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La sussidiarietà a portata di rubinetto

Qui Milano

di Redazione

L’unica pecora nera, anzi grigia, è Brescia. Con il 40% di perdita di acqua è l’unico bacino lombardo che supera, ma di poco, la media nazionale del 37,3% di reti idriche colabrodo. Sondrio, invece, è quasi da record. Secondo l’ultima rilevazione disponibile effettuata nel 2007 da Conviri, la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, il volume di acqua non fatturato sul totale immesso nelle reti valtellinesi è solo del 4%.

Gli Ato alle Province
Il Consiglio regionale, per la quinta volta nell’ultimo decennio, ha comunque modificato la disciplina di settore. L’ultima legge, la numero 21 del 2010, è stata approvata a ridosso di Natale dopo un braccio di ferro con le opposizioni (e i sindaci lombardi) durato un paio di mesi. Prevede, in estrema sintesi, il passaggio delle competenze di governo in materia di acque dagli Ambiti territoriali ottimali (Ato), l’ente cioè che mette insieme i municipi, alle Province. Nel caso dell’ambito di Milano le consegne invece passano a Palazzo Marino. Il testo approvato, secondo la Regione, si limita a stabilire chi erediterà le competenze degli Ato, soppressi dal “decreto Calderoli” (legge 42/2010) ma prorogati dal decreto Milleproroghe.
Secondo la sezione regionale del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, invece, la legge regionale 21 ha ben altri fini. È bene distinguere – fissiamo alcuni paletti -fra governo del settore (tariffe, piani di sviluppo) e gestione operativa (erogazione, manutenzione delle reti). La Lombardia è intervenuta sul primo aspetto: il governo del servizio. La competenza sull’affidamento della gestione delle reti è disciplinata invece dal governo nazionale attraverso il famoso “decreto Ronchi” che prevede, in via generale, il ricorso alla gara per l’affidamento. Secondo il Forum proprio la legge regionale sul governo del sistema rischia però, di fatto, di diventare lo stratagemma per intervenire sulla gestione, aprendo la porta degli acquedotti ai privati. «Sebbene il governo del sistema idrico resti in mano a un soggetto pubblico, le Province, non siamo d’accordo per due motivi. Il primo è tecnico: le Province, diversamente dai Comuni, sono un ente lontano dai cittadini e soprattutto prive di esperienza nel settore. Il secondo è politico. La Regione dal 2000 cerca in tutti i modi di privatizzare il servizio idrico trovando l’opposizione sia dei movimenti dei cittadini che dei Comuni. Nel 2000 e nel 2007 rispettivamente 120 e 124 municipi hanno detto no ai privati. Passare le competenze alle Province significa rimuovere il principale ostacolo alla privatizzazione, cioè i Comuni», spiega Roberto Fumagalli, referente regionale del Forum per l’acqua.

Modello sovracomunale
Tesi per nulla condivise dalla Regione. «Bisogna partire dal fatto che le Autorità d’ambito sono state soppresse. Alcune Regioni si sono mosse per creare una Autorità unica regionale, ma a noi pareva una scelta poco sussidiaria. Né si potevano creare nuovamente dei consorzi di Comuni, vietati dalla legge. La gestione di un servizio idrico integrato deve tener conto di condizioni che sono sovracomunali: il corso di un fiume non si esaurisce in un comune, così come le esigenze di depurazione o potabilizzazione», argomenta Marcello Raimondi, assessore regionale all’Ambiente, energia e reti. Secca la risposta anche sulle capacità delle Province. «Non è affatto vero. Hanno già delle competenze in materia idrica, ad esempio sulle piccole derivazioni idroelettriche o sulle autorizzazioni agli scarichi. Inoltre, dove sono state coinvolte direttamente, le Ato si sono costituite con maggiore facilità». Sul rischio privatizzazione, infine, il commento di Raimondi è questo: «La legge non interviene in alcun modo sull’affidamento del servizio e rimanda semplicemente alle norme nazionali». Risposte chiare. Resta tuttavia un dubbio: che fretta c’era di intervenire su una materia che in primavera potrebbe essere rimescolata dall’esito del referendum contro il decreto Ronchi? La Lombardia rischia di dover rivedere la legge sui servizi pubblici. Per l’ennesima volta. [F.D.]


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