Economia

Vetro, legno e carta Così 1,4 milioni di aziende riciclone ci fanno risparmiare oltre 9 miliardi di euro

Il consorzio Conai

di Maurizio Regosa

Magari non ci pensiamo ma gli imballaggi sono il termometro dell’economia. Crescono quando le cose vanno bene, diminuiscono quando la crisi morde. La sfida però è quella di trasformare il termometro in cura, almeno parziale, delle oscillazioni che non piacciono al Pil e pesano sui cittadini. In sordina e senza far troppo rumore è una sfida che in questi anni ha raccolto l’italiano Conai, sistema consortile senza fini di lucro che potrebbe insegnare molto anche in Europa.
Se n’è parlato in occasione degli Stati generali del riciclo, organizzati nella capitale per fare il punto su questo specifico comparto del riciclo. Anzitutto qualche dato: per il riciclo degli imballaggi di carta Conai contribuisce al 30,3% del totale (che equivale al 56,5% del fabbisogno industriale di materie prime); una percentuale che per il legno sale al 67,8% (nell’insieme il riciclo fornisce il 60% del legno necessario) e per il vetro al 74,8% (sempre guardando alle necessità imprenditoriali, il vetro riciclato sopperisce all’80% del fabbisogno). Analogamente rilevante il contributo per il riciclo dell’acciaio sempre da imballaggi (quasi al 60% del totale), mentre si attesta al 17,6% quello per l’alluminio. Numeri che Conai è riuscito a raggiungere appoggiandosi su una struttura decisamente articolata (1,4 milioni di aziende, che producono imballaggi, sono socie di Conai che ha sei consorzi specializzati nei diversi materiali) e sulla strategia di un interesse condiviso. Mentre alle aziende che producono imballaggi fa comodo recuperare i materiali (e per questo si “tassano” in partenza), agli enti locali conviene diminuire il quantitativo di rifiuti che va in discarica. Giacché, tramite una convenzione con l’Anci, i Comuni coinvolti (ben 7mila) vendono i risultati della raccolta differenziata (traendone perciò degli introiti). Di contro è evidente il vantaggio per i cittadini. Si chiama ambiente. «È un sistema di raccolta riciclo che crea valore per l’Italia», ha spiegato agli Stati generali Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys (che ha realizzato per conto di Conai il dossier La prevenzione ecoefficiente), «tra costi di smaltimento evitati, emissioni non prodotte, valore della materia prima seconda generata e indotto si arriva alla bella cifra di 9,3 miliardi».
Una somma importante anche perché l’Ue ha l’obiettivo, entro il 2020, di far crescere il riciclo dei rifiuti (compresi gli imballaggi) fino al 50%. Per questo sarà necessario migliorare la raccolta differenziata. «Io la renderei obbligatoria», ha puntualizzato Edo Ronchi, presidente della fondazione Sviluppo sostenibile e autore, da ministro dell’Ambiente, del decreto del 2006 che ha “rilanciato” il riciclo in Italia, «lavorando però anche sui modelli organizzativi: non c’è dubbio che il modello “porta a porta” consenta una differenziata di qualità». «Conai intende continuare», ha promesso Roberto De Santis, il presidente, «a dare il suo contributo proseguendo l’attività di sensibilizzazione».


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