Non profit
Quei barili al largo che poi paghiamo noi
Petrolio e speculazione: l'Intercontinental Exchange
di Redazione
La cosa più importante da considerare, se si vuol parlare di petrolio e speculazione, è che l’oro nero è sempre stato inteso come stanza di compensazione dei problemi economici e politici mondiali. Tutto inizia da lì e si scarica lì. È un gigantesco e intricato gioco di monopòli e manovre di cartello con annunci di aumenti e diminuzioni di produzione da parte dell’Opec che fanno salire o scendere il prezzo secondo precisi obiettivi.
Poi c’è la speculazione finanziaria delle banche di Wall Street, che detengono milioni di barili stoccati sui tankers al largo nei mari, in attesa di consegnarli quando il prezzo sale. Il tutto è una gigantesca frode, un furto colossale dove il prezzo aumenta da 40 a 120 dollari o – come nel luglio 2009 – scende in sei mesi da 147 a 35 dollari.
Un ruolo fondamentale poi lo svolge l’Ice (Intercontinental Exchange), composto da due banche americane e due europee con tre compagnie petrolifere: è un mercato dove le quantità acquistate alla scadenza non vengono consegnate. È sostanzialmente una borsa merci non regolamentata, dove vengono scambiati solo pezzi di carta che però concorrono alla formazione del prezzo del petrolio che noi paghiamo.
Ma perché nessuno si scandalizza e non ci sono indagini su questi movimenti anomali? Perché con i miliardi di dollari guadagnati c’è spazio per acquistare peso politico invitando i controllori a guardare da un’altra parte.
Se qualcuno ci ruba la bicicletta andiamo subito a fare denuncia, ma se ci spillano 20 euro in più ogni volta che riempiamo il serbatoio stiamo zitti e paghiamo il conto. Bel sistema vero? Fintanto che continuiamo a subire questa situazione con il prezzo del petrolio a 100 dollari che costa meno di una bottiglia di acqua (barile: 159 litri, al cambio di 1,45 = 0,44 euro al litro), i soldi anziché aumentare le nostre attività serviranno solo al solito principe saudita per comprarsi l’ennesima vasca da bagno d’oro.
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