Non profit

Ma questa autostrada per noi è come la Fiat per i torinesi

L'intervento di un attivista storico di WWF Calabria

di Redazione

Sull’infinita Salerno – Reggio Calabria c’è naturalmente chi lamenta il solito dissesto idrogeologico provocato dai lavori per l’apertura di nuove gallerie, magari a fianco di quelle già esistenti, o per gli enormi sbancamenti di aree con pendenze da capogiro, o per il deposito (temporaneo?) di migliaia di tonnellate di ferro e cemento dei pilastri buttati giù e smantellati con la dinamite. Ma anche qui non tutto il male viene per nuocere e gli eventuali, prevedibili, disastri ambientali diventano un’occasione di lavoro in una terra senza industrie e senza agricoltura e dove il turismo è e sarà sempre una chimera. Perché le frane e il fango che scenderanno a valle con le prime piogge, bisogna pure rimuoverli; ai costoni disboscati andrà messa una rete di protezione; i ponti crollati bisognerà prima o poi ricostruirli; il manto stradale andrà riasfaltato; ecco che allora il dissesto del territorio, lo “sfasciume pendulo”, anziché una iattura si trasforma in una manna, perché dà l’occasione di lavorare prima, quando lo si provoca, e dopo, quando si fa finta di correre ai ripari. Tutto dipende dal tempo che fa.
A giudicare dalle inchieste della magistratura, sembra proprio che le infiltrazioni della criminalità, che si sarebbe spartita democraticamente le “aree di intervento” lungo tutto il tracciato, siano più numerose di quelle idriche nelle nuove gallerie, quando invece si tratta solo del desiderio di far lavorare mano d’opera locale: anziché farla emigrare per poi vederla tornare giù con le ditte specializzate del Nord, non è meglio che stia vicino casa? Il discorso vale anche per gli operai settentrionali, che eviteranno così dispendiose e lunghe trasferte di lavoro al Sud, lontani dai propri cari. Anche certe lamentele sul cemento annacquato o sull’asfalto che salta via ad ogni pioggia abbondante sono esagerate, perché il disagio provocato agli automobilisti è inferiore ai vantaggi delle ditte che devono rifare ponti e manto stradale: se tutto fosse fatto a regola d’arte e durasse in eterno, gli operai andrebbero a spasso, la disoccupazione aumenterebbe e, con essa, la criminalità, organizzata e non. Insomma la SA-RC è come la Fiat per i torinesi, con la differenza che nessun Marchionne può decidere di trasferirla in America.
Prima o poi però i lavori dovranno pur finire. Ora di allora, però, ci sarà ancora un po’ di tempo per potersi soffermare ad ammirare gli ultimi pini loricati del Pollino o le nere pinete silane, le solenni abetine di Serra San Bruno o le selvagge fiumare aspromontane, prima che vengano divorati dalle centrali a biomasse o devastati da nuove strade e superstrade che squarciano i monti per collegamenti coast to coast sempre più veloci.

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