Mondo

Quando l’integrazione diventa la forza di un territorio

Buoni i risultati di gestione del Cara di Mineo, dove molte cose sono cambiate dalla sua istituzione e dove oggi si respira un’aria più serena.

di Consorzio Nazionale Idee in Rete

 

L’ex Residence degli Aranci della base americana è adesso una piccola città affollata da circa 1500 persone di origine nigeriana, pachistana, ivoriana, ghanese, maliana, etiope, eritrea, popoli sofferenti, famiglie o singoli di diverse religioni ed estrazioni sociali che stanno sfuggendo alla guerra e alla morte e stanno aspettano un permesso di soggiorno per condurre una nuova vita.

Il Cara di Mineo, gestito in ATI dal Consorzio Sol.Calatino della Rete Sol.Co (appartenente al Consorzio nazionale Idee in Rete), dal Consorzio Sisifo, dalla Cooperativa Senis Hospes e dal Consorzio Casa della Solidarietà, è una città aperta al territorio che punta alla reale integrazione degli ospiti nel contesto socio-culturale del territorio.

Il Cara è un connubio di suoni, ritmi, colori, tradizioni, dove la vita scorre alcune volte con rituali fissi: il pullman prende una quarantina di bambini e li porta alle scuole dell’obbligo a Mineo, per poi ricondurli al Cara nel primo pomeriggio; le code ordinate per il pranzo e la cena; l’incasso della diaria (3,50 € al giorno) da spendere nell’emporio; la preghiera nella tenda dei musulmani; le partite di calcio in quello che un tempo era il campo di baseball del residence dei soldati americani.

All’interno del Cara si sta lavorando, in una logica di promozione delle persone, per costruire il futuro degli ospiti accolti. Attraverso, infatti, un lavoro di educazione alla cittadinanza e un’intensa attività di formazione e orientamento al lavoro si vogliono fornire gli strumenti e la preparazione necessaria per una piena integrazione in Europa. Tra gli ultimi progetti avviati, di particolare rilevanza è stato il progetto “Relar” che ha avviato più di 50 tirocini lavorativi a favore di soggetti immigrati nei settori agricoli, edili e turistici, e che ha assunto particolare rilevanza perché alcune delle aziende che hanno aderito al progetto hanno avviato dei percorsi di possibile assunzione dei migranti all’interno delle loro strutture, avviando così un processo di integrazione non solo da un punto di vista sociale e culturale, ma anche lavorativo, facendo sentire la persona immigrata parte integrante del territorio che la ospita.

Ancora tante sono le cose da fare al Cara di Mineo, ma adesso sembra essere partita una seconda fase, dove non si vive più la pressione degli sbarchi della scorsa primavera e dove non si pensa solo all’accoglienza, ma dove si punta anche all’integrazione. L’investimento principale consiste nel vedere le persone che escono dal Cara avere, oltre l’asilo politico, anche una vita da vivere.

Superata la diffidenza iniziale, nasce adesso la consapevolezza di fare dell’integrazione un punto di forza per il territorio e per tutto il bacino mediterraneo.


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