Welfare

Servizi a rete, modello don Gnocchi

Come funziona il sistema di assistenza integrata

di Redazione

È un istituto modello, ha 650 posti letto e una lista d’attesa di un centinaio di anziani, in gran parte ospiti di altre Rsa: è l’Istituto Palazzolo-Fondazione Don Gnocchi di Milano, fiore all’occhiello della fondazione. Con la sua offerta “a rete”, che va dal ricovero ai centri diurni e dall’assistenza domiciliare integrata fino al pronto intervento, la Don Gnocchi nel 2010 ha raggiunto oltre 3mila anziani in tutta Italia. La struttura del Palazzolo è un po’ la cartina di tornasole dei bisogni emergenti e delle nuove prospettive di cura e assistenza: Vita ne ha parlato con Maurizio Ripamonti, direttore del Polo Lombardia 2.
Com’è la situazione delle case di riposo nel Paese?
Non è omogenea e soprattutto in continuo divenire. In Meridione l’ospedalizzazione degli anziani è sempre stata tradizionalmente più bassa, ma ora anche lì la rete familiare di supporto inizia a essere in affanno. Per quanto riguarda le liste d’attesa, va detto che la Lombardia è la regione che più di altre, in questi anni, ha ampliato la propria offerta e ridotto i tempi d’attesa.
Eppure, molti anziani aspettano di poter essere curati presso le vostre strutture…
Sì, registriamo anche molti “trasferimenti” da altre Rsa, perché viene apprezzata la qualità del servizio e le nostre tariffe sono tra le più basse della regione, tra i 1.500 e i 1.700 euro mensili.
Come è suddivisa la retta?
In Lombardia c’è una quota sanitaria e una sociale. La prima è legata a una valutazione di “classi di gravità”, recentemente ridotte da 8 a 3. Se l’ospite è indigente, interviene il Comune di residenza. Al Palazzolo abbiamo 170 ospiti “comunali”.
Come vengono gestite le “nuove emergenze” e le malattie come l’Alzheimer?
In fondazione viene dedicata una grande attenzione all’aspetto sanitario, in termini di personale, di ricerca, di percorsi specialistici. Abbiamo un’unità dedicata al coma e agli stati vegetativi e una dedicata alla Sla, gestite da équipe multidisciplinari che garantiscono prestazioni anche superiori agli standard regionali. Stiamo aprendo anche un reparto di oncologia geriatrica, che si occupi del percorso post operatorio e dei trattamenti chemioterapici nella prospettiva di un recupero fisico e di autonomia. Per quanto riguarda l’Alzheimer, i centri Palazzolo e Girola rappresentano presidî di valutazione. Abbiamo un’unità da 30 posti con percorsi specialistici e un giardino protetto. Vengono monitorati anche circa 300 malati a domicilio, che attendono di poter entrare.
Cosa succede quando una famiglia chiede il ricovero?
Viene accolta nello sportello sociale, gestito da assistenti sociali, in cui vengono presentati i servizi del centro. È possibile fare un giro nella struttura e prendere visione della carta dei servizi. La tappa successiva è l’incontro dell’anziano con il geriatra.
Esistono attività di animazione, volontari?
Al Palazzolo ci sono circa 120 volontari che animano le attività della struttura, a cominciare dalla rassegna di concerti “Note d’estate”.
È vero che siete stati i pionieri della formula del “custode sociale”?
È vero, abbiamo avviato l’esperienza a Milano già nel 2004. Poi nel 2008 il modello si è “biforcato”: l’Asl ci ha affidato la gestione di 13 custodi per monitorare la continuità delle cure di anziani post acuti dimessi dagli ospedali. Il Comune ha invece coordinato la versione più “sociale” del portierato, con 180 custodi, di cui noi siamo responsabili, insieme ad altre realtà non profit, nelle zone 7, 8 e 9 di Milano.

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