Economia

Impresa sociale: giovani e commercio equo per prendere il volo. Quaranta deputati ci mettono la firma

Proposta di legge

di Maurizio Regosa

Ripensare il terzo settore nell’ottica dello sviluppo e della crescita è una priorità». Un ragionamento ineccepibile, questo di Andrea Olivero, portavoce del Forum del terzo settore. Fatto di fronte alla proposta di legge presentata il 17 novembre da una quarantina di deputati del Pd (primo firmatario Luigi Bobba). Una proposta che punta a introdurre misure a sostegno dell’impresa sociale. «Agevolazioni che vanno ad inserirsi nel più ampio progetto di dare concretezza attuativa al principio di sussidiarietà indicato dall’articolo 118 della Costituzione», ha spiegato il deputato. Non vi è dubbio che l’impresa sociale, strumento di auto-organizzazione dal basso, non abbia ancora avuto la rilevanza strategica che merita: «A oggi le imprese sociali iscritte nei registri sono appena 679», ha rimarcato Augusto Battaglia in occasione della presentazione della proposta. Dunque per l’ex assessore della Sanità in Lazio, «servono incentivi e misure di sostegno». La ricetta prevede un ampliamento dei settori d’intervento dell’impresa sociale comprendendo le attività del commercio equo e solidale e l’inserimento lavorativo di persone espulse dal lavoro o svantaggiate e l’introduzione di alcune misure di sostegno. La prima delle quali dovrebbe riguardare gli assunti under 30 (tramite riduzione dell’aliquota dell’imposta al 50% e agevolazioni sull’imposta di registro). Andrebbero inoltre riservate quote di attività alle imprese sociali i cui occupati siano almeno al 50% disabili (nell’ambito di convenzioni e contratto di servizi e nel rispetto dei limiti voluti dall’Ue) e si dovrebbe costituire un fondo nazionale per il finanziamento di progetti innovativi.
«Le cooperative sociali rappresentano una piccolissima percentuale del Pil eppure danno lavoro al 3% delle persone disabili. E questo la dice lunga», spiega Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà/Confcooperative. Che, condividendo l’impianto della proposta, non nasconde qualche perplessità: «Il limite del 50% va forse ripensato. È certo elemento caratteristico che vi sia un’alta percentuale di inserimenti, essenziale però è che l’impresa sia comunque redditizia». Come a dire, meglio non indicare soglie d’inserimento che debbono essere individuate di volta in volta (relativamente al tipo di lavoro e alle caratteristiche degli inseriti). Parere in parte analogo quello di Paola Menetti, presidente di Legacoopsociali. «È positivo che si rifletta su queste cose», premette. Ma qualche dubbio c’è, ad esempio sulle agevolazioni fiscali. «Nella proposta, l’impresa sociale che assume giovani fino a 30 anni ha un contributo forfettario. I neo assunti vengono trattati come fossero apprendisti e per tre anni hanno contributi previdenziali ridotti. Si tratta dunque di agevolazioni a carico dei lavoratori». Infine, convince poco anche la parte relativa agli appalti riservati. «C’è il rischio», conclude Menetti, «che sia poco applicabile, modellata com’è sui “laboratori protetti” europei che però non Italia non hanno un chiaro corrispettivo».

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