Cultura
Cuba, viaggio di libertà
Il Papa incontra Fidel Castro, fra diplomazia e speranza
Alla fine si sono incontrati. Il Papa e Fidel Castro. Un colloquio riservato, a conclusione di un viaggio importante di Benedetto XVI, che ha lanciato numerosi messaggi. Ecco come i giornali oggi raccontano l’evento.
- In rassegna stampa anche:
- INDIA
- SPAGNA
- CINA
- AFGHANISTAN
- MEDITERRANEO
La visita del Papa compare sulla prima del CORRIERE DELLA SERA solo in un box sopra i titoli di apertura: “Il Papa consiglia i libri a Fidel”. Due però le pagine dedicate alla cronaca e al commento, 16 e 17. “L’ultimo saluto del Papa è per Fidel” è il titolo che apre pagina 16. Scrive l’inviato Gian Guido Vecchi: “«Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani. Hasta siempre, Cuba!». All’aeroporto Benedetto XVI dà il suo «commosso addio» all’isola, richiama in favore dei dissidenti il diritto alle «libertà fondamentali» e insieme deplora l’embargo americano, e insomma riassume nel segno della «concordia», il senso di un viaggio che ha avuto come simbolo l’incontro di mezz’ora con Fidel Castro: la parabola del Líder Máximo volge al termine e la Chiesa guarda già «al domani», il Papa chiede «giustizia e libertà» e «una società di ampi orizzonti, rinnovata e riconciliata», le ultime parole sono un invito a guardare a Dio e al futuro «senza paure né rancori». Fidel Castro e Benedetto XVI si sono visti da soli, a mezzogiorno e mezzo di ieri, nella nunziatura apostolica. Un incontro tra quasi coetanei — Fidel ha 8 mesi di più ed è apparso provato ma in piedi, seppure sorretto — con una battuta del Papa a Castro che smentisce le voci false ma ricorrenti di dimissioni: «Sì, sono anziano ma posso ancora fare il mio dovere». E così conclude: “Il senso della presenza di Benedetto XVI è riassunto in un frase di congedo: «L’ora presente reclama in modo urgente che, nella convivenza umana, nazionale e internazionale, si eliminino posizioni inamovibili e punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l’intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione». Sono la «riconciliazione» e «il rafforzamento della concordia» al centro delle sue preoccupazioni: «Le eventuali discrepanze devono essere risolte ricercando, senza stancarsi, ciò che unisce tutti, con un dialogo paziente e sincero»”. A pagina 17 Rocco Cotroneo: “Castro in cerca della fede «Non è ateo ma non lo dirà»”. “Di un possibile riavvicinamento alla fede di Fidel Castro si parla da anni, un sospetto rafforzato di recente dalle dichiarazioni della figlia Alina (con la quale però il leader cubano non ha rapporti da decenni, la donna vive a Miami), e da un approccio via via più aperto ai temi religiosi nei suoi scritti – racconta Cotroneo – . Anche se, va precisato, sarebbe scorretto parlare di conversione in quanto Castro, nato in una famiglia cattolica e battezzato, non è mai stato scomunicato dal Vaticano, contrariamente a quanto si è supposto per molto tempo. Il religioso a lui più vicino, il frate brasiliano Frei Betto, che lo incontra diverse volte all’anno, non ha mai rivelato dettagli sulle loro conversazioni. Interrogato sulla questione, Betto rimanda sempre al suo noto libro-intervista «Fidel e la religione», datato 1985, un classico della teologia della liberazione, e ammette solo che da allora «l’apertura di Castro per i temi religiosi ha continuato ad aumentare»”.
Foto in prima pagina, su LA REPUBBLICA, per l’incontro tra Benedetto XVI e un Fidel Castro curvo e filiforme, sotto il titolo che riprende un virgolettato del Papa: «Cuba deve cambiare». Benedetto XVI ha sigillato la sua visita a Cuba con «parole sferzanti», «invitando le autorità di Cuba ad apportare profonde modifiche nella società e nella politica», precisando che «il diritto alla libertà religiosa legittima anche che i credenti offrano il loro contributo all’edificazione della società. Quando la Chiesa mette in risalto questo diritto, non sta reclamando alcun privilegio. Pretende solo di essere fedele al mandato del suo divino Fondatore». Il Papa durante la messa, seguita da 600mila persone, ha anche invitato la comunità internazionale a «mutare atteggiamento nei confronti del governo cubano»: la condanna dell’embargo americano, pur senza esplicito riferimento, è tornata anche in serata, al momento dei saluti. Il Papa ha infatti detto che la situazione peggiora «quando misure economiche restrittive imposte dal di fuori del paese pesano negativamente sulla popolazione». Un’intera pagina è dedicata invece al colloquio di mezz’ora tra Benedetto XVI e Fidel Castro, «molto animato», e «a tratti toccante», ma senza alcuna confessione di Fidel né richiesta della comunione. Castro ha chiesto al Papa «cosa fa un Papa?», di mandargli un libro utile per la spiritualità, del rapporto tra fede e ragione, con Ratzinger che «ha collegato le difficoltà che l’umanità incontra oggi con l’assenza di dio (minuscolo nell’articolo, ndr)» e una battuta che liquida tutte le insinuazioni su un Papa pronto a lasciare il timone della Chiesa: «sì, sono anziano, ma posso ancora fare il mio dovere».
IL GIORNALE apre in prima taglio basso con una fotonotizia che ritrae Benedetto XVI e Fidel Castro che si stringono la mano. “Se il Papa addomestica Fidel” il titolo del pezzo di Paolo Rodari che all’interno diventa “La realpolitik di Ratzinger: i fedeli prima della democrazia”. «L’incontro del Papa con Fidel Castro conferma un dato di fatto: pur rispettando e comprendendo le loro sofferenze il Vaticano non vuole in alcun modo salire sul carro degli oppositori al regime: “Nessuno ha il diritto di trasformare le chiese in trincee politiche”, ha detto in un comunicato l’arcidiocesi dell’Avana a riguardo delle tredici persone che hanno occupato qualche giorno fa la chiesa di Nostra Signora della Carità nel centro della capitale chiedendo un incontro col Papa. Perché la “politica” del Vaticano dall’arrivo di Giovanni Paolo II nel Paese nel 1998 a oggi è ed è sempre stata una: non intralciare il regime, guadagnare più spazi di libertà possibili per i fedeli residenti e quindi appoggiare, dove e se è possibile, una transizione morbida che porti il regime verso un qualcosa che assomigli più a una democrazia. È una real politik, quella vaticana, molto apprezzata all’Avana dove, già lo scorso dicembre, Raúl Castro aveva dichiarato a una delegazione della Santa Sede: “Aspetto il Papa con affetto e rispetto”». Nella pagina a fianco Manila Alfano firma “Cuba ha bisogno di cambiare. Il Papa faccia a faccia con Fidel” in cui la giornalista fa il resoconto dell’incontro tra i due: «Finalmente l’incontro. Era questo il momento più atteso. Ieri sera il Papa e Fidel Castro si sono stretti la mano.
“Ratzinger benedice i fratelli Raul e Fidel” questo il titolo dell’articolo che apre pagina 9 del MANIFESTO dedicata al viaggio del Papa a Cuba. La notizia non ha richiamo in prima pagina. “Benedetto XVI celebra la messa in piazza della Rivoluzione e chiede di «avanzare» nelle riforme. Fidel Castro lo incontra ma non si genuflette. E nessun incontro con i dissidenti” si legge nel sommario posto nella fascia grigia in testa alla pagina, mentre nell’occhiello si sottolinea “Il papa chiede che la religione cattolica entri nelle scuole”. Nel presentare l’incontro di Fidel Castro con il papa, verso la fine dell’articolo si legge le brevi parole usate da Castro per annunciare l’incontro con un articolo sul quotidiano del partito comunista «sembrano sottolineare la differenza tra la missione di papa Wojtyla – che aveva suscitato grande interesse e partecipazione nella popolazione cubana soprattutto per l’umanità del personaggio e la sua capacità di parlare, anche con i gesti, agli umili – e la sostanziale freddezza, almeno così l’avvertono molti cubani, dell’atteggiamento di Benedetto XVI (…)». Di spalla un’intervista allo scrittore cubano Miguel Barnet il cui titolo è: “Ok la fine dell’ateismo, ora finisca il blocco Usa”. Tra le affermazioni dello scrittore: «Non penso che si convertirà. Non è necessario. Se cattolico significa universale, Fidel è già cattolico», riferendosi alle ipotesi di conversione di Castro; sui dissidenti: «Che i loro diritti ce li hanno, che possono parlare con la stampa straniera, che le “Damas de Blanco” possono fare le loro marce settimanali… In realtà sono convinto che i loro propositi siano altri, in piena concordanza con la Sezione di interessi Usa, il cui unico compito è quello di stimolare la sovversione interna» E alla domanda se non tema che «prima o poi la chiesa cattolica presenti il conto al governo socialista» risponde «No, il cardinale Jiaime Ortega è molto cubano. E i rapporti tra il governo e la chiesa cattolica è organico, rispettoso, necessario».
IL SOLE 24 ORE dedica un servizio a pagina 17 sull’ “incontro storico” tra il papa e Fidel Castro. Commento a pagina 16 “Dal Papa a Cuba parole di speranza”: «C’è un significato forte nella visita di Benedetto XVI a Cuba ed è il messaggio di speranza che ha consegnato al popolo dell’isola: avanzate sulla via del rinnovamento. Il valore simbolico supera anche l’incontro che Fidel Castro e Joseph Ratzinger – anziani e quasi coetanei – hanno avuto nella giornata di ieri. Per il Vaticano l’embargo internazionale non ha prodotto risultati politici utili, se non accentuare la sofferenza nella povera gente del posto. È dunque una linea di continuità che va cercata in questo viaggio pastorale e parte da quel lontano 22 gennaio 1998, quando il già infermo ma sempre vitale Giovanni Paolo II entrò – primo Pontefice nella storia – nel Palacio de la Revolucion dell’Avana per parlare con il lider maximo. Qualcosa, allora, accadde nell’animo di Fidel e certamente le curiosità e le domande che ha rivolto ieri al successore di Pietro rivelano la fragilità di un uomo che sa di essere al termine dei suoi giorni. Da sempre Cuba – basti pensare all’intervento di Roncalli all’apice della crisi del 1962 – è per la Chiesa una frontiera da cui ribadire la premura per i diritti fondamentali e per la libertà. Auspicando, come accade oggi, una transizione democratica che deve essere favorita da tutta la comunità internazionale».
“Il Papa: Cuba cambi” è questo il titolo di apertura della prima pagina di AVVENIRE che nel catenaccio precisa: “Il richiamo: «In Gesù Cristo la verità su Dio e sull’uomo”. Il quotidiano dei vescovi nell’occhiello di apertura riassume i temi delle tre pagine dedicate all’evento: “Forte messaggio nella Messa conclusiva seguita da 300mila persone all’Avana. Impedito l’accesso a molti dissidenti. Poi l’incontro con Fidel Castro” e nel sommario: “E al suo congedo, nella notte italiana, l’invito affinché nel Paese «convivano giustizia e fraternità». Stamane a Roma”. Al viaggio papale è dedicato anche l’editoriale firmato da Luigi Geninazzi “Dalla Parte della libertà”. «I viaggi del Papa non sono mai facili. Ma di tutte le visite pastorali compiute in giro per il mondo da Benedetto XVI quella che si è conclusa ieri sera a Cuba è stata forse la più difficile, sottoposta continuamente ai rischi di strumentalizzazione politica e seguita con particolare severità dai mass-media internazionali (…)» e più avanti: «Libertà è stato il leit-motiv di questo straordinario viaggio papale dalla Sierra Maestra, luogo simbolo della lotta dei barbudos ma anche cuore del culto mariano alla Virgen del Cobre, fino all’immensa Plaza de la Revolución all’Avana, punto di ritrovo delle adunate di regime che ieri mattina si è riempita di fedeli come già avvenne nel gennaio del 1998 con Giovanni Paolo II. (…)» per concludere «(…) Oltre l’ideologia c’è la prassi. Ma anche qui Benedetto XVI non ha fatto sconti. I suoi frequenti accenni ai detenuti e ai loro familiari, alle persone che «soffrono per la mancanza della libertà», ai cubani dovunque essi siano (quindi anche agli esiliati di Miami che in qualche modo hanno voluto essere presenti, avvicinandosi con le loro imbarcazioni durante le celebrazioni liturgiche officiate dal Papa) sono stati un indiretto sostegno ai dissidenti e a tutti coloro che «preferiscono affrontare la morte piuttosto che tradire la loro coscienza e la loro fede». Il Papa è dalla loro parte». Nelle pagine interne dalla 3 alla 5 in due box si trova da un lato la “denuncia”, ovvero la notizia che la “dittatura impedisce al premio Sakharov Oswaldo Paya di partecipare alla messa” e nel secondo box la notizia sottolineata da Amnesty International che sono “Cresciuti gli arresti degli attivisti per i diritti umani”. Accanto ai discorsi integrali del Papa (pagina 4) a pagina 5 l’apertura è “L’omaggio del vecchio Fidel a Ratzinger”. Nella prima parte vi è l’incontro con Fidel nelle parole del portavoce vaticano Federico Lombardi, mentre nella seconda parte si ricorda l’incontro con Raul Castro. Tra i temi del colloquio resi noti le domande di Fidel sulla nuova liturgia, oltre ad argomenti filosofici e teologici.
«Il Papa vede Castro: più libertà» è il titolo di apertura de LA STAMPA. Il commento in prima pagina è di Enzo Bettiza: «Ciò che, dopo tre lustri, colpisce è il contrasto più che la similitudine nel paragone tra i due incontri papali di Fidel Castro. Nel 1998 il pontefice polacco, promotore della caduta del comunismo, vide un Fidel ancora in piena forma, cordiale, aitante, sicuro di sé e miracolosamente invulnerato dal collasso dei regimi di cui egli e la sua isola apparivano gli estremi caposaldi sopravvissuti nel mare dei Carabi». Ben diverso è invece il clima che ha circondato ieri l’incontro «tra un Fidel Castro ottantacinquenne, malato, sostenuto da guardie del corpo, e il papa tedesco della stessa età. Un papa cauto quanto allusivo nella parola, lento e come frenato nel gesto, quasi preoccupato delle conseguenze che ogni suo passo può produrre sul futuro ruolo della Chiesa a Cuba, sul destino dei cubani dentro e fuori dell’isola, sulle scelte politiche di un’America Latina e cattolica dove spesso il cattolicesimo si è venato, per opera degli stessi prelati, di tinte estremiste. Se per l’estroverso Giovanni Paolo II il soggiorno all’Avana fu una specie di sfida allegra, giocata sul richiamo televisivo, ritenuta da lui medesimo di limitato effetto politico, per l’introverso Benedetto XVI il viaggio cubano è stata forse la missione più delicata e difficile che abbia compiuto negli anni del suo papato». Andrea Tornielli invece commenta: «Superato il test del viaggio, sfuma l’ipotesi delle dimissioni». Scrive il vaticanista: «È vero che Benedetto XVI ha detto di considerare la possibilità delle dimissioni. Ipotizzare però che rinunci per rilanciare il suo stesso magistero e magari influenzare la successione, rappresenta una prospettiva lontanissima sia dalla sensibilità di Ratzinger sia dalla tradizione della Chiesa. Il Papa che alla vigilia degli 85 anni ha avuto la forza di trascorrere una settimana tra Messico e Cuba può ancora «fare il suo dovere». E sono in molti a ritenere che proprio nella debolezza e nel richiamo all’umiltà, il papato «penitenziale» di Benedetto XVI manifesti la sua forza profetica nel tempo presente».
E inoltre sui giornali di oggi:
INDIA
REPUBBLICA – La Bbc intervista Paolo Bosusco, ancora ostaggio dei maoisti In India. «Sono gentili, mi trattano bene, sopravviverò». Dice che «non avrebbero dovuto rapirmi, sono onesto e non sono qui per disturbare niente e nessuno. Se il governo mi rimpatrierà mi sarà fatta un’ingiustizia due volte».
SPAGNA
MANIFESTO – “Lezione spagnola” è questo il titolo di apertura del MANIFESTO dedicato allo sciopero generale di oggi. “La Spagna oggi si mobilita contro la riforma del lavoro e per i diritti, con l’appoggio di Susanna Camusso e delle confederazioni europee. Il segretario generale delle Comisiones Obreras Toxo: «Sarà il più grande sciopero generale della nostra storia». E in Italia il 13 aprile sindacati uniti in piazza contro la legge sulle pensioni” è il sommario che rinvia a pagina 6 che si apre con il titolo “Lo sciopero per tutti”, mentre di spalla si può leggere “La posta in gioco è la democrazia” che ricorda come ieri a Madrid “c’erano Camusso e i dirigenti dei sindacati europei, un primo segnale di svolta”. La tesi è esplicitata nelle prime righe «Lo sciopero generale di oggi in Spagna si tiene in un contesto paradigmatico: con un’evidenza che non potrebbe essere maggiore emerge la natura della crisi democratica in cui versa l’Europa contemporanea» e si conclude auspicando uno sciopero generale europeo «l’unica risposta forse davvero all’altezza della sfida che ha di fronte la democrazia del nostro continente»”.
CINA
REPUBBLICA – Mentre ieri campeggiava l’esultanza per la Cina pronta a investire in Italia, oggi la copertina di R2 è dedicata alla “frenata del dragone”, titolo che alla pagina dopo diventa anche più esplicito: “Cina nel cuore della crisi”. Si tratta di un viaggio nelle fabbriche del Guangdong, che per 20 anni ha trascinato la produzione mondiale. Oggi le aziende mandano via gli operai e fuggono all’estero, preferendo acquistare tecnologia e investire in innovazione. Negli ultimi sei mesi, sono stati licenziati 4 milioni di migranti sono nel Guangdong. «La Cina sta perdendo il monopolio della competitività sul lavoro a basso costo. Le prime vittorie sindacali si rivelano un’illusione: le aziende, colpite da aumenti di stipendi tra il 15 e il 38%, ridelocalizzano altrove e in massa», scrive Giampaolo Visetti. E spiega che mentre in Occidente «andava di moda l’immagine di una crescita infinita cinese», un miliardo di persone, lì, «non si è accorta di essere diventata ricca prima e non capisce come si possa diventare più poveri adesso».
AFGHANISTAN
AVVENIRE – L’apertura di pagina 14 è dedicata al rapporto di Human Right-Watch che denuncia la condizione delle donne afghane: “Anche chi subisce uno stupro finisce spesso in galera per «adulterio»” sottolinea il sommario, mentre il titolo è “Kabul, 400 donne ancora in carcere per «reati morali»” nel secondo sommario si osserva “L’accusa è spesso di abbandono del tetto coniugale: unico modo per sfuggire all’orrore. La nascita di una bimba è una «disgrazia». Così crescono vestite da maschietti”.
MEDITERRANEO
ITALIA OGGI – La primavera araba non ha fatto bene agli investimenti stranieri nei paesi del Mediterraneo. Il pezzo “ I grandi fondi snobbano l’area del Mediterraneo” riporta i dati resi noti da Amina Investment Network sul numero dei progetti negli 11 paesi dell’area sud del Mediterraneo. In generale, tra il 2010 e il 2011 la flessione è stata del 24.6%. Il Marocco registra un -27,6%, la Tunisia il 32,7%, Israele il 33,3%, Egitto -54.9%, Libia – 60%. Si salva l’Algeria con un -3%.
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