Non profit
Non dite a mia moglie di quel giorno all’Ikea…
Sergio La Sala - Uildm
Prima pompiere, poi alla guida di un’ambulanza. Ma Sergio voleva un contatto più diretto con chi ha bisogno. Così da tre anni si mette al volante per portare in giro i disabili. Che giocano a hockey,
o magari devono comprare mobili componibiliFare il volontario per Sergio La Sala è «qualcosa che ti arricchisce dentro». Lo dice senza enfasi, ma con cognizione di causa. Da tre anni è impegnato con la sezione Uildm -Unione italiana lotta alla distrofia muscolare di Torino, anche se per lui, 45 anni, di Collegno, grosso centro della cintura torinese dove vive con la moglie, l’attenzione agli altri è iniziata oltre vent’anni fa. «Avevo fatto il militare come vigile del fuoco e mi sarebbe piaciuto continuare. Purtroppo per problemi familiari non ho potuto, ma la voglia di fare qualcosa oltre il lavoro non mi aveva abbandonato. Così, nel 1988 sono entrato in Croce Verde e una decina di anni dopo, nel 1996, ho iniziato a fare volontariato anche con la Protezione civile a Torino».
Quando approda alla Uildm?
È successo tre anni fa, nel 2008. Il volontariato con l’ambulanza non mi bastava più, cercavo un contatto umano diverso. Avevo conosciuto il mondo della disabilità attraverso la Croce Verde, ed ero rimasto colpito dai bambini down. Sono andato su internet a cercare delle associazioni che si occupassero di questo tipo di disabilità, e mi sono imbattuto nella Uildm. Così ho conosciuto Gianni Minasso della sede di Torino, e ho cominciato.
Che tipo di volontariato svolge?
Principalmente mi occupo del trasporto, ma poi faccio di tutto, insieme agli altri tre volontari. Ci sono le giornate delle farfalle, organizziamo i banchetti per la raccolta fondi, ci sono le trasferte delle squadre di welchair hockey – qui a Torino ne abbiamo due -, poi ci sono le gite: siamo appena stati a Euroflora, a Genova. Ho coinvolto anche mia moglie nelle varie attività…
Quanto tempo dedica a Uildm?
Difficile fare un conto preciso: il giovedì c’è l’hockey, quindi accompagno i giocatori all’allenamento con il furgone e monto il campo. Ma poi c’è da dare una mano in sede, accompagnare gli associati che sono tutti distrofici a fare le visite mediche. Mi è capitato di accompagnare una signora distrofica che abita fuori Torino che aveva espresso il desiderio di vedere l’Ikea: ci siamo andati. E pensare che se mia moglie me lo avesse chiesto, le avrei detto di no, odio i centri commerciali….
Cosa le piace del suo impegno?
I rapporti umani. Per esempio, in Croce Verde era soprattutto un mordi e fuggi, ti venivo a prendere, ti portavo in ospedale e poi finiva lì. Invece adesso riesco ad avere un contatto sempre con le stesse persone e questo è molto positivo. Poi ci sono le mamme e i genitori dei ragazzi dell’hockey: con i giovani si instaura un rapporto bellissimo. Quando abbiamo fatto una grigliata con la squadra ho portato anche mia moglie… diciamo che il clima è molto familiare.
Ha cambiato qualcosa nella sua vita?
Non scherzo se dico che fare il volontariato è stato un toccasana anche per il ménage familiare. Intendiamoci: sono un volontario, non un santo, però mi accorgo che ho iniziato a valutare le cose sotto un altro aspetto. Per esempio, sul lavoro quando le cose vanno male ti demoralizzi, ma poi inizi a considerare anche altri punti di vista… e stai meglio. Tanto che sto portando sempre più l’occhio del volontario anche nella mia quotidianità, nei miei hobby, i viaggi in fuoristrada e in moto. Quando con gli amici abbiamo organizzato un viaggio nel deserto del Sahara, ho coinvolto i miei clienti del parcheggio pubblico e abbiamo raccolto un sacco di cose da portare ai bambini nomadi: vestiario, quaderni, penne…
Consiglieresti a un tuo amico di fare volontariato?
Lo dico sempre: anche al di là della Uildm, fare volontariato è una cosa che ti arricchisce e ti dà molto. Ne parlo spesso con gli amici e con i miei nipoti, quelli più grandi, ma vedo che non recepiscono. Io non insisto: per fare volontariato non serve uno che ti deve convincere. Quando sono entrato in Croce Verde l’ho fatto perché sentivo la necessità di fare qualcosa, e la stessa spinta da dentro l’avevo sentita quando ero nei pompieri, ed ero felice quando, la sera, realizzavo di aver aiutato qualcuno, anche solo con un sorriso.
Alla sezione di Torino servirebbero più volontari?
Quando sono arrivato in Uildm avevano due ragazzi del servizio civile, che dopo un anno sono andati. In sede c’è Antonietta, che è l’unica dipendente della sezione di Torino. Ci sono poi Gianni e Antonella che vanno nelle scuole elementari e spiegano cosa è la malattia, rispondono alle domande, fanno sensibilizzazione. E io. Forse un volontario in più non farebbe male: è stato un dispiacere quel giovedì, quando né io né l’altro volontario eravamo liberi e i ragazzi hanno saltato l’allenamento di hockey…
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