Non profit

I cooperanti del domani? Pronti a lavorare anche nelle aziende for profit

Il docente, Gianni Vaggi

di Redazione

Nonostante i tagli alle risorse finanziarie per questo settore, che non riguardano solo il nostro Paese ma anche altri Paesi europei», esordisce Gianni Vaggi, direttore del master “Cooperation and development” dello Iuss di Pavia, un master, giunto alla quindicesima edizione, che dichiara una percentuale di placement dell’85%, rimasta costante anche negli ultimi anni.
Numeri significativi…
Sì, ma oggi l’aspirante cooperante deve cercare lavoro all’estero. In Italia in questo momento c’è una flessione. La ricerca quindi è diventa più laboriosa, richiede più tempo.
Che tipo di lavoro svolge un esperto di sviluppo?
Il nostro master non forma un tecnico di progettazione, piuttosto una persona che ragiona in termini di sviluppo e che sa fare anche progettazione. Il master dà strumenti di lettura dei fenomeni, una sorta di paradigma da applicare ai contesti che mutano nel tempo e nello spazio. È un soggetto capace di fare advocacy, di lavorare come consulente in enti locali e anche in aziende profit che vanno in Paesi emergenti per aprirsi un nuovo “mercato” e hanno bisogno di un facilitatore con una formazione in cooperazione e sviluppo.
Dal punto di vista retributivo come siamo messi?
Chi fa la carriera internazionale in organismi come Unesco e Ocse, ha una retribuzione attorno ai 4mila euro netti al mese. Chi si occupa di cooperazione, al primo incarico si aggira intorno ai mille euro, il doppio se si è assunti da una ong straniera soprattutto dei Paesi nordeuropei. Ma non è la leva economica a far scegliere questo tipo di professione.
In che che senso?
I ragazzi che partecipano al master hanno forti motivazioni personali. Ogni anno riceviamo in media un centinaio di domande, anche dall’estero, e per la maggioranza sono donne: il master però è aperto solo a 32 allievi. Il percorso è inoltre molto impegnativo, tutto in lingua inglese e con uno stage che può durare dai 3 ai 6 mesi.

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