Mondo

L’odio che non finisce mai

La strage di Tolosa riapre un'antica e mai sopita paura

di Franco Bomprezzi

Strage alla scuola ebraica. Tolosa incredula, la Francia in lutto, il mondo in allarme per un gesto folle che rilancia antiche paure. Ecco come i giornali raccontano e commentano i fatti.

La prima del CORRIERE DELLA SERA si divide a metà, in verticale, tra i temi del lavoro e la strage di Tolosa, che occupa la spalla: “Il killer che angoscia la Francia” è il titolo corredato da una grande foto di dolore, un padre e un bambino ebrei che si abbracciano piangendo.  La cronaca apre pagina 2. Scrive Stefano Montefiori: “Poco prima delle 8 del mattino ci sono decine di bambini davanti alla scuola. I più piccoli aspettano con i genitori lo scuolabus che li porterà nella scuola materna ed elementare poco lontana, gli altri con calma entrano nelle classi. Arriva lo scooter, un potente Yamaha T-Max di colore bianco. Scende un uomo alto, dal fisico imponente. Si avvicina e apre il fuoco. I primi a cadere sono un insegnante di religione franco-israeliano di 30 anni, Jonathan Sandler, con i suoi figli Gabriel e Arieh di 4 e 5 anni. Jonathan ha cercato di proteggere i bambini con il suo corpo. Non è servito”. Un folle serial killer: “Domenica 11 marzo, qui a Tolosa: il sergente Imad Ibn-Ziaten, 30 anni, paracadutista, in borghese, è stato ammazzato in pieno giorno. L’assassino dello scooter prima di ripartire si è scontrato con una donna che usciva dalla farmacia, la visiera del casco si è alzata e la testimone ha raccontato che l’uomo aveva una cicatrice o un tatuaggio sulla guancia sinistra. Pochi giorni dopo, il 15 marzo nella vicina Montauban, sede del 17esimo reggimento dei paracadutisti, tre militari sono di nuovo finiti sotto i colpi dell’uomo in scooter: due di origine maghrebina, il terzo antillese. Abel Chennouf, 25 anni, e Mohamed Legouad, 23, sono morti praticamente sul colpo; l’altro, Loic Liber, 27 anni, di colore, originario della Guadalupa, lotta in ospedale tra la vita e la morte, una pallottola piantata nella spina dorsale. La stessa pistola calibro 11.43 ha sparato nei tre agguati, «stiamo dando la caccia a un unico assassino», ha confermato in serata il presidente Nicolas Sarkozy. Davanti alla scuola il killer aveva cominciato a sparare usando un’altra pistola, una calibro nove che si è inceppata. È stato costretto così a usare l’arma già utilizzata contro i paracadutisti”. Interessante l’intervista di Maria Serena Natale: “«La Francia non è un Paese antisemita ma l’ultimo decennio ha visto montare l’ostilità verso gli ebrei, la politica non ha saputo riconoscere e condannare il fenomeno». Per Georges Bensoussan, storico ebreo francese di origini marocchine, tra i massimi studiosi di antisemitismo ieri a Milano per il seminario sulla banalizzazione della memoria organizzato dall’Associazione Figli della Shoah, «l’ossessione antisemita sopravvive in quella parte del mondo arabo musulmano ferma a modelli arcaici e trova terreno fertile nei Paesi occidentali dove la demonizzazione sistematica di Israele è diventata un modo di esorcizzare il senso di colpa per gli orrori del passato»”. Il commento è di Pierluigi Battista, a pagina 3: “Si tende sempre a non crederci, a non prendere atto della realtà. A non evocare l’antisemitismo come veleno permanente, reso ancora più aggressivo quando si traveste da verbo antisionista. Contro l’ebreo si incontrano tutti gli estremisti, tutti i fanatici, tutti quelli che considerano la democrazia un vizio da sradicare. Quando nel 1982 vennero presi di mira in tutta Europa i cimiteri ebraici, le sinagoghe, le scuole israelitiche, i luoghi di culto degli ebrei, gli eredi del nazismo trovarono convergenze e appoggi tra chi, durante la guerra del Libano, predicava insieme la distruzione dello Stato di Israele e degli ebrei, fisicamente. Fu in quei giorni che in Italia, il 9 ottobre del 1984, un piccolo bambino ebreo, Stefano Gay Taché, venne assassinato da un commando di terroristi mediorientali mentre usciva insieme alla sua famiglia dalla sinagoga Maggiore di Roma per celebrare l’ultimo giorno della festa di Sukkot. Assassinato perché era un ebreo: vittima di un odio assoluto e inestinguibile. E altri bambini ebrei feriti, altri adulti ebrei tra la vita e la morte. Una ferita nella coscienza nazionale che non si è ancora rimarginata. Pochi anni dopo, sull’Achille Lauro, nave italiana, un vecchio signore paralitico di nome Leon Klinghoffer venne ucciso da un commando di terroristi palestinesi. Non stava bombardando Gaza, stava in crociera con sua moglie. Ma doveva essere «punito» perché ebreo”. Intanto in Francia si dà la caccia a parà nazisti, come scrive Montefiori a pagina 5: “Oggi i tre ex soldati neonazisti sono ricercati perché almeno uno di loro potrebbe essere abbastanza razzista, abbastanza addestrato, abbastanza pazzo vendicativo per uccidere in otto giorni sette cittadini francesi a suo giudizio non abbastanza tali: gli ebrei davanti alla scuola e i tre ex commilitoni, di origine nordafricana come l’uomo da cui fu denunciato. L’orrore di questi giorni potrebbe essere quindi la paranoica vendetta di un neonazista — infuriato con il reggimento che lo allontanò — contro gli ex commilitoni di origine straniera e, in un’ escalation di delirio razzista, contro gli eterni nemici ebrei”. Infine, nella pagina delle Idee, la 46, il commento di Bernard-Henri Lévy: “Avviso ai piromani della difesa di una «identità nazionale» intesa come entità chiusa, timorosa, che si nutre di risentimento e di odio: è il contratto sociale a essere ucciso in una strage di questa sorta; è la base stessa del vivere insieme che, quando si scatena simile follia, vacilla e viene meno. Non c’è peggiore offesa alla nostra cultura, all’anima del nostro Paese, alla sua Storia e, tutto sommato, alla sua grandezza, del razzismo e, oggi, dell’antisemitismo”.

“Orrore a Tolosa nella scuola ebraica strage di bambini, pista neonazista”: è il titolo per la fotonotizia de LA REPUBBLICA. I servizi all’interno, da pagina 2 alla 4. «Cosa volete che vi dica? Andate a chiedere al padre che ha visto sua figlia ammazzata con un colpo di pistola alla testa»: sono le parole di un impiegato della scuola di Tolosa sul massacro di 3 bambini, del padre di uno di loro e del ferimento di un 17enne. A massacrarli un uomo poi fuggito con uno scooter. «Un massacro antisemita che getta una nuova luce sull’uccisione dei tre soldati, due maghrebini e un antillese, e che spinge gli inquirenti a privilegiare la pista neonazista mentre il mondo, dagli Stati Uniti a Israele, esprime emozione e condanna», scrive l’inviato Giampiero Martinotti, sottolineando che un’arma è stata usata nelle due stragi. Le telecamere hanno ripreso i movimenti del killer. Che ha agito con calma e determinazione. «Ha il casco e la visiera tirata giù. Lo si vede andar via veloce. È calmo, come qualcuno che uccide un animale», commenta la presidente del consiglio ebraico della regione che ha visto i filmati. Sul killer gli investigatori hanno cominciato già da ieri a lavorare. «Iniziamo col dire cosa non è. Non è un semplice folle. Se fosse un assassino improvvisato, uno che spara per strada alle prime persone che incontra, quasi certamente non si sarebbe portato due pistole. Non è nemmeno inesperto. Dalle testimonianze… emerge che maneggiava le armi con dimestichezza e probabilmente aveva pianificato la strage nei dettagli», commenta un investigatore. Le indagini sono orientate sui paracadutisti espulsi tempo fa per simpatie naziste. “L’Europa antisemita” è il titolo del commento di Marek Halter. La crisi acuisce i contrasti e i pregiudizi. «Nella campagna per le presidenziali alcuni leader hanno proposto un controllo più severo delle frontiere per fermare “l’invasione” di rom o di extracomunitari nordafricani, accusati di chissà quali reati. Il risultato di questa campagna xenofoba è stato devastante, soprattutto se si guardano le cifre degli atti razzisti e antisemiti che sono aumentati del 150%».

“Strage di bimbi ebrei; vittime del cancro razzista” è il richiamo in prima de IL GIORNALE sulla tragedia francese. Il pezzo è a cura di Fiamma Nirenstein che scrive «Che cosa resta da dire, in Europa, patria della Shoah, quando un uomo va a sparare ai bambini ebrei che entrano a scuola? E forse non ci è noto, semmai l’assassino sia lo stesso che ha fucilato nei giorni scorsi tre paracadutisti di origine straniera, il nesso fra uccidere gli ebrei e chiunque egli ritenga inferiore rispetto alla sua immagine pazzoide di società pura? Un tipo come lui non ha già buttato nei campi di concentramento, insieme agli ebrei, anche gli zingari e gli omosessuali? Forse che l’Europa non sa a memoria come sia facile ignorare millenni di civilizzazione per fare di sé una miserabile belva, stavolta una belva in motocicletta, che va a caccia di ragazzi maghrebini prima e poi di bambini ebrei?». Per la giornalista non si tratta di un caso isolato o solo francese «La Francia somiglia al resto d’Europa, quella della Norvegia di Breivik, o all’America del soldato John Allen Muhammed, idioti feroci l’uno pieno d’odio contro la globalizzazione, l’altro contro la civiltà occidentale in nome dell’Islam. Tuttavia se è vero che il 28 per cento dei francesi pensa che gli arabi siano più propensi a commettere crimini, il 49 pensa che gli immigrati sono più abili nello sfruttare il sistema sociale dei nativi francesi e il 15 per cento ammette di essere un po’ razzista… pure la patologia della violenza in questi casi è limitata. Ciò che ha creato in questi anni sangue, botte, aspirazione al genocidio fino a uccidere dei bambini che vanno a scuola è l’antisemitismo, sempre in crescita in questi anni in Europa. La Shoah non ha curato la malattia di fondo del continente, l’odio più antico che si è eccitato con l’avvento di un’immigrazione islamica talora ancora più antisemita, come ci ha ricordato da noi la preparazione dell’attacco alla sinagoga di Milano da parte di un ventenne marocchino, e tanti altri episodi». All’interno Manila Alfano firma la cronaca dell’accaduto “Insegue e uccide 3 bambini ebrei. È caccia al serial killer solitario”. In taglio basso invece le reazioni. La prima arriva da Israele “Rabbia e choc in Israele. Gaffe di Ashton: come Gaza” la seconda è interna “Si ferma la corsa all’Eliseo. Le Pen: ora niente politica”. 

“Il ghetto d’Europa” è questo il titolo scelto dal MANIFESTO che sovrasta la foto di un bambino della scuola ebraica di Tolosa in lacrime. “L’uccisione di tre bambine e di un insegnante franco-israeliano davanti a una scuola ebraica di Tolosa scuote la campagna elettorale francese e indigna il mondo. A sparare sarebbe stata la stessa mano che nei giorni scorsi ha colpito a morte tre militari di origine maghrebina. Massima allerta anti-terrorismo. Le indagini puntano sulla pista neonazista” riassume il sommario che rinvia a pagina 5, interamente dedicata al tema. Si apre il con l’ipotesi degli inquirenti “I parà e la scuola ebraica Due stragi per un killer”. In un box in basso si dà conto delle reazioni italiane, ma il titolo è su “Borghezio anti-islamisti: «Cacciamoli dall’Europa»” e un altro box è dedicato a “Razzismo – In Italia la moglie di Modou, il sengalese ucciso a Firenze”. In prima pagina l’editoriale di Alessandro Portelli è intitolato “Killer di razza”. Vi si fa emergere il fil rouge che lega quanto successo in Francia, Norvegia, Afghanistan e anche in Italia a Firenze e si prosegue «(…) La paranoia razzista è ossessionata dall’idea della purezza, dell’identità immutabile e assoluta (…) In Furore di Steinbeck – romanzo di un’alta crisi – un contadino espropriato dalle banche cerca di capire chi è stato a portargli via la terra, e si accorge che sono poteri impersonali, senza volto. “A chi possiamo sparare?” si chiede, desolato. I razzisti, gli antisemiti, i neonazisti di oggi a chi sparare lo sanno benissimo – non alle banche senza nome, ma a persone in carne e ossa che inquinano la purezza etnica e religiosa e che oggi ancor più di sempre sono additate come la causa di tutti i mali – il “complotto ebraico”, i migranti che “portano via il lavoro”, i rom che “sono nomadi, e allora continuino a migrare e vadano via di qui” –  e nell’onda ormai lunga dei femminicidi nostrani, ci metterei le donne che non vogliono stare “al loro posto” (…)» e più avanti «(…) non c’è razzismo che non finisca per diventare antisemitismo (…)».

IL SOLE 24 ORE dedica un trafiletto in prima alla strage in Francia “strage alla scuola ebraica, Francia sotto choc” e un pezzo di cronaca a pagina 23. In appoggio un focus sulle ricadute della strage sulla campagna presidenziale “Sconvolta l’agenda della campagna per le presidenzialI”: «Una pausa. Di rispetto, ma anche di riflessione. Ben sapendo che una simile tragedia lascerà il segno. Che la campagna elettorale certo riprenderà, ma che nulla sarà come prima. E che i temi dell’integrazione, della convivenza pacifica tra comunità, prenderanno in qualche modo il sopravvento, diventeranno più importanti di quanto non lo siano stati finora. Nei prossimi giorni la politica sarà chiamata a dare delle risposte. A chi vuol sapere perché la questione della carne halal (e kasher) a un certo punto è diventata un argomento di scontro. Perché prima o poi, per andare a caccia di consensi, viene sempre rispolverato il dossier dell’immigrazione. Perché a cinquant’anni dalla firma degli accordi di Evian, il 18 marzo 1962, l’Algeria è ancora una ferita sanguinante. Perché si è dovuto aspettare il 1995 per sentire un presidente francese assumersi la responsabilità delle retate di ebrei durante l’occupazione nazista. Forse questo non c’entra, con l’uomo dello scooter. Ma in simili circostanze è inevitabile che il vaso di Pandora di tutti i fantasmi, di tutti gli incubi sulla razza, sulla religione, sulla diversità si riapra. Che i ricordi vadano agli attentati parigini degli anni Ottanta contro gli ebrei. Quello della sinagoga di Rue Copernic, il 3 ottobre 1980, con 4 morti e 46 feriti. E quello del ristorante Goldenberg di Rue des Rosiers, nel cuore del Marais, con 6 morti e 22 feriti. Si parlò dell’estrema destra, allora. Poi si stabilì invece che la pista giusta era quella mediorientale. Ma gli autori di quelle due stragi non sono mai stati identificati. In Francia ci sono circa 500mila ebrei, 25mila dei quali a Tolosa. Che chiedono, come i musulmani, di vivere in pace. In un Paese che non riscopra periodicamente i problemi di convivenza tra comunità etniche, religiose, culturali diverse. Cosa succederà alla campagna elettorale lo si vedrà nei prossimi giorni. Ma il sangue dei bambini di Tolosa ha ormai imposto nuove priorità: le fratture e il futuro di una società invece degli spread e della deindustrializzazione».

Il massacro a Tolosa nella scuola ebraica (questo è il titolo di AVVENIRE) è «un atto orribile e ignominioso» per padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, che suscita «profonda indignazione, sconcerto e la più risoluta condanna». In Francia la condanna è unanime, con la sospensione dei comizi elettorali, un minuto di silenzio nelle scuole oggi e una veglia di preghiera nella cattedrale di Notre Dame in contemporanea alla preghiera nella sinagoga, ieri sera. La comunità ebraica francese, con mezzo milione di fedeli, è la più numerosa d’Europa e la terza al mondo dopo Israele e Usa: gli ebrei francesi sono soprattutto sefarditi e mizrahi, ossia originari del Nord Africa e dell’area mediterranea. La pista neonazista è «credibile» per il sociologo Laurent Mucchielli, del Cnrs, anche se «queste azioni devono essere distinte dagli attentati a puro carattere terroristico, in questi casi abbiamo a che fare con squilibrati mentali sprofondati in un delirio di persecuzione costruito attraverso un immaginario di tipo neonazista».

 Equamente divisa in due la prima pagina della STAMPA che apre sui temi del lavoro e della trattativa in corso “Lavoro, pressing di Napolitano: grave se non c’è l’intesa” questo il titolo, mentre a destra di spalla una grande foto si va sui fatti di Tolosa “Strage alla scuola ebraica, pista neonazista”. Sempre in prima prendono il via sia il reportage di Alberto Mattioli “Con l’arma in pugno dentro le aule” sia il commento di Elena Loewenthal “L’antico demone che risveglia l’orrore”. Che nell’incipit osserva «La strage di Tolosa ha lasciato muta l’Europa e inorridita Israele. Prima di ogni giudizio, prima di una riflessione che non potrà ne dovrà mancare, pesa su tutto lo sgomento (…)». Quattro le pagine dedicate ai fatti di Tolosa (dalla 14 alla 17) dove si possono leggere accanto alle cronache anche degli approfondimenti su: “Il cuore nero dell’odio resiste nella République” dove il catenaccio sottolinea “Dal tradizionale nazionalismo ai nuovi rancori dei musulmani”, mentre a piè di pagina 15 si ricorda la pista che lega la strage di Tolosa agli omicidi dei paracadutisti di Montauban “Pista neonazi porta alla caserma dei parà”. Un’intera pagina (la 16) è invece dedicata ai killer solitatri “Le follie solitarie dei malati di odio” con il catenaccio che tira il filo di collegamento tra l’isola di Utoya alle bombe di Atlanta “razzisti, suprematisti imbevuti di ideologia: un filo comune lega gli assassini”. L’ultima delle quattro pagine è dedicata all’intervista alla vedova di Modou, ucciso a Firenze lo scorso dicembre durante la strage dei senegalesi. 

E inoltre sui giornali di oggi:
 
LIBIA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per “Amnesty accusa la Nato: «Civili uccisi nei raid»” a pagina 8 che apre sugli scontri di Damasco, l’articolo è in un ampio box di taglio centrale in cui l’occhiello segnala “Debole e sprezzante la risposta dell’Alleanza” mentre il titolo punta l’obiettivo su: “Durissima accusa di Amnesty alla Nato per le vittime civili”. Nel sommario si sottolinea “Per almeno tre rai su obiettivi civili con donne e bambini uccisi, «non ci sono spiegazioni»”. Nell’articolo si presenta il documento di Amnesty International dal titolo “Libia: vittime dimenticate degli attacchi aerei della Nato”. 

RAZZISMO E ZEMAN
ITALIA OGGI – Goffredo Pistelli firma “Rifiuti, paga Zeman” in cui spiega «C’è molto di più di un insulto razzista nel «mezzo rom» con cui il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, ha apostrofato l’allenatore del Pescara calcio, Zednek Zeman. Oltre all’intuibile questione campanilistica fra il capoluogo teatino e quello pescarese, divisi da 19 chilometri di strada, infatti, c’è una forte tensione infrapidiellina fra Di Primio e il suo omologo pescarese, Luigi Albore Mascia. Vicende che c’entrano poco con l’antefatto calcistico: il commento, in una tv locale, alla candidatura del trainer pescarese alla vittoria del Premio Prisco, istituito da un’azienda agricole di Bolognano (Pescara). Sarà infatti il sindaco di Chieti che, il prossimo 7 maggio, nel teatro Marruccino premierà il vincitore scelto da una giuria presieduta da Sergio Zavoli. «Non consegnerò il premio a un mezzo rom come Zeman», ha infatti detto Di Primio. A dividere i due primi cittadini c’è, da tempo, la vicenda dei rifiuti di Pescara. La cittadina adriatica è entrata in crisi sullo smaltimento, avendo dovuto chiudere la discarica di Colle Cese. Ma quando Albore Mascia s’è rivolto al dirimpettaio Di Primio, per stornare su Chieti un po’ di spazzatura e utilizzare la discarica teatina di Casoni, si è sentito opporre un no vibrato. Al che il sindaco pescarese s’è appellato pubblicamente al governatore regionale, Giovanni Chiodi, che, oltretutto, è pidiellino come loro, ricordando che Pescara si era sacrificata accogliendo i rifiuti di Teramo, quando anche quella città aveva vissuto analoghi problemi di smaltimento». 

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