Ho terminato le selezioni della nuova edizione del “mio” master in Fundraising, che inizia fra poco. Ho incontrato oltre 50 studenti, faccia a faccia. Come sanno tutti i responsabili fundraising, specie quelli che si dedicano alle grandi donazioni, la passione e le motivazioni, anche se necessarie, non sono sufficienti per coltivare donatori, richiedere e portare a buon fine grandi donazioni. Abilità di grandi comunicatori sono importanti, ma anche sapere ascoltare sono elementi essenziali.
Il mio approccio in aula cerca di far comprendere più approfonditamente agli studenti cosa significa il fundraising e cosa sono i “grandi donatori”. Di solito inizio l’anno facendo leggere l’articolo di Peter G. Peterson “Perché ho donato un miliardo” e chiedendo loro di riflettere sull’articolo e scrivere le risposte alla seguente domanda: se poteste donare un miliardo di dollari a quale causa decidereste di indirizzare il fondo?
Dalle risposte risulta sempre che gli studenti hanno passioni profonde per cause diverse, passioni spesso derivate da esperienze personali. Ma io spiego loro che i grandi donatori non donano un miliardo di dollari senza riflettere attentamente all’enormità di una donazione del genere. Risultato? Gli studenti capiscono l’importanza di creare un rapporto duraturo con i donatori e della felicità provata a lavorare per una causa.
Altra osservazione: i ragazzi hanno passioni e sono in grado di utilizzare benissimo le nuove tecnologie, ma al momento giusto, quando hanno la possibilità di avere informazioni dai donatori o da individui coinvolti nei processi di fundraising, mettono da parte i palmari, spengono i computer e ascoltano attentamente, dedicandosi personalmente al donatore.
Sì, direi che c’è speranza per il futuro del fundraising.
www.valeriomelandri.it
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