Mondo
Kabul, vendetta talebana
Attacco senza precedenti, un avvertimento all'Occidente
Torna l’incubo Afghanistan. L’assalto dei talebani al cuore del potere, a Kabul, riapre scenari di guerra, e mette in difficoltà l’Occidente.
- In rassegna stampa anche:
- NON PROFIT
- TERZIARIO SOCIALE
- TERZO SETTORE
“Prova di forza dei talebani”: apre così oggi il CORRIERE DELLA SERA. Servizi fino a pagina 5. Il giorno di guerra a Kabul è raccontato a pagina 2. “Giornata di guerra. Nel mirino, oltre al Parlamento, ambasciate occidentali (non quella italiana), alberghi di lusso, basi militari Isaf e stazioni di polizia nella capitale e in altre tre province – scrive Michele Farina -. Kamikaze (a Nangarhar nascosti sotto il burqa) e miliziani armati di lanciagranate Rpg entrano in azione contemporaneamente alle 13 e 15 ora locale (mattina in Italia). Il bilancio provvisorio delle vittime stilato dal ministero dell’Interno afghano (17 talebani e due poliziotti uccisi) non rende ragione dell’ampiezza degli attacchi”. Guido Olimpio da Washington a pagina 3: “Alla sfida talebana, le fonti Nato hanno risposto «pensando positivo». E allora, a caldo, hanno sottolineato come le forze afghane abbiano fatto bene il loro lavoro, riuscendo anche a fermare due uomini-bomba. Per gli americani si tratta di «segnali di progresso». Minimi. Tra qualche giorno capiremo se davvero è andata così. Ma è evidente che Usa e alleati sono disperatamente legati all’«afghanizzazione» del conflitto. Devono crederci e scommetterci. Se le autorità di Kabul stanno sulle loro gambe diventa più facile, si fa per dire, lasciare un Paese metà inferno e metà pantano”. Il commento è di Franco Venturini, parte in prima e si conclude di spalla a pagina 3: “Capire la strategia dei talebani non significa predisporsi alla resa. E il vertice di Chicago, a beneficio delle esigenze elettorali di Obama, non mostrerà le crepe che pure esistono nel fronte occidentale. Ma se non si vuole far stravincere i talebani dopo non essere riusciti a sconfiggerli, una strategia afghana più unitaria, più credibile e più efficace l’Occidente dovrà metterla a punto. Con il contributo dell’Italia, che dopo i primi ritiri francesi schiera oggi in Afghanistan il terzo contingente militare alleato. Con la determinazione a non compiere distruttivi ritiri unilaterali. Ma anche con la consapevolezza che dal pantano di Kabul è ora di uscire, insieme”. A pagina 5 un approfondimento di Roberto Tottoli: “Le valli impervie e orgogliose che nessun impero ha domato”.
LA REPUBBLICA apre sull’Italia (“Lavoro, pronti alle modifiche”) ma dedica agli esteri la fotonotizia: “Afghanistan, i Taliban attaccano Kabul «Vendetta per gli abusi americani»”. Doppia pagina interna per raccontare dei kamikaze con il burqa e dell’assedio a ambasciate e Parlamento. Sono stati sei gli attacchi simultanei, spiega Pietro Del Re, e hanno causato una ventina di morti. Una rappresaglia per i recenti abusi commessi dalle truppe statunitense: dal rogo dei corani ai soldati che urinano sulle salme dei Taliban, al massacro di 17 civili a opera di un sergente americano. Secondo i servizi di sicurezza afgani gli insorti hanno tentato di uccidere uno dei due vicepresidenti, Mohammad Karim Kahlili. Il tentativo però è fallito. «Quanto è accaduto, conferma ancora una volta la vulnerabilità di un sistema di sicurezza che ha permesso a un folto gruppo di kamikaze di raggiungere tutti gli obiettivi prescelti. Tuttavia la polizia afgana è apparsa finalmente preparata a fronteggiare attentati micidiali e spettacolari come quello perpetrato ieri». Lo scenario lo dipinge lo scrittore Marek Halter: “Una sconfitta per l’Occidente così i fondamentalisti si riprenderanno il paese” è il titolo del suo pezzo in cui spiega che non si esporta la democrazia, «una lezione che il mondo non impara». «Con la complicità dei vicini pachistani, i Taliban riprenderanno il potere. Ci saranno sicuramente delle resistenze a questo ritorno al passato, la guerra civile rincrudirà e molte altre vite cadranno. Sarà proprio quello il momento in cui gli occidentali dovranno intervenire, aiutando i partigiani in lotta contro gli studenti del Corano».
IL GIORNALE dedica un piccolo spazio ai fatti afghani nella sezione esteri. Fausto Biloslavo firma “Talebani scatenati a Kabul, Nato umiliata”. «“Gli attentati – ha detto un portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid – sono una ritorsione per le copie di corano bruciate in una base Nato, per il video dei marine che urinano sui cadaveri di nemici e per il massacro del sergente Usa a Kandahar”». Mentre il bilancio di Biloslavo è aggiornato a ieri sull’online Nico di Giuseppe riporta i dati aggiornato «Finito l’attacco si contano i morti. È di tre civili, otto militari e 36 Talebani uccisi il bilancio definitivo dell’offensiva di 18 ore lanciata ieri dai Talebani a Kabul e in altre località dell’Afghanistan. Ad annunciarlo è stato il ministro degli Interni, Bismillah Mohammad, aggiungendo che 40 membri delle forze di sicurezza e 25 civili sono rimasti feriti».
“Kabul, la vendetta dei taleban”, apre LA STAMPA sulla serie di attentati contro hotel e ambasciate in Afghanistan da parte di guerriglieri e kamikaze. L’analisi è affidata a Vittorio Emanuele Parsi, che spiega “Perché la via d’uscita è necessaria”. Scrive Parsi: « La transizione, che nel corso di tre anni avrebbe dovuto vedere il progressivo passaggio di consegne tra forze Isaaf e forze di sicurezze afgane, semplicemente non sta funzionando. Polizia ed esercito di Kabul sono perennemente sulla difensiva e sembrano incapaci di passare al contrattacco. Non occorre aver studiato Clausewitz per capire che la vittoria finale può arridere e solo a chi riesce ad assumere l’iniziativa: basta guardare una partita di rugby (lo sport che più di ogni altro simula una battaglia) per rendersene conto… A chi è abbastanza vecchio per ricordarselo, questa guerra appare sempre più inquietantemente simile al conflitto vietnamita. Nella notte tra il 30 e il 31 gennaio 1968 i vietcong e l’esercito del Vietnam del Nord scatenarono «l’offensiva del Tet», il cui scopo esplicito era dimostrare la loro capacità di colpire ovunque. Militarmente furono sconfitti, politicamente vinsero, fiaccando la volontà di combattere degli Stati Uniti. I talebani non hanno i mezzi e i numeri che aveva a disposizione Ho-Chi-Min, ma ancora una volta ieri hanno giocato d’anticipo, scatenando la loro «offensiva di primavera» ben prima che l’esercito di Karzai neppure pensasse a come utilizzare militarmente la fine della stagione invernale. In realtà è da quando Isaf ha smesso di sostenere la maggior parte dello sforzo diretto, passando la palla agli afghani, che abbiamo perso l’iniziativa». La conclusione non lascia intravedere scenari luminosi: «Tutti obiettivi irrealistici, mentre quello che i governi occidentali cercano, a iniziare dall’amministrazione americana, è una via d’uscita che non contempli, come scena finale, la riedizione della vergognosa fuga in elicottero dal tetto dell’ambasciata assediata di Saigon nel 1975. Un più rapido disimpegno di Isaf, oltretutto, consentirebbe probabilmente alle autorità afghane di assumere un atteggiamento più flessibile nei confronti delle ricorrenti ipotesi di trattative complessive aperte anche ai rappresentanti della guerriglia e di ipotizzare «soluzioni politiche» che sarebbero forse troppo imbarazzanti per Washington e per le altre capitali occidentali. C’è infine un dato estremamente significativo di come le cose siano cambiate a Kabul ed è rappresentato dal mutamento di giudizio sulla exit strategy irachena: presentata come un compromesso soddisfacente e non come una situazione da non replicare. Con tanti saluti al mantra di questi anni: «L’Afghanistan non sarà un altro Iraq».
E inoltre sui giornali di oggi:
NON PROFIT
IL SOLE 24 ORE – Apertura dedicata al rapporto tra profit e non profit: “Raccolta fondi con le imprese”: «Una recente ricerca, svolta dalla Divisione ricerche e dal Master in Management delle imprese sociali, non profit e cooperative di Sda Bocconi su 400 aziende profit e non profit impegnate in partnership trasversali, rivela che solo il 20% delle imprese profit ha svolto azioni di cobusiness, spinte soprattutto dalla possibilità di contribuire allo sviluppo socio-ambientale del territorio e alla promozione della responsabilità sociale, ma anche per promuovere l’immagine della propria azienda. L’impegno nei confronti delle società non profit, infatti, spesso si limita a una semplice elargizione: “La collaborazione tra profit e non profit è molto strutturata nei paesi anglosassoni, mentre in Italia sta decollando in questi ultimi anni – spiega Federica Bandini, direttore del Master della Sda Bocconi -. Tra le cause di questa lentezza c’è una certa diffidenza da parte delle società non profit per le quali è importante avere partner e potenziali donatori solo a patto che ne condividano i valori etici. Dunque, nella scelta della partnership, le non profit scelgono l’impresa con cui collaborare soprattutto in base alla sua reputazione e alla coerenza con la mission dell’associazione”. Eppure per il 33% delle imprese non profit intervistate, questo tipo di collaborazione ha portato un aumento della visibilità della propria associazione, oltre a un indiscusso ritorno economico. Ma spesso anche per le aziende non è facile confrontarsi con realtà poco strutturate e con un basso livello di capacità manageriali. “Sono due mondi culturalmente ancora distanti – sottolinea Federica Bandini –. Basta pensare che l’87% delle imprese for profit svolge attività di responsabilità sociale in maniera costante e strutturata ma solo la metà redige un bilancio sociale (contro il 74% delle non profit). Di contro, il 79% delle organizzazioni non profit ha una struttura dedicata al fund raising ma nella maggiore parte dei casi non ha una funzione espressamente dedicata alla cura dei rapporti con le imprese”. La storia: “L’Emporio trasforma gli scarti in risorse”: «Un centro per la distribuzione organizzata e gratuita di generi di prima necessità a famiglie e persone in condizioni di disagio e, al tempo stesso, una testimonianza concreta di economia solidale, in grado di trasformare gli scarti in risorse. È questa, in estrema sintesi, l’esperienza dell’Emporio della solidarietà di Prato, best practice nazionale nel recupero e nell’offerta controllata di alimenti, che a tre anni e mezzo dal debutto presenta oggi nel capoluogo toscano il primo bilancio sociale (esercizi dal 2009 al 2011)».
TERZIARIO SOCIALE
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 8 Maurizio Ferrera: “Idee e crescita: il circolo virtuoso del terziario sociale”, opinione robusta a sostegno di una maggiore attenzione all’economia del terzo settore, per i servizi alla persona, con esempi tratti dalla realtà internazionale. L’idea di fondo è quella di orientare i risparmi delle famiglie in direzione di servizi innovativi di welfare. Un modo per rendere produttiva una scelta di investimento pubblico e privato nel campo dei servizi alla persona.
TERZO SETTORE
ITALIA OGGI – Il quotidiano dei professionisti pubblica due pezzi sul non profit. Il primo a pag. 5 “Dal non profit appello a Equitalia” dà spazio a una lettera che l’associazione Salvabebè Salvamamme ha scritto a Monti nella quale si chiede di essere salvate dalla riscossione delle imposte messe in atto da Equitalia, azione che esporrebbe l’associazione al rischio della sospensione della propria causa. Le buone notizie sono a pag 55. Secondo il pezzo “Nel non profit cresce l’occupazione” , rispetto al 2006 sono aumentati i posti di lavori e il numero di professionisti coinvolti. I dati del IV rapporti di Fondazione Sadolitas e Hay Group parlano chiaro: 39% nel 2011 contro il 15% nel 2006. Mentre diminuisce l’incidenza del volontari: il 36% nel 2011 contro il 65% nel 2006.
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