Politica
Grecia, salvataggio capestro
Forte riduzione del debito, ma ad Atene restano le macerie
La Grecia evita la bancarotta, il peggio dal punto di vista della finanza internazionale sembra passato, ma la situazione della gente, nel Paese ellenico, resta gravissima. Ecco come i giornali oggi raccontano la ristrutturazione del debito greco.
Il CORRIERE DELLA SERA apre con la vicenda dell’uccisione dell’ostaggio italiano in Nigeria e riserva il titolo a una colonna di spalla al caso greco: “Atene salva: il sollievo (e i conti) per Roma” di Federico Fubini, commento che prosegue a pagina 6, ma già la sua prima frase è illuminante: “Un quotidiano greco ha ritratto Angela Merkel in divisa da anni 30. Eppure un rapido calcolo sul retro di una busta racconterebbe una realtà diversa sul Paese che ieri è stato al centro della più grande ristrutturazione di debito della storia. Se si sommano i due pacchetti di aiuti varati, ogni cittadino greco riceve dall’Europa (e dal Fondo monetario) 22.400 euro. Ogni cittadino italiano che paghi l’Irpef presta ad Atene circa 850 euro”. I servizi a pagina 5. “Grecia, il grande scambio dei titoli, Atene dimezza il debito e si salva”. Scrive da Bruxelles Luigi Offeddu: “I bond in possesso di banche, compagnie di assicurazione e fondi di investimento ammontano a circa 206 miliardi (una somma che sale altri 60 miliardi e oltre se si sommano i titoli in mano alle banche centrali). Se davvero — come sembra — i creditori hanno accettato di scambiarli con nuovi titoli, rinunciando al 53,5% del valore nominale e al 75% di quello reale, questo vorrà dire che gli oltre 350 miliardi dell’immenso debito greco verranno alleggeriti di circa 107 miliardi. Sui nuovi titoli (ancora non esistono, ma secondo il «Wall Street Journal» le grandi banche avrebbero già messo in piedi un «mercato grigio» dove scambiarli) l’Europa ha comunque imposto delle garanzie di sicurezza: saranno emessi sotto l’egida non della legge greca ma di quella britannica, una legge più favorevole ai creditori e che impedirebbe al Parlamento greco di rovesciare il tavolo con un futuro «default». Con tutto ciò, niente sarà facile negli anni che attendono la Grecia: proprio ieri è stato comunicato che il suo tasso di disoccupazione è arrivato al 21%, il doppio di quello registrato in media nella zona euro”. Che cosa significa per gli italiani? Lo spiega nel dettaglio Giovanni Stringa: “A livello europeo, il totale dei titoli ellenici in possesso di risparmiatori «retail» (più o meno piccoli) vale circa 16 miliardi … di questi 16, un miliardo e 200 milioni dovrebbe avere un proprietario italiano”.
LA REPUBBLICA apre sulla morte dell’ingegner Lamolinara (“Nigeria, ucciso ostaggio italiano”) e di spalla riferisce circa l’economia: “La Grecia è salva Borse in festa lo spread sotto 300”. i servizi da pagina 6: Atene annuncia che c’è l’accordo sul debito (sarà pagato con un taglio del 53% sul valore nominale) e quindi che il paese è salvo. Soddisfazione delle borse e dei governi (anche di quello italiano). Bene dunque la riduzione dello spread fra i titoli tedeschi e quelli italiani: consentirà un risparmio stimato attorno ai 50 miliardi. Ulteriori risparmi verrebbero, il premier ne è convinto, da una buona riforma del lavoro. Sulla Grecia un dossier a pagina 9: “Banche, speculatori, obbligazionisti ecco tutti i costi del salvataggio”. «Meno 25-30% gli stipendi. Età pensionabile da 58 a 67 anni, cinque anni di recessione di fila… e disoccupazione giovanile raddoppiata al 51,1%. I cittadini greci hanno già pagato un conto salatissimo» scrive Ettore Livini, «lo swap chiuso ieri sera – destinato a tagliare da 206 a 107 miliardi il debito privato di Atene – ha caricato un po’ del costo del salvataggio anche sulle spalle dei mercati finanziari». Le banche comunque si consolano con i soldi Bce, mentre gli hedge fund scommettono sul default e i risparmiatori mondiali non sono disponibili al salvataggio. Uno dei capitoli più delicati dello swap è la previdenza: che ne sarà delle pensioni dei greci investite in titoli di stato? Subiranno un taglio del 75%? alcuni fondi pensioni nazionali hanno accettato la proposta del governo, altri no. Nei prossimi giorni si capirà chi ha fatto la scelta giusta.
Non c’è la Grecia nella prima pagina del MANIFESTO che oggi è completamente dedicata allo sciopero della Fiom con una grande fotografia che ingloba la stessa testata (in bianco a sfondare l’immagine). Anche i quattro richiami extra sciopero sono dedicati ad altro dalla Nigeria ai marò. Per trovare la situazione greca occorre arrivare a pagina 8 dove la notizia apre con il titolo “Un successo, dice Atene”. «L’andamento di ieri delle borse è stato un chiaro segnale che i mercati ci sperano. Anzi sono fermamente convinti che il concambio dei titoli pubblici greci sarà un successo. (…)» Il resto dell’articolo è tutto un susseguirsi di percentuali e conti. Con l’ultima delle due colonne di articolo che è un riassunto dell’andamento delle borse di ieri e dell’oscillazione dello spread. Sulle ricadute sull’economia interna della Grecia, la sua popolazione ecc. non una parola.
“Atene passa il test: via ai nuovi bond”. È il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE. A pagina 3 l’analisi di Isabella Buffacchi “I mercati festeggiano e ora guardano a Lisbona”: «Che bello! La comunità finanziaria internazionale, i fondi pensione e le banche greche, i piccoli risparmiatori e i grandi speculatori, insomma tutte le categorie dei privati detentori di titoli di Stato greci, si sono messi diligentemente in fila per aderire spontaneamente in massa (a tanto equivarrebbe una partecipazione “volontaria” allo swap greco del 75% e più) per accollarsi qualcosa come 100 miliardi di euro di perdite. Uno sforzo lodevole anche se, come oramai sanno persino le pietre del Partenone, non è risolutivo ai fini di salvare definitivamente la Grecia dal baratro del default disordinato. L’attesa della conferma della “buona” novella sul concambio ha contribuito ieri a riportare temporaneamente lo spread tra BTp e Bund sotto la soglia dei 300 punti. Ma perchè un haircut argentino nel cuore dell’Eurozona, imposto sul debito di uno Stato membro della moneta unica, sarebbe poi una tale gran bella notizia? Nell’immediato, i mercati hanno deciso di accontentarsi. Per ora basta apprendere oggi in via ufficiale che la Grecia e l’Eurozona si sono messi d’accordo per non esercitare in via retroattiva le clausole di azione collettiva (Cacs) introdotte nei giorni scorsi nei titoli di Stato soggetti alla legge greca, clausole che hanno il potere di imporre dall’alto l’haircut sul 100% dei bond domestici ellenici. Nella speranza di veder scongiurato il pericolo dell’attivazione del credit event e del trigger sui credit default swap della Grecia, causato dall’uso delle Cacs, i mercati ieri hanno provato a tirare un sospiro di sollievo. Nel medio-lungo periodo, i mercati stanno iniziando a metabolizzare e quindi a scontare il default caotico della Grecia e l’uscita di Atene dalla moneta unica. La certezza di una reazione “soft” alla peggiore delle ipotesi possibili dovrà naturalmente essere provata sul campo, al dunque: ma l’andamento di spread e Borse anche ieri ha indicato che la tenuta dell’Eurozona nell’eventualità di un euro a 16 è più concreta. L’epilogo di una Grecia messa al bando, anche se solo temporaneamente, all’inizio della crisi del debito europeo era considerato un finale apocalittico per la sopravvivenza stessa dell’euro: invece potrebbe essere tollerato dai mercati, purchè la Grecia sia confermata, come promesso a più riprese da Bruxelles e dalla Germania, un caso unico ed eccezionale».
«La Grecia e l’Europa l’hanno scampata anche stavolta». Inizia così il pezzo su AVVENIRE sul successo dell’adesione dei privati allo scambio di titoli che porterà il debito pubblico di Atene dagli attuali 206 a 107 miliardi di euro. Commenti positivi dei vertici politici ellenici, «ma sanno benissimo che costringere i creditori ad accettare grosse rinunce non è esattamente una soluzione ortodossa per rimettere a posto i conti di un paese». Il Paese adesso è salvo, chiude l’articolo, «ma nulla lascia sperare in una prossima ripresa». Lo stesso concetto è ripreso ed esteso all’Italia da Luigino Bruni, nel suo editoriale, che si intitola “Attenti alla trappola”. Per Bruni la crisi sarà ancora lunga, la situazione greca è tutt’altro che risolta e quella italiana è solo una «calma apparente». Insomma, quel che a Bruni preme ricordare è che «nessuna manovra economica può davvero funzionare con la logica dei due tempi: prima i tagli e la contrazione dei consumi e dei redditi, poi le misure per la crescita».
«Grecia salva, spread a 300 punti» titola in prima pagina LA STAMPA. Il punto della situazione lo fa l’economista Mario Deaglio: «Condannati alla povertà» è il titolo del suo commento. «occorre evitare manifestazioni premature di giubilo. E questo per tre motivi. Il primo è che quello che abbiamo fatto alla Grecia trascende i confini dell’economia: premesso che i Greci sono stati dei grandi mentitori (ma l’Europa finanziaria per anni ha voluto credere alle loro menzogne senza darsi la pena di indagare) va denunciato che il resto d’Europa li sta trattando, per certi aspetti, peggio di come gli alleati della seconda guerra mondiale trattarono la Germania sconfitta. L’accordo che mette al riparo l’euro, condanna infatti la Grecia: tra il 2009 e il 2011 il prodotto lordo greco ha già subito una caduta del 10 per cento e scenderà ancora (secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale) almeno del 2 per cento nel 2012. La disoccupazione è raddoppiata, le retribuzioni dei pubblici dipendenti sono state decurtate del 20 per cento». In questa prospettiva si colloca l’incerta situazione italiana: «il rallegramento per i risultati raggiunti negli ultimi quattro mesi non deve far dimenticare che la strada che il Paese deve percorrere è lunghissima. Abbiamo scalato una collinetta, appena una piccola asperità che fa da anticima alla montagna del nostro debito, accumulato in una generazione. Stiamo andando di buon passo, ma la strada davanti a noi è ancora davvero molta».
E inoltre sui giornali di oggi:
BERSANI
LA REPUBBLICA – Intervistato da Paolo Griseri il segretario del Pd lancia qualche monito. «Caro Monti, basta con le espressioni generiche: “Non esistono i partiti, ogni partito ha una sua faccia e le sue responsabilità”. A Pierluigi Bersani non è piaciuta la battuta del premier sullo spread in aumento tra i partiti della maggioranza. Il segretario del Pd difende invece il diritto del governo a intervenire su tutto, “giustizia e Rai comprese”. Poi sulla Tav presenta la sua proposta e striglia i sindaci del partito che si oppongono al progetto: “Non è più tempo di discutere del “se” ma del come farla”».
TAV
IL GIORNALE – “Monti sale in cattedra e spiega al fronte del no perché la Tav conviene” è il titolo dell’articolo di Andrea Cuomo sul dossier diffuso online dal governo sulla grande opera. « Quattordici domande e altrettante risposte per spiegare agli italiani perché la Torino-Lione è opera irrinunciabile, parte di una sfida, quella delle infrastrutture, che «un Paese come l’Italia deve porsi e vincere se vuole restare integrata e competitiva», come ha detto ieri il premier Mario Monti. La dozzina (più due) di argomentazioni riassunte ieri in un asciutto dossier messo in rete sul sito del governo sono assai meno dei 150 motivi per cui invece, secondo il movimento No Tav, i cantieri dell’Alta velocità non dovrebbero toccare la Val di Susa».
LIBIA
IL MANIFESTO – La situazione libica letta dall’intervista ad Angelo Del Boca è al centro di pagina 9 che titola proprio con una frase dello storico «Una nuova Somalia, tra milizie e secessioni». Nel sommario un’altra frase tratta dall’intervista: «L’autonomia armata dell’Est getta il Paese, già diviso dalle fazioni che hanno deposto Gheddafi, nel caos a tre mesi dal voto di giugno. Per l’Onu i diritti umani sono violati. Interessi italiani a rischio» mentre nella fascia grigia in alto alla pagina sempre del Boca osserva: «Il Cnt denuncia la “sedizione” della Cirenaica, cuore petrolifero e riserva d’acqua del Paese, e accusa i “paesi arabi” di “cospirazione”. Sì, il Qatar c’entra». In un box di spalla si affronta la crisi libica “Dopo la Cirenaica anche il Fezzan se ne va?” si legge: «Dopo la Cirenaica tre giorni fa, il Fezzan. Ieri il quotidiano algerino Le Temps d’Algerie ha scritto che Abdelmadjid Sefi al Nasr, pur essendo membro del Consiglio nazionale di transizione guidato da Mustafa Abdel Jalil, “nei prossimi giorni” annuncerà la separazione della terza regione storica alla Libia e la sua costituzione come Stato indipendente (…)».
AMBIENTE
ITALIA OGGI – Un nuovo software indicherà gli itinerari cittadini meno inquinanti. Ideato da un ricercatore di Nizza, «il software permette di ridurre l’esposizione all’inquinamento evitando gli assi stradali più insalubri, anche attraverso un allungamento, entro limiti accettabili, della durata e della lunghezza del percorso. Il pezzo “Passeggiare dove è meno inquinato” è pag 13.
RIINA
AVVENIRE – Dopo le polemiche della Lega Nord, a Padova si dimette Tina Ciccarelli, responsabile della onlus Noi famiglie padovane contro l’emarginazione che dovrebbe ospitare Salvatore Riina, prossimo ad essere trasferito in soggiorno obbligato a Padova. La Lega aveva messo in luce i trascorsi giudiziari della donna, che a metà degli anni 90 era stata in carcere per droga.
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