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Fratelli d’Italia, ma quando vi destate?
150 anni dell'Unità e tricolori bruciati
di Redazione
Lo sport preferito dagli italiani? Non è il calcio, ma la polemica. Ma è mai possibile che in questo Paese, negli ultimi anni economicamente, culturalmente e socialmente straziato, ci sia chi si mette a fare polemica sul significato, e le celebrazioni, per i 150 anni dall’Unità d’Italia?
Lungi da me il volermi infilare in discussioni politiche, ma quando sento questa freddezza – un flebile coinvolgimento, soprattutto da parte dei giovani – nei confronti di un evento così significativo, mi vengono in mente tutti quei ragazzi italiani di seconda generazione e tutti i nuovi cittadini italiani che, con difficoltà ma sempre con molta dignità, lottano quotidianamente per affermare la loro appartenenza a questo popolo, oggi probabilmente non più tanto fiero di essere unito.
Hai voglia, caro Mario Balotelli, a fare il fenomeno con il pallone… Se questi italiani-italiani non si accettano tra di loro, figuriamoci quando mai tu, calimero del pallone, potrai mai rappresentare l’italiano doc! Non sono ancora pronti: finché ci saranno i lumbard che canticchiano con l’ampolla in mano, i napoletani che se la prendono con lo Stato, i romani che pensano solo a Roma, il pugliese che guarda storto il torinese… finché assisteremo in tv ad azioni vergognose di persone che bruciano il tricolore, o di sportivi in mondovisione che storpiano l’inno di Mameli, beh ne hai di gol da fare…
Non dico di diventare super-patriottici come gli statunitensi – loro sì che nel bene e nel male, sono fieri di essere americani, basta guardare a come mettono la loro bandiera ovunque – ma, mi chiedo: come si fa, dopo 150 anni, a non provare ancora un sentimento forte di appartenenza, che dovrebbe stare alla base dell’identità di un popolo?
Forse gli italiani, non si meritano questa meravigliosa Italia.
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