Formazione

A Vicenza la Bibbia genera meraviglia

Dal 20 al 29 maggio la settima edizione del Festival dedicato al libro per eccellenza

di Redazione

L’appuntamento più inatteso di questa settima edizione del Festival Biblico avrà luogo l’ultimo giorno, 29 maggio: tre scrittori affermati raccontano perché hanno deciso di restare (o di ritornare) all’insegnamento. Cosa c’entra questo con la Bibbia? C’entra, perché la Bibbia non è solo un libro, ma è un’espereinza che deve essere vissuta e trasmessa di generazione in generazione. È un libro che accende una passione verso il destino nostro e degli altri. Per questo Valter Binaghi, Eraldo Affinati e Antonio Monda hanno scelto di insegnare, quando potevano benissimo, più tranquillamente, andare per strade loro. Sarà certamente interessante ascoltarli. Infatti la scelta di un approccio così conferma come il Festival Biblico, giunto alla sua settima edizione, sia un appuntamento in cui riflessione culturale e temi della vita concreta vanno sempre in parallelo. Il tema scelto per quest’anno ne è una conferma: Di generazione in generazione. E lo spunto di partenza è altrettanto suggestivo. È la domanda che Nicodemo rivolge a Gesù: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».
Il percorso del Festival, che si tiene dal 20 al 29 maggio a Vicenza (ma con tanti appuntamenti anche sul territorio), si sviluppa su quattro direttrici che sviluppano il tema del generare: generare alla fede, alla vita, allo stare insieme e alla bellezza. Il programma è fitto di ben 130 appuntamenti, con protagonisti famosi come Lech Walesa, Eugenio Finardi e Gianfranco Ravasi, ma anche con tanti personaggi meno di spicco ma protagonisti di riflessioni impegnate e di esperienze che è prezioso conoscere. Come quella di Antonio Monda, uno dei tre protagonisti dell’incontro di cui abbiamo parlato. Lui, saggista e giornalista, aveva un posto sicuro in banca che ha scelto di lasciare per andare a insegnare religione nelle scuole. Perché lo ha fatto? «Mi interessava il fatto di salire in cattedra senza avere nessun “potere” visto che i ragazzi non temono l’insegnante di religione e quindi il “potere” che hai su di loro è quasi nullo». E come affronta questa sfida: «Il mio ruolo è fare domande. Soprattutto in forma di provocazione estetica, attraverso la lettura di una poesia o la visione di un film, perché il bello ci trafigge e c’interroga. La meraviglia è già una domanda». Il resto glielo sentiremo raccontare il 29 maggio.


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