muffa è ovunque, le celle sono fredde d’inverno e bollenti d’estate», sottolinea Melis, che nel luglio 2010 ha sottoscritto una denuncia alla Procura. «Ma finora nessuno ha risposto», lamenta il deputato. A Ferragosto l’ultima visita: «Un’ottima direttrice, agenti in buoni rapporti con i detenuti nonostante i turni massacranti. Ma non basta, dentro c’è un’umanità disperata aggrappata alle sbarre», racconta Melis, «dall’inizio del 2011 ci sono state ben 4.260 richieste di intervento della guardia medica, una cifra impressionante, a cui si aggiunge il fatto che il 50% dei detenuti è tossicodipendente». In Sardegna, regione a statuto speciale, a gestire la sanità intramuraria è ancora l’amministrazione penitenziaria, mentre sul “continente” il testimone è passato al Servizio sanitario nazionale: «Ciò significa minor qualità dei farmaci e scarsi servizi». La sofferenza si tocca con mano, e il parlamentare diventa una sorta di confessore, «ma è durissima». [D.B.]

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