Non profit

Galeotta fu quella partita di basket in carrozzina

Alfredo Marson

di Daniele Biella

Era il 1978 quando decise che avrebbe creato una società sportiva per ragazzi disabili fisici
e psichici. Oggi la sua Briantea 84 di Cantù
sforna campioni anche nel calcio, nel nuoto e nell’atletica. Ma per Marson «la sfida più grande della vita» continua con l’ambizioso progetto
di un centro polisportivo convenzionatoI sogni sono sempre realizzabili, è solo questione di tempo». Alfredo Marson i piedi per terra li tiene solo quando vuole lui: esclusivamente nei momenti in cui c’è da prendere fiato tra un’avventura solidale e l’altra. Stiamo parlando di un vulcano di idee e di passione che oggi, a 58 anni e a capo di un’azienda del legno di 75 dipendenti attiva dal 1976, è presidente dell’associazione sportiva dilettantistica per atleti disabili tra le più note e blasonate d’Italia: la Briantea84 di Cantù, ovvero 140 tra ragazze e ragazzi con problemi fisici o psichici che praticano ad alti livelli basket, calcio, nuoto e atletica. «È la sfida più grande della mia vita, la porterò avanti ad ogni costo», ribadisce con fervore il brianzolo, d’origine friulana, Marson. Lui che è stato anche, per 27 anni, presidente della cooperativa sociale di tipo A Il Gabbiano («Poi ho trovato un valido sostituto», dice), ente gestore di una comunità diurna per 35 disabili, e che negli ultimi anni ha fondato una coop di inserimento lavorativo che occupa cinque persone in attività di tipografia, sempre nella zona tra Cantù e Novedrate, dove vive con la moglie e i due figli. Uno dei quali, il maggiore, è disabile e fa parte del team dei nuotatori della Briantea84.
Come inizia la storia della Briantea84?
In un collegio, dove studiavo da seminarista. Lì ho fatto miei quei valori che poi mi hanno accompagnato nella vita, soprattutto l’importanza di impegnarsi per gli altri. Sono nato con una malformazione al piede, che mi è stata ridotta con un’operazione a 11 anni: in minima parte so cosa significa non avere le stesse possibilità di altri. Una volta, nel 1978, ho visto in un’oratorio una partita di basket in carrozzina: da quel momento ho deciso che avrei creato una società sportiva. L’attività di imprenditore mi andava bene, quindi ho avuto l’opportunità di metterla in piedi in breve tempo. Così, poco dopo è nata la Briantea84. Siamo partiti alla grande nella pallacanestro su sedia a rotelle: nel 1990 eravamo già campioni d’Italia. Poi però ho deciso di ripartire da zero.
Perché?
Non mi piaceva più lo spirito della squadra, c’era qualcosa che non andava. L’atteggiamento di una persona nel fare sport, disabile o meno, deve essere lo stesso: prima ci si sente sportivi, ci si mette al servizio degli altri, nel rispetto delle esigenze di ognuno. Non era più così: ho azzerato la rosa e l’ho sostituita con altri ragazzi più motivati. Per fortuna la mentalità è cambiata: prima le famiglie mi mandavano i loro figli senza dare troppa importanza ai risultati e ai miglioramenti che facevano, ora invece valorizzano molto lo sforzo dei ragazzi, che si sentono molto più sicuri di sé.
Quanto costa portare avanti l’associazione sportiva?
Siamo arrivati a 300mila euro all’anno. Dove trovo i soldi? In parte li metto io, dagli enti pubblici arriva poco o nulla, mentre 200mila ce li danno gli sponsor. Gran parte del mio lavoro volontario lo passo a costruire sinergie, approfondire conoscenze, organizzare incontri: siamo ad alti livelli e quindi il ritorno per chi ci sponsorizza è ottimo in termini di visibilità. In più, ogni anno a ottobre organizziamo una vera cena di gala con 360 invitati e con il catering dell’Omg – Operazione Mato grosso, che riscuote sempre un gran successo. L’ultimo anno, ad esempio, Aurora assicurazioni ci ha dato 50mila euro.
Punti dolenti?
Sono molto arrabbiato per l’eccessiva presenza di barriere architettoniche nei luoghi dove andiamo a giocare. Basti pensare che nel palazzetto di Barruccana di Seveso, dove giochiamo, ho dovuto lottare parecchio tempo per ottenere una rampa d’accesso come si deve. Per il resto, nei nostri viaggi ci accorgiamo spesso che basterebbe davvero poco per cambiare le cose: un hotel si dice accessibile e ha una buona camera da letto, ma perché poi il bagno è strettissimo? A volte si fa il minimo indispensabile per mettere le strutture a norma di legge. Non basta, però.
Cosa la spinge a non mollare il colpo?
L’amore incondizionato per la vita. Io ho avuto fortuna, perché altri non dovrebbero avere pari opportunità? Alcuni dei ragazzi che giocano con noi, nel tempo si sono resi indipendenti dalle famiglie, alcuni vivono da soli e vanno all’università. L’attività sportiva aiuta a risolvere il problema del “dopo di noi”, dell’autonomia delle persone svantaggiate: se ricevono la giusta educazione, possono badare al loro futuro e rappresentano un problema in meno per la società. Per questo io porto avanti la Briantea84, e cerco nuove persone disposte a credere in questo sogno che si realizza giorno dopo giorno.
Ha nuovi progetti in vista?
Voglio realizzare un megacentro polisportivo, in convenzione con gli enti pubblici. In Svizzera, per esempio, ce ne sono e funzionano alla grande. Sogno un centro che, naturalmente, dovrà essere accessibile a tutti. Anche in termini di costi.
Per ora è solo un’idea?
È qualcosa di più: ho già individuato l’area e alcuni partner si sono detti disponibili. Ma non rivelo ancora nulla, i sogni si realizzano un passo alla volta.

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