Non profit
L’albergo diffuso si concentra in Friuli
Il fenomeno nato dopo il terremoto del 1976
di Redazione

Pochi chilometri di tornanti dopo l’uscita dell’autostrada, in Carnia, bastano a portare il viaggiatore fuori dal mondo. Siamo a Lauco, comune di appena 800 abitanti, e la reception dell’albergo diffuso è dentro il municipio. Qui lavorano due delle quattro persone a cui la struttura dà un impiego a tempo pieno, permettendo di costruirsi un futuro senza emigrare a valle. Angelo Gressani, uno dei soci della cooperativa che gestisce l’albergo diffuso, racconta, quasi stupito: «Di recente ho ospitato una coppia di tedeschi per due settimane. Mi hanno detto che si sono fermati così tanto perché cercavano un rifugio dallo stress della città. In effetti, se c’è qualcosa che non manca quassù è la tranquillità».
Il concetto di albergo diffuso nasce proprio in Friuli negli anni successivi al terremoto del 1976, quando un gruppo di persone riflette sul senso della ricostruzione in una zona montana tanto colpita dallo spopolamento. Tra loro c’è Leonardo Zanier, poeta e sindacalista friulano emigrato in Svizzera e considerato il padre dell’albergo diffuso. L’idea è «semplice, ma geniale», per usare le parole del New York Times: recuperare e valorizzare vecchi immobili, salvando così dall’abbandono interi paesi, senza costruire nulla di nuovo. Dare il benvenuto agli ospiti, per Zanier, consiste nel farli entrare non solo nelle case, ma anche nella storia e cultura locale. Così, le strade del paese si trasformano nei corridoi di un albergo e la reception collega ogni appartamento, gestendo i servizi in modo omogeneo.
Per vent’anni, però, l’albergo diffuso è rimasto un’idea e solo alla fine degli anni 90 sono partite le prime esperienze, grazie a finanziamenti europei. In Friuli il primo albergo diffuso è quello di Sauris, seguito da Comeglians, che quest’anno compie dieci anni, ma la prima Regione a introdurre una normativa sull’albergo diffuso è la Sardegna, nel 1998. Da allora inizia una diffusione sempre più capillare in tutta Italia. Il professor Giancarlo Dall’Ara, presidente dell’associazione nazionale Alberghi Diffusi, afferma: «Le regioni più vocate sono Toscana, Umbria e Marche, dove esiste un’alta concentrazione di borghi nella fase ideale per la nascita di un albergo diffuso, perché c’è ancora un minimo di vita e questo permette di dare servizi al turista». Ma il Friuli conserva una particolarità: i nove alberghi diffusi oggi esistenti vengono gestiti da cooperative, mentre nel resto d’Italia sono per lo più enti for profit. Aderiscono alla rete regionale turismocooperativo.it e sette rispettano anche gli standard ambientali dettati da Legambiente Turismo. Offrono in totale 1.200 posti letto e nel 2010 hanno registrato più di 42mila presenze, con un aumento del 5% rispetto al 2009.
«La nostra forza è fare l’interesse della collettività, cercando di dare un futuro a territori con poche possibilità», dice Enio Agnola, presidente della cooperativa di Forgaria Monte Prat. «Un tempo gli emigrati tornavano in Friuli e ricoprivano di intonaco i sassi delle case, per segnare l’uscita dalla povertà», ricorda Agnola, «oggi noi diamo nuova vita agli edifici togliendo quell’intonaco, per restituire valore e dignità alla tradizione. E battezziamo gli appartamenti con i soprannomi delle famiglie che vi abitavano un tempo».
Il Touring Club Italiano ha appena pubblicato la prima “Guida degli Alberghi Diffusi 2011”
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