L’associazione ItaliaCamp, che oggi raggruppa un network di 50 università, nasce da un gruppo di studenti della Luiss. Obiettivo: mettere in sinergia chi cerca ideee chi le idee le ha. Attraverso la formula del BarCamp,le “nonconferenze collaborative” importate dagli StatesLi hanno chiamati bamboccioni e figli di papà. Qualcuno da anche detto (il politologo Giovanni Sartori sul Corriere della Sera) che «nessuna civiltà è mai emersa da una paidocrazia, dal potere dei giovani». Ma sono davvero messi così male i giovani che escono dalle università italiane? Vediamolo.
Primi anni Duemila, università Luiss “Guido Carli” di Roma. Una ventina di ragazzi vede davanti a sé un futuro incerto, ma ha un’idea che a naso funziona. Pian piano la strutturano e, nel 2009, organizzano il primo BarCamp all’interno dell’università, una sorta di “nonconferenza collaborativa” in cui nessuno è spettatore e tutti partecipano; più che una conferenza, un laboratorio di idee. La metodologia mutuata dagli Stati Unti – il primo esperimento di user-generated conference si tenne a Palo Alto, in California, nel 2005 – è innovativa e funziona: vi partecipano oltre 1.500 persone. «Il successo del BarCamp Luiss è stato davvero straordinario», racconta Leo Cisotta, consigliere dell’Unità di Coordinamento BarCamp, salentino, 29 anni, «e ci ha spinto ad andare avanti per allargare l’esperienza». Così nel 2010 il gruppo ha dato vita all’associazione ItaliaCamp, che oggi raggruppa un network di oltre 50 università.
In un baleno l’idea esce dalla cerchia universitaria e arriva fino a Palazzo Chigi: ottiene il patrocino dalla presidenza del Consiglio, poi il premio di Alta Rappresentanza per l’alto valore sociale e innovativo dalla presidenza della Repubblica. L’intento dell’associazione è ambizioso: «Raccogliere e realizzare le migliori dieci idee per far ripartire il Paese».
Dieci idee per il Paese
«Si tratta di un concorso organizzato come una sorta di Giro d’Italia con una tappa all’estero», spiega Cisotta, «dove la metodologia è sempre la stessa, quella del BarCamp». Le idee vengono raccolte in una serie di eventi organizzati in diverse città universitarie italiane, Milano, Roma, Lecce, ma con qualche puntata anche all’estero (al Parlamento europeo a Bruxelles, per esempio). Un ciclo che è cominciato lo scorso ottobre, ed è in crescita.
Allo stesso tavolo siedono esponenti delle istituzioni, dell’università, dell’impresa e della società civile «dove ognuno ha lo stesso tempo e le stesse opportunità di parlare, dal manager allo studente», racconta Cisotta. Quindi capita che a parlar d’energia si trovino il giovane ingegnere con un progetto per smaltire le scorie e il presidente del Forum nucleare italiano. Due che magari, altrimenti, non si sarebbero mai incontrati: «Il principio di fondo è questo: mettere in sinergia chi cerca le idee e chi quelle idee ce le ha», dice Cisotta, «siamo andati a togliere la polvere dai cassetti di tanti ricercatori e di tante persone con le proposte, ma senza un palcoscenico dove presentarle».
Un’opera di scouting con un riscontro impressionante in termini di numeri – migliaia di persone che partecipano a ogni sessione -, che ha dato risultati inattesi: «Il mondo sommerso solo nelle università è incredibile, abbiamo scovato enormi sacche di ricchezza che possono essere messe a disposizione del Paese», continua, «le idee sono moltissime, le occasioni per metterle in mostra, invece, molte meno».
Tra il dire e il fare
A conclusione di ogni BarCamp si riunisce un comitato scientifico, una sessantina di nomi del panorama economico, politico e accademico nazionale, che seleziona le idee vincitrici nei campi della ricerca e della tecnologia, del lavoro, dell’energia, della società, dell’economia e della pubblica amministrazione. Presupposto tassativo: «Le idee devono poter essere concretizzate secondo criteri di sostenibilità economica e sociale». Delle 40 finaliste, un comitato strategico (di cui fanno parte, tra gli altri, Antonio Catricalà, Alessandro Profumo e Massimo Sarmi) sceglierà le dieci idee da realizzare. «Non siamo una competizione tradizionale, non regaliamo borse di studio o soldi», chiarisce Cisotta, «ma diamo la possibilità di far diventare realtà un’idea». L’associazione si occupa infatti di trovare i partner per la realizzazione concreta dei progetti. Missione, pare, affatto impossibile: le aziende hanno messo gli occhi su questo patrimonio a disposizione e ne hanno annusato le opportunità, basti solo guardare alle numerose imprese che hanno partecipato agli eventi e che stanno sponsorizzando il progetto.
Qualche sinergia è già stata creata: un innovativo sistema di marcatura per la verifica della catena del freddo (una sorta di inchiostro per verificare lo stato di conservazione dei cibi), proposto da un ricercatore di Trento, è stato oggetto di attenzione da parte di alcune aziende farmaceutiche presenti ai BarCamp. O, ancora, la proposta emersa nella sessione Impresa & Lavoro “Dottorandi in apprendistato”, pensata per avvicinare il mondo universitario a quello del lavoro, «nel tentativo di colmare quella distanza tra le esigenze del sistema produttivo e la ricerca nel nostro Paese», è già sul tavolo di lavoro di alcune istituzioni.
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