Famiglia

Welfare napoletano, come passare dalle parole agli euro

I numeri della sfida più difficile per De Magistris

di Redazione

7, 30 e 60, il terno del terzo settore. A Napoli, si sa, si gioca su qualunque cosa, e questi numeri sarebbero perfetti per identificare le migliaia di operatori sociali che stanno protestando da un anno a questa parte, le mensilità arretrate che le istituzioni gli devono, e i milioni di debiti accumulati dal Comune nei confronti degli enti, per commesse e stipendi mai pagati. O si gioca il terno, o si prega san Gennaro, o si spera nel neosindaco san De Magistris, ora alla prova dei fatti anche sul fronte delle politiche sociali.
Nel suo programma, la creazione di un “assessorato ai Diritti, alla Cittadinanza e alla Sanità”, la nascita di un garante sulle problematiche della disabilità, il potenziamento dell’offerta di asili nido pubblici e la creazione di quattro case per donne maltrattate. Alla base, però, c’è l’aumento della spesa sociale pro capite del Comune, che attualmente gravita intorno ai 60 euro, a fronte dei 160 di media nazionale. Nel programma si legge: «Il mio obiettivo, da raggiungere appena risaniamo un bilancio che si prospetta problematico, è aumentare la spesa sociale, di molto inferiore alla media nazionale». Un rilancio della spesa sociale vincolato al risanamento del bilancio appare un nodo complesso da sciogliere, o quantomeno un problema che prevede una risoluzione non certo immediata: «Al di là della buona fede di questa premessa», sottolinea Pasquale Calemme, presidente del Cnca campano, «tra le righe si legge un impegno concreto sulla questione, che è quello di non ridurre, almeno, la spesa sociale, in attesa del risanamento del bilancio. E già non sarebbe male, considerando la politica di taglio che sta investendo il terzo settore a livello nazionale».
Una questione spinosa è costituita dal ping pong istituzionale tra il Comune e la Regione, che si è rifiutata di sbloccare i fondi del Protocollo welfare, a causa della mancata rendicontazione del Comune. Insisterà il nuovo sindaco nel richiedere quei soldi a un governo di segno opposto o cercherà altre strade per il risanamento? Calemme resta coi piedi per terra: «C’è molto entusiasmo in città, ma la nostra posizione è comunque di attesa: innanzitutto non sappiamo se il commissariamento richiesto dalla Regione nei confronti delle politiche sociali del Comune sarà confermato anche per la nuova giunta. Dopodiché aspettiamo di vedere se davvero il nuovo sindaco saprà distinguersi rispetto alle amministrazioni passate, creare una filiera istituzionale e un buon rapporto con il governo regionale, tanto da sbloccare alcune situazioni che sono ferme ai box. E soprattutto ci aspettiamo di essere chiamati a breve, perché ci venga spiegata con chiarezza e trasparenza la situazione, qual è il dato reale del debito accumulato nei confronti degli enti, e attraverso quali misure il sindaco intende muoversi per risanare. Senza tutto ciò, sarà impossibile progettare in maniera concreta il futuro».


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