Formazione

Meno munnezza e più occupazione. La cooperazione sociale lancia la sua sfida alla criminalità. Puntando sul mercato privato

In Campania

di Redazione

Dal dramma della “munnezza” si può uscire a piccoli passi. Puntando sul “porta a porta” e sulla raccolta e il riutilizzo di materiale elettronico, tecnologico o di vecchi indumenti inutilizzati. Così, anche in province “calde” come Napoli e Caserta la cooperazione sociale prova ad affacciarsi al settore, coniugando impegno civile e l’inserimento di soggetti svantaggiati e a rischio esclusione.
«In queste zone ingrandirsi e svilupparsi economicamente porta inevitabilmente a contatto con la criminalità organizzata», spiega Anna Maria Taliento, presidente delle cooperativa sociale “Città di Leonia” di Legacoop, «in più ci sono barriere economiche e burocratiche che scoraggiano gli investimenti». Proprio l’esperienza di “Città di Leonia” ne è la prova. Il contesto ad alto tasso di infiltrazioni mafiose, il disinteresse degli enti locali e gli altissimi costi di entrata hanno convinto la cooperativa a sviluppare il mercato privato. Oggi “Città di Leonia” è riuscita a guadagnarsi circa 400 clienti nell’ambito della raccolta “porta a porta” di materiale Raee e cartucce esauste. «La collaborazione con i Comuni sarebbe opportuna», continua la Taliento, «ma visto il contesto in cui si deve operare, per noi il rapporto con le aziende private è più semplice, sicuro e redditizio».
Così, la via migliore è il classico “fai da te”. Come nel caso di “Ambiente Solidale”, una cooperativa sociale aderente a Federsolidarietà che da quattro anni opera nel campo della raccolta di indumenti usati e, ultimamente, di materiale elettronico. Oggi la coop sta elaborando un progetto che parteciperà al bando “Sviluppo Locale 2010” pubblicato dalla Fondazione per il Sud in cui coinvolgerà altre realtà di terzo settore. «Si tratta di un sito di stoccaggio e trasformazione per il riutilizzo commerciale di materiali tecnologici, olii da cucina e rifiuti elettronici, che simbolicamente nascerà a fianco all’inceneritore installato a Napoli Est», spiega Antonio Capece, presidente della cooperativa. «Un progetto che trasformerà lo spreco in risorse economiche e sociali, in quanto permetterà di inserire ex detenuti, giovani a rischio ed esponenti della comunità rom di Napoli Est». Ma per sostenere i costi la cooperativa dovrà coinvolgere anche la Bcc, perché «entrare seriamente nel settore richiede spese burocratiche altissime e forti investimenti in attrezzature», spiega Capece.
A meno che non siano proprio le amministrazioni a partecipare concretamente. Ma per trovare esempi di collaborazione fattiva pubblico-privato bisogna andare fuori dalle province di Napoli e Caserta. In un paesino vicino Benevento, dove è stato il sindaco a fornire le attrezzature e i mezzi necessari per il servizio “porta a porta” e la gestione dell’isola ecologica. «In due anni siamo passati da un modesto 20% di raccolta al 64%», spiega Giuseppe Tecce, presidente della coop “Il Faro” della rete Cgm che, grazie allo smaltimento della differenziata nel comune di Paduli, occupa 7 persone.


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