Non profit

Volontariato Diamoci almeno due obiettivi

di Redazione

È possibile pensare al volontariato non tanto come strumento per colmare le carenze del welfare state – come finora è stato in gran parte – ma come un agire il cui senso è quello di contribuire a cambiare il modo d’essere delle istituzioni sia politiche sia economiche? È intorno a questo interrogativo che mi auguro vorranno ruotare le tante iniziative che l’anno europeo del volontariato vedrà realizzarsi.
Sono dell’avviso che nelle attuali condizioni storiche la missione specifica e fondamentale del volontariato sia quella di costituire la forza trainante per la propagazione, nelle sfere sia politica sia economica, di una concezione non individualistica dell’identità personale ? una concezione questa, oggi dominante, secondo cui l’altro è una mera proiezione del mio io, un qualcosa di cui posso fare l’uso che voglio. Par tale concezione, il volontariato oppone l’idea di una identità in relazione con l’altro, per la quale il mio io si produce solo attraverso un processo di relazione con l’altro. Se invece il volontariato si accontenterà di svolgere meri ruoli di supplenza delle pubbliche istituzioni oppure si limiterà a presidiare la nicchia che con meritato successo è riuscito a conquistarsi fino ad oggi ? allora sarà difficile che esso possa scongiurare una lenta perdita di legittimazione sociale. E ciò per l’ovvia ragione che per assolvere a tali compiti bastano ? e avanzano – la filantropia compassionevole, per un verso, e lo Stato benevolente, per l’altro verso.
Il volontariato autentico, invece, da una parte ci mostra che l’attenzione a chi è nel bisogno non è oggettuale, ma personale. L’umiliazione di essere considerati “oggetti” sia pure di filantropia o di attenzione compassionevole è il limite grave della concezione neo-liberista. Il volontario che dona il suo tempo sconvolge invece la logica dell’efficienza, come essa viene tradizionalmente intesa. Dall’altra, ricorda, a una società che elogia a parole il volontariato e poi non riconosce il valore del servizio gratuito nei luoghi più disparati del bisogno, perché a tutto e a tutti pensa lo Stato Sociale, che il dono è virtù civile per eccellenza e che in uno scenario statalista esso non potrà che registrare una marcata atrofia. L’assistenza per via esclusivamente statuale tende a produrre soggetti bensì assistiti ma non rispettati, perché essa non riesce ad evitare la trappola della “dipendenza riprodotta”.
Il contributo più significativo che il volontariato può dare alla società di oggi è quello di affrettare il passaggio dal dono come atto privato compiuto a favore di parenti o amici ai quali si è legati da relazioni a corto raggio, al dono come atto pubblico che interviene sulle relazioni ad ampio raggio. Il volontariato autentico, affermando il primato della relazione sul suo esonero, del legame intersoggettivo sul bene donato, deve poter trovare spazio di espressione ovunque, in qualunque ambito dell’agire umano.
C’è tuttavia un ambito dove è oggi massimamente avvertita l’esigenza che il volontariato intervenga con forza a livello europeo. Mi riferisco all’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali, dalle cui funzioni troppo poco si conosce e si discute nel nostro paese. Occorre allora che i rappresentanti del vasto mondo del volontariato si adoperino per entrare a far parte del Consiglio dell’Agenzia medesima. V’e’ altro obiettivo, meno ambizioso del precedente, ma pure rilevante, che occorre cercare di conseguire durante l’anno europeo del volontariato: il riconoscimento ufficiale delle esperienze di volontariato come esperienze meritevoli di considerazione in un curriculum, al pari di quelle di studio e/o di lavoro. Se entro il 2011 si riuscisse a “portare a casa” questi due grossi risultati, l’anno europeo del volontariato non sarà trascorso invano.

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