Volontariato

Pubblica utilità, una strada per chi va fuori strada

I Csv e il nuovo Codice

di Redazione

C’è un’ancora di salvataggio per chi guida in stato di ebbrezza. Normalmente si dovrebbe pagare una multa. Nei casi più gravi è previsto addirittura il carcere. «Dall’agosto 2010», afferma Alessandra Bellandi, operatrice del Centro servizi per il volontariato di Como, «è cambiato tutto. Secondo il nuovo Codice della strada, il reo può chiedere il patteggiamento ed usufruire dei lavori di pubblica utilità. Finora, abbiamo preso in carico circa una quarantina di casi: uno ha già terminato il percorso, quattro sono attualmente impegnati e dieci partiranno tra poco. Gli altri aspettano fiduciosi il via libera dal giudice».
Nella sola provincia di Como si registrano circa 300 infrazioni di questo tipo all’anno. Ad oggi sono circa 50 le realtà del privato sociale che hanno aderito all’iniziativa. È inutile negarlo: i lavori di pubblica utilità – ai quali può accedere anche chi produce, spaccia o detiene sostanze stupefacenti in “modica” quantità – costituiscono un vantaggio per chi viene sorpreso alla guida in stato di ebrezza. In questo modo si evita la confisca dell’auto, si dimezza il periodo di sospensione della patente e nulla compare sul casellario giudiziale: il reato è estinto.
«Ma questo», sottolinea il direttore del Csv comasco, Martino Villani, «ci interessa poco. Ci premono piuttosto due cose: che il condannato costruisca relazioni significative e siano sostenute le organizzazioni del terzo settore impegnate sulla strada della coesione sociale. Il che significa, poi, fornire un contributo indiretto alla gestione del tema della sicurezza. In questo senso il nostro è un compito culturale».

Il ruolo del Centro
Cosa fa, concretamente, il Centro servizi per il volontariato? «La sua è una funzione strategica: mediare tra il condannato e l’autorità giudiziaria, perché gli avvocati non conoscono personalmente le organizzazioni del privato sociale. Ma c’è di più. A Como esiste da anni un servizio di orientamento al volontariato, che oggi conta quattro operatori. Infatti, se una persona acconsente a fare del volontariato per aggirare il carcere, difficilmente possiede una motivazione vera», chiarisce Francesca Binaghi, uno degli avvocati coinvolti nel progetto del Csv. «Siamo noi a prospettare al cliente l’opportunità di scontare la pena alternativa. Al nostro assistito interessa non andare in prigione, non pagare la multa o evitare il ritiro dell’automobile. Per questo, su nostra indicazione accetta quanto gli proponiamo». Perciò il “reo” viene guidato passo per passo.
Ma le precauzioni non sono mai troppe. Ecco perché, ogni mese, il Centro servizi comasco fa il punto della situazione con l’associazione nella quale il condannato è inserito. «È uno step necessario», precisa Alessandra Bellandi, «Altrimenti è facile trovarsi di fronte a quello che non vede l’ora di collaborare con la Croce Rossa perché ha visto “E.R.” o un altro programma simile in televisione». Ma l’azione formativa viene estesa anche alle organizzazioni, seguite soprattutto nella gestione delle risorse umane.
E se le associazioni del terzo settore si dimostrassero titubanti? Il Csv si fa pure carico di un massiccio lavoro di sensibilizzazione nei loro confronti. «Noi accogliamo chiunque». precisa Roberto Acerbis, presidente dell’associazione Incroci. «La condizione è che osservi le regole e che si faccia coinvolgere nelle nostre attività». Incroci esiste da 11 anni, opera a Como ed è impegnata nel garantire un pasto caldo ai poveri e agli emarginati. Spiega Acerbis: «Al Csv chiediamo qualcuno che accetti di stare con gli altri, perché in mensa non si distribuisce esclusivamente il cibo. Si scambiano commenti, si costruiscono rapporti. Si parla, insomma. È ovvio che i nuovi arrivati non vengono schierati immediatamente in prima linea. In attesa che facciano un po’ di apprendistato, gli ospiti più difficili da trattare vengono affidati agli operatori più esperti».
E se qualcuno dovesse scontare una pena di dieci giorni o poco più, come potrebbe riuscire a diventare “esperto”? Sembra essere proprio questo il nodo più delicato. Terminato l’obbligo, tutto rischia di cadere nel dimenticatoio. «L’obiettivo è spesso troppo ambizioso, con poco tempo a disposizione», conclude Acerbis. «Più realisticamente, ci basta sotterrare un piccolo seme, nella speranza che germogli. Senza fretta. Intanto, il mondo del volontariato può rendersi utile alla società, consentendo ad un individuo di portare a termine il percorso che gli viene prescritto dal giudice. E non mi sembra cosa da poco!».


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