Non profit
Mantova, il privato a piccole dosi rimette in salute l’ospedale
L'esperienza del Poma
di Redazione

Mentre in giro per l’Italia i piccoli ospedali chiudono, a Mantova succede il contrario.
Fino al 2003, il Poma – l’attuale ospedale civile – contava ben 7 presidi, per una provincia di 370mila abitanti. Il bilancio era costantemente in rosso e le perdite raggiungevano i 100 miliardi di lire l’anno. Dove trovare i soldi necessari per gli adeguamenti strutturali, impiantistici e di dotazioni, imposti dalle normative vigenti?
Al Poma, è venuta l’idea di conferire la gestione di tre strutture ai privati, per 25 anni. Tutto si è svolto velocemente: la pubblicazione del bando, la selezione delle candidature e, infine, l’aggiudicazione della gara. I vincitori avrebbero dovuto provvedere alla riqualificazione e alla “messa a norma” degli stabili, coinvolgendo anche realtà afferenti al privato sociale, prime fra tutte le cooperative sociali. In che modo? Attraverso l’erogazione di servizi accessori, vale a dire non riconducibili al personale medico e paramedico.
Le due srl
Il presidio di Volta Mantovana è stato affidato alla società “Ospedale Civile di Volta Mantovana s.r.l.” e quello di Castiglione delle Stiviere all'”Ospedale San Pellegrino di Castiglione delle Stiviere s.r.l.”. Entrambe di proprietà di Guerrino Nicchio, esperto nella gestione, ormai ventennale, di cooperative sociali e sanitarie. La sede di Suzzara – la terza – è finita nelle mani di un altro soggetto privato. Tutti presidi convenzionati con la sanità pubblica, ovviamente.
Sono rare, a livello nazionale, sperimentazioni gestionali così innovative. A Volta Mantovana, tutto è partito nel giugno 2004. «Tengo a precisare», afferma Nicchio, «che l’ospedale non è mai stato chiuso, e che gli interventi richiesti sono stati realizzati con il nosocomio sempre in funzione. L’intera operazione ha richiesto un esborso di 9 milioni di euro. Nei primi tre anni, abbiamo investito. Per i restanti 22, abbiamo studiato un piano di rientro per recuperare i soldi spesi. Ad oggi, stiamo rispettando la tabella di marcia».
Quello di Volta Mantovana era il classico ospedale di zona, con 40 posti letto. Oggi ha una vocazione riabilitativa e può accogliere circa 80 degenti: 40 destinati alla riabilitazione specialistica (ad alta intensità), 30 a quella di mantenimento e dieci al day hospital riabilitativo. Visto che esistevano due sale operatorie, si è attivata una divisione chirurgica, con un servizio di day surgery – la chirurgia in regime diurno. Si eseguono più di 2.500 interventi l’anno, dal tunnel carpale alla cataratta. Piccole operazioni, che hanno tuttavia contribuito a sfoltire le liste di attesa della sanità pubblica.
Attualmente, al di là della riabilitazione ci sono la radiologia, la diagnostica per immagini ed un laboratorio, dove si effettuano ogni giorno tra i 200 ed i 220 prelievi in media, contro i 20 del 2004. Questo significa che l’utenza non è costretta ad affrontare fastidiosi spostamenti per un esame di routine. I tempi di attesa sono in linea con le indicazioni fornite dalla Regione Lombardia ed esiste un’ampia flessibilità: «Se qualcuno dovesse fare la risonanza magnetica», continua Nicchio, «potrebbe presentarsi anche la domenica, fino alle 8 di sera».
L’importanza della rete
A Volta Mantovana manca il pronto soccorso. Ma, a quanto pare, ciò non costituisce un problema: «A pochi minuti di automobile», ribadisce Nicchio, «si trova il presidio di Castiglione delle Stiviere. È la seconda struttura sanitaria che abbiamo rilevato, con 97 posti letto. Qui, tutto è predisposto per curare i casi più acuti. Ci sono, oltre al pronto soccorso, la terapia intensiva, l’ortopedia, la traumatologia, la rianimazione, la cardiologia con risonanza magnetica, la medicina e la chirurgia generale. Chi subisce un intervento a Castiglione sa già, prima di essere messo in nota per la sala operatoria, che avrà un posto assegnato a Volta Mantovana per le cure riabilitative. Nei convegni, mi capita non di rado di sentire che la rete è essenziale, se si vuole rendere un buon servizio al paziente. Nella pratica, però, la cosa si traduce spesso in un mare di parole, di proclami che non hanno un seguito».
L’ottimizzazione delle risorse, in effetti, è un punto cruciale, visto che Volta dista 25 chilometri da Mantova e Castiglione addirittura 45.
E il personale? In principio, era composto interamente da dipendenti del Poma, assunti con contratto pubblico e distaccati per l’intera durata della concessione. In questi primi cinque anni di attività, con i pensionamenti e le sostituzioni, la situazione è cambiata: i nuovi arrivati sono sì dipendenti, ma con il contratto della sanità privata e raggiungono ormai il 50% della forza lavoro impiegata. In tutto, sul “libro paga” di Nicchio si trovano 530 persone: 350 a Castiglione e 180 a Volta Mantovana, al servizio di una utenza potenziale che raggiunge le 50mila unità.
Strumento di garanzia
A Castiglione, però, c’è un’altra novità: è stata istituita una fondazione di partecipazione. L’avevano già utilizzata nella riorganizzazione dei musei e in ambito culturale, poi si è deciso di testarne l’efficacia nel comparto sanitario. Si tratta di un ente a composizione mista, poiché è prevista la presenza del pubblico e del privato. A Castiglione sono entrati il Comune, il Poma, insieme a realtà del mondo bancario e ad esponenti dell’imprenditoria. Più semplicemente, accade che la fondazione affidi la gestione di una struttura ad un ente terzo – in questo caso, la società di Nicchio -, controllando se siano stati rispettati gli standard di qualità richiesti e se esso stia effettivamente operando per raggiungere le finalità istituzionali che gli sono proprie.
La fondazione – ecco l’elemento interessante – è uno strumento di garanzia per il territorio, pensata per evitare che siano i cittadini a sopportare le conseguenze di troppi casi legati alla malasanità. E l’esempio della clinica milanese Santa Rita insegna.
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