Welfare

Lo “svuota carceri” modello Toscana

Per i tossicodipendenti

di Redazione

La Toscana punta sull’approccio terapeutico per recuperare i detenuti con dipendenza da droga e da alcol e per decongestionare allo stesso tempo le carceri sovraffollate. La Giunta guidata da Enrico Rossi, nell’ambito del passaggio di competenze sulla medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, e dunque alle Regioni, ha approvato una delibera che definisce un percorso assistenziale per gli interventi di inserimento in comunità dei soggetti detenuti tossico e alcoldipendenti ammessi alle misure alternative alla pena e, soprattutto, allarga i cordoni della borsa stanziando 350mila euro. Grazie a queste risorse si stima che 500 detenuti potranno varcare il cancello del carcere per accedere ai luoghi di cura. Un numero decisamente più alto delle poche unità ammesse alle comunità quando la sanità penitenziaria era gestita dal ministero.
Il provvedimento che equipara, sia nelle condizioni economiche che terapeutiche, il percorso di presa in carico dei detenuti a quello previsto per le persone tossico-alcoldipendenti in libertà in affidamento ai servizi territoriali, è il risultato di un processo in tre passaggi che ha visto collaborare le Aziende Usl, la Magistratura di Sorveglianza e il Ceart – Coordinamento degli enti ausiliari della Regione Toscana, l’organizzazione che riunisce 17 tra cooperative e associazioni.
Il tavolo congiunto ha dapprima valutato il numero dei soggetti con misure alternative eseguite presso le comunità terapeutiche regionali, in seguito verificato le comunità in possesso dei requisiti per ospitare i detenuti e infine costruito un percorso assistenziale omogeneo coordinato dai Sert, i Servizi per le tossicodipendenze. Dalla ricognizione è risultato che tutte le 63 comunità terapeutiche regionali, sia pubbliche che private, sono idonee. La delibera, soprattutto, appare come la presa di coscienza, da parte dell’amministrazione locale, dell’insuccesso della risposta repressiva nei confronti dei tossicodipendenti reclusi dietro le sbarre.
«Gli istituti penitenziari», commenta Francesco Ceraudo (foto), direttore del Centro regionale per la salute in carcere, «rappresentano dei serbatoi, degli enormi magazzini dove la società, senza porsi eccessive remore, continua a scaricare i tossicodipendenti, immaginando forse di poterli così neutralizzare e rendere magari inoffensivi». Il vero lassismo, secondo Ceraudo, è «non prendersi carico delle persone, abbandonandole alle dinamiche distruttive nelle quali sono purtroppo entrate».

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