Cultura

Caro Clini, ecco dove stai sbagliando

Una lettera aperta di Franco Manzato, assesore veneto all'Agricoltura

di Redazione

Dopo le parole del ministro Clini l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto, Franco Manzato, si dice d’accordo nella necessità di fare una riflessione seria sugli Ogm «E perché sia seria e tratti di interessi dell’agricoltura e della ricerca nazionale, per prima cosa lasciamo fuori le multinazionali e i loro interessi», aggiunge Manzato nell’accetare la sfida di Clini, «che ritengo persona intellettualmente libera, ma che mi pare non conosca le implicazioni economiche della questione. Perché di questo si tratta: vogliamo un futuro per l’agricoltura italiana e le sue imprese? E se lo vogliamo, quale futuro dobbiamo ricercare: quello che dà immagine e profitto alle imprese agricole e al made in Italy? Oppure pensiamo che il settore produttivo sia una variabile indipendente rispetto alle multinazionali sementiere, che fanno in borsa i prezzi delle commodities, e all’agroalimentare, il cui unico interesse è pagare poco le materie prime, dovunque provengano, e vendere a caro prezzo i prodotti lavorati?».

Il titolare dell’agricoltura veneta scrive una sorta di lettera aperta al ministro Clini nella quale si legge: «Ho cercato di sintetizzare per spiegare che, per quanto mi riguarda, non c’è una prevenzione ideologica nei confronti degli Ogm ma ho il terrore che la dipendenza dei nostri agricoltori da prodotti Ogm generici e brevettati (ma come si fa? Chi ha reso possibile brevettare il Dna?) porti alla loro lenta ma inesorabile fine, perché la convenienza a produrre gli Ogm è propria dei Paesi dove lavoro e terra costano poco, non quella di agricolture evolute e tipiche il cui plusvalore sta nel territorio di produzione. Di più, e non è uno scenario da fantascienza perché è già in atto, vogliamo una società dove l’alimentazione diventi una pura e semplice questione di calorie e di equilibri biochimici, e non di gusto, soddisfazione e tradizione? Traslato: vogliamo fare la fine dei nostri cani alimentati salutisticamente a crocchette informi e dal sapore tutto eguale? Anche questa è una prospettiva».

«Però una nostra ricerca e produzione Ogm potrebbe esserci utile: in Italia abbiamo molti terreni incolti e abbandonati per i quali potrebbe essere utile ricercare e sperimentare coltivazioni specifiche che consentano la manutenzione del suolo, con produzione di biomasse utili a scopi non alimentari. Se invece vogliamo gli Ogm a scopo alimentare, è bene che sappiamo che nel resto del mondo se ne producono già e a poco prezzo, e che produrli qui non sarebbe mai conveniente E prima di fare l’esempio del Giappone, vediamo di prevenire le evenienze che li possono giustificare».

E prosegue: «Caro Clini non cerchiamo di confondere la tipicità con gli Ogm brevettati, prodotti da aziende che ‘vogliono’ imporli all’agricoltura e che riguardano sostanzialmente le commodities: il nodo è qui, ed è esiziale per la nostra agricoltura e le nostre imprese. Tu parli di grano duro; bell’esempio, ottimo: sappi che a causa delle politiche speculative imposte dalle grandi imprese di lavorazione, il nostro Paese ha perso circa 500 mila ettari di coltivazione. Si importava dall’estero e si immetteva il prodotto sul mercato al momento del raccolto per abbattere il prezzo nostrano. Il gioco è perfettamente riuscito, al punto che oggi c’è chi sostiene che l’Italia non può essere autosufficiente nel grano duro. Certo che no, visto che la sua produzione è, per questi motivi, in continuo calo. E così via. Io non voglio che questo si possa ripetere per il resto della nostra agricoltura, Ogm o non Ogm».

«E poi, per favore, da questo discorso lasciamo fuori la questione della fame nel mondo: gli Ogm sono più coltivati laddove c’è più fame e il loro impetuoso ingresso nei paesi del terzo mondo ha reso i loro abitanti ancora più poveri e affamati proprio perché ha tolto loro la terra e il poco cibo che avevano, per produrne di diverso e su grandi estensioni divenute di proprietà altrui, che però non resta sul posto, ma viene esportato, tutto, laddove viene pagato meglio dai Paesi ricchi» sostiene Manzato che conclude: «Da ultimo, mettiamo pure qualche dubbio sulla salubrità delle produzioni Ogm: il salutismo non è il fine di queste colture geneticamente modificate, ma semmai un effetto collaterale rispetto ad altri scopi che sono più produzione a minore costo in termini di mezzi tecnici (concimazioni, fitofarmaci, conservanti). Di sicuro in Germania un mais geneticamente modificato e ‘garantito’ ha provocato casi di tumore al fegato in cavie da laboratorio. Ecco teniamo presente che nessuno di noi vuole fare da cavia sana per interessi altrui. In ogni caso chiederò al Coordinatore della Commissione Politiche Agricole Dario Stefano di mettere la questione Ogm al prossimo incontro tra gli assessori regionali all’agricoltura».

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