Non profit

Vinco io e vinci tu. Basta economia killer

di Redazione

L’imprenditore non è colui che si taglia la sua fetta di mercato. È colui che si preoccupa di “produrre torte”. Si avvantaggia, senza temere di avvantaggiare gli altri. È la sfida della “civile concorrenza”: idea vincente per uscire dalla crisiLa concorrenza, se bene intesa, è una delle principali virtù del mercato. Ma, anche in questo caso, dobbiamo sgombrare il campo da visioni sbagliate o parziali della concorrenza. La concorrenza è una virtù quando è quel meccanismo sociale che gli economisti civili dell’Ottocento (come i milanesi Romagnosi o Cattaneo) chiamavano «civil concorrenza». Di che cosa si tratta?
La visione oggi dominante tende infatti a considerare la concorrenza tra imprese come una gara tra l’impresa A e l’impresa B nella quale ciascuna vuol vincere battendo l’altra.
Questa visione a volte viene anche alimentata da un uso scorretto e fuorviante della metafora sportiva (o addirittura da caricature del darwinismo), che ci rappresenta un mercato come un luogo dove tutti corriamo, e dove alla fine abbiamo vincitori e sconfitti.
Una tale visione quindi legge la concorrenza come una faccenda che si svolge tra A e B, e che come effetto non intenzionale può produrre la riduzione dei prezzi di mercato e quindi il vantaggio dei clienti C. E se guardiamo così il mercato, è ovvio che la concorrenza non ha nulla a che fare con la cooperazione, anzi ne è proprio l’opposto, anche perché la cooperazione tra imprese “concorrenti” viene da questa prospettiva semplicemente chiamata cartello o trust, che va a scapito dei cittadini e dell’efficienza dei mercati.

Una logica da team
Che cos’è invece la concorrenza di mercato vista dalla prospettiva dell’economia civile? Il gioco di mercato ci appare ben diverso, e non più focalizzato sulla gara tra le imprese A e B, poiché la concorrenza di mercato diventa un processo centrato sugli assi A-C e B-C: cioè ogni impresa cerca di soddisfare i clienti (intesi in senso ampio) meglio dell’altra, e quella che ci riesce peggio esce dal mercato (o si ristruttura): l’uscita dal mercato delle “concorrenti” non è quindi lo scopo dell’impresa, ma è solo un effetto in un certo senso non intenzionale. Dalla nostra prospettiva allora lo scopo dell’impresa A diventa cooperare con i cittadini, clienti, fornitori C all’interno di un rapporto di assistenza reciproca, di un team, e non “battere” la concorrente B; e viceversa.
Ma fin dove possiamo spingerci su questa strada di civil concorrenza? Si aprono, infatti, molte questioni, e alcune delle quali molto rilevanti. Pensiamo, per un esempio forse non irrilevante per l’economia sociale, che il mercato dell’economia sociale è ancora dominato dalla “gara” pubblica e dall’appalto, quindi da una visione della concorrenza come gioco a somma zero, fatto di vincitori (della gara) e di vinti. Questa visione, che in altri scritti ho chiamato “la sussidiarietà all’incontrario”, ha come fulcro il pubblico che definisce i progetti e che chiama le cooperative a “gareggiare”, spesso in una gara al ribasso molto pericolosa.
Una visione da concorrenza civile cambierebbe radicalmente questa prospettiva: è l’impresa sociale che vive a contatto con i bisogni della gente che “vede” opportunità di mutuo vantaggio con i cittadini e che poi si rivolge (non sempre magari) al pubblico per poter realizzare con trasparenza ed efficienza quel dato progetto, che non è più “guidato dall’offerta” ma dalla “domanda” della gente. C’è ancora molto da fare.
Ma, chiediamoci, una tale cultura o filosofia di mercato è anche un buon consiglio per il singolo imprenditore o operatore quando non ha garanzie che gli altri con cui interagisce condividano la stessa cultura di reciprocità o di fraternità? Credo di sì. Una persona che segue una tale massima finirà, qualche volta, con una quota minore di guadagni se confrontata con quella che otterrebbe con un atteggiamento più duro e attento alla ripartizione dei guadagni. Ma, in compenso, spenderà meno tempo ed energie, e avrà meno probabilità di aprire contenziosi e conflitti con gli altri, che spesso bloccano contratti, affari e imprese. Nel lungo periodo probabilmente vivrà la vita più serenamente e forse anche non troppo male economicamente. Anche qui esiste un ruolo delle istituzioni: il loro disegno può incentivare la ricerca di mutui vantaggi o l’opportunismo individuale.
Potremmo allora riassumere questa cultura di mercato civile con la seguente massima: «Quando fate un affare insieme (soprattutto quando dura nel tempo) non preoccupatevi troppo di stabilire le “fette della torta” che creerete: preoccupatevi intanto della torta, e di crearne tante, perché poi nel tempo, se non siete sleali, convergete verso una norma equa di redistribuzione. Una volta guadagnerà più l’uno, una volta più l’altro, ma l’importante è crescere assieme».

Creatori di torte
Un tale consiglio, ad esempio, è molto efficace soprattutto quando si ha a che fare con dei giovani, perché riduce di molto i costi di transazione, rafforza i sentimenti di fiducia reciproca e crea una lettura positiva ed ottimista della vita in comune. Anche perché non è mai un buon inizio di rapporto con un socio, un fornitore o con un cliente insistere su garanzie o vincoli relativi ai (possibili) futuri guadagni: anzi è spesso la strada maestra per bloccare l’affare prima che inizi.
La generosità e la larghezza d’animo sono in un certo senso anche delle virtù molto importanti nel successo di un imprenditore (e di tutti). Anche perché l’imprenditore è soprattutto un “creatore di torte”, grazie alla sua capacità innovativa, non un “tagliatore di fette”.
Oggi sappiamo che uno dei primi fattori di arretratezza culturale ed economica è proprio costituito dallo schema mentale con cui leggiamo la concorrenza di mercato e la vita civile. Le comunità, i popoli e le persone crescono quando leggono i rapporti economici e civili come mutuamente vantaggiosi, restano bloccate in trappole di povertà quando ciascuno vede l’altro come qualcuno da sfruttare o da cui difendersi. Una economia civile vede il mercato come una grande e densa rete di rapporti di mutuo vantaggio, a tanti livelli. La civil concorrenza è l’energia che scorre in questo network di relazioni di cui è costituito il mercato e chi ne fa parte avvantaggia se stesso e gli altri. Creare una rete sempre più fitta di opportunità di scambio significa legare le persone in azioni congiunte, dove ciascuno cresce con e grazie agli altri.

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