Economia

La rivolta delle povere banche

Si dimettono i vertici di Abi, il Governo pronto a rimediare

di Franco Bomprezzi

Povere banche, costrette a rivedere i propri profitti, dopo i provvedimenti varati dal Governo, e soprattutto dopo gli emendamenti voluti dalle forze politiche che lo appoggiano. E così ieri ci sono state le clamorose dimissioni dei vertici dell’Abi dopo il voto favorevole all’abolizione delle commissioni bancarie sulla concessione di linee di credito. Una vicenda per certi versi paradossale, ma segno dei tempi.

“Emendamento sui prestiti. Scatta la rivolta delle banche: lasciano i leader dell’Abi”: titola così, di taglio centrale in prima, il CORRIERE DELLA SERA. I servizi alle pagine 8 e 9. Apre pagina 8 il racconto di Roberto Bagnoli: “Passa a sorpresa un emendamento al decreto sulle liberalizzazioni che abolisce le commissioni sulla concessione di linee di credito e scoppia la rivolta delle banche. Con una decisione senza precedenti, il presidente dell’Abi (l’associazione delle banche italiane) Giuseppe Mussari e l’intero comitato hanno deciso di dimettersi in segno di protesta. «Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso — ha affermato Mussari in una conferenza stampa — non siamo nemici delle famiglie e delle imprese, ci sentiamo malvalutati, non si può chiedere a privati dei servizi gratuiti». Il «numero uno» dei banchieri non manca di riconoscere al governo Monti un ruolo determinante nella diminuzione dello spread — «sta governando in maniera impeccabile» — ma questa norma potrebbe obbligare il sistema a rivedere tutta la filiera dei profitti. Anche Confindustria e l’associazione delle banche estere si sono schierate contro quella norma «antimercato» che potrebbe «modificare in modo non trasparente il livello dei tassi di interesse»”. La norma è stata proposta dalla senatrice Fioroni del Pd: “La questione è delicata. Fioroni si è fatta paladina dei consumatori che da tempo denunciano gli elevati tassi applicati dalle banche che possono raggiungere anche il 17% annuo, dopo che il governo Berlusconi ha concesso al sistema bancario l’aumento di quello che si chiama il «tasso di usura». La senatrice ha spiegato che il suo emendamento cercava di risolvere un problema di fondo «legato all’abolizione della commissione di massimo scoperto che le banche hanno poi reintrodotto con commissioni poco trasparenti su linee di credito che magari non vengono utilizzate»”. “Pasticcio rimediabile ma tutti hanno paura di essere impopolari” è il titolo della Nota di Massimo Franco, che scrive: “Bersani rinnova l’invito al governo a «risolvere il problema», ribadendo la tesi che al Senato sarebbe saltato per errore un pezzo della norma. Si rischia», avverte il segretario del Pd, «che le banche non siano in condizione di fare credito a imprese e famiglie». Ma il Pdl rovescia il ragionamento. Le dimissioni di Mussari dimostrerebbero che il Parlamento ha avuto la «schiena dritta». E si invitano le banche a «prestare buona parte dei 139 miliardi di euro presi dalla Bce». Si tratta di un terreno scivoloso, perché tende a mettere il Pd in urto con Monti su un argomento di facile presa sull’opinione pubblica; e proprio mentre si scorge un’incrinatura fra Bersani e il premier sul futuro. Berlusconi sta abilmente cercando di far passare l’idea che l’attuale governo sia un prolungamento di quello di centrodestra. Non esclude che la maggioranza anomala di oggi possa diventare una coalizione politica dopo il voto del 2013”. Antonella Baccaro affronta i retroscena: “A sentire i diretti interessati, provvedimenti come quelli incassati dal mondo del credito con gli ultimi decreti non hanno precedenti. E li elencano: il conto corrente gratuito per i pensionati con trattamenti da 1.500 euro in giù, l’assenza di commissioni sui pagamenti del carburante effettuati con carta di credito. E poi la possibilità concessa a chi stipula un mutuo di non aprire un conto corrente nella medesima banca e di scegliersi una polizza sul prestito altrove. E l’ultima: la cancellazione di tutte le commissioni sulla concessione di linee di credito. Per il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, «la goccia che ha fatto traboccare il vaso»”.

LA REPUBBLICA riserva scelta dei banchieri un pezzo a pagina 13, all’interno di un servizio sulle liberalizzazioni. “Rivolta banche, lascia il vertice Abi «Prestiti a rischio con prezzi imposti»” è il titolo. Il comitato di presidenza dell’Abi ha deciso di rimettere il mandato per protestare contro la norma del decreto liberalizzazioni che cancella le commissioni sugli affidamenti. «È inaccettabile una norma che vieti i ricavi e imposizioni di prezzi amministrati; è la goccia che ha fatto traboccare il vaso», ha detto il presidente dell’Associazione bancaria, Giuseppe Mussari. Una norma che secondo l’Abi non ha eguali in Europa (ma chissà come funziona in America…). Protestano anche le banche straniere operanti in Italia. Rete Italia e Confindustria temono un aumento dei costi dei finanziamenti e una riduzione del credito. In appoggio intervistina a Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust: «adesso l’Italia è più vicina all’Europa», con le liberalizzazioni nel complesso. Per quanto riguarda le banche la misura sulle commisisoni «incide in modo vistoso sul sistema bancario che già attraversa fasi di sofferenza. Governo e Parlamento sono sovrani, ma personalmente non ritengo che la misura sia fondamentale ai fini della concorrenza. Forse una correzione – non sta a me dire quale – è auspicabile». Il commento di Alberto Bisin è intitolato “La paura della concorrenza”. La norma è migliorabile, scrive Bisin, ma reagire come ha fatto l’Abi… «Le banche italiane sono protette da vari meccanismi formali e sostanziali di controllo che garantiscono gli azionisti di maggioranza e gli amministratori, indipendentemente dai risultati di gestione, in cambio di una commistione incestuosa con la politica». Servirebbe molta più concorrenza.

Titolone in prima pagina de IL GIORNALE: “Banchieri No global” e due pezzi di approfondimento. Inizia il direttore Sallusti che in prima pagina sostiene che «la rivolta dei banchieri non solo è ridicola per principio (la classe dirigente del paese, per di più miliardaria, non scende in piazza e non ricatta sulla pelle dei poveri cristi) ma è sfacciata nei fatti. Il sistema bancario italiano ha appena incassato dall’Europa oltre 250 miliardi che pagherà a tasso dell’uno per cento. Soldi destinati a noi e che invece sono finiti altrove, cioè in operazioni finanziarie più redditizie e sicure che il credito ad aziende e private». A pag 3, il pezzo “Banchieri no global: barricate contro Monti“ sostiene che alla fine la norma sulle banche avrà vita brevissima. Se non verrà modificata invece, l’Abi è pronta a fare un ricorso in Europa.

 Nessun richiamo in prima pagina sul caso banche per il MANIFESTO che apre sulla Tav con una grande foto delle manifestazioni e il titolo “L’Italia a Valle”. L’articolo dedicato alla reazione dell’Abi al decreto liberalizzazioni si trova a pagina 5 all’interno delle due pagine dedicate all’”Euro crack” come recita il titolo generale in testa alle pagine. Nella fascia grigia di sommario si legge “Banche – Il governo fa capire di essere pronto a fare marcia indietro sul dl contestato. Eppure, hanno appena ricevuto 130 miliardi dalla Bce”, mentre l’occhiello all’articolo che apre pagina 5 recita “Governo. Si dimette Mussari (Abi) per una norma del decreto liberalizzazioni” sopra il titolo “Monti finisce in banca”. Nell’articolo si osserva che “Nonostante le banche italiane dovrebbero festeggiare, avendo appena ricevuto una montagna di soldi, 130 miliardi dalla Bce. Mussari sembra un marziano per quello che dice e che non risulta a molti: “Le banche hanno fatto un gran lavoro (…) Un paese che non sta vicino alle proprie banche non sta vicino a se stesso”. Il messaggio è arrivato subito a un governo molto sensibile ai banchieri». E ancora: «Il presidente del consiglio tace, ma il sottosegretario di Palazzo Chigi fa capire quale è l’umore del capo: se il parlamento vorrà modificare le norme che interessano le banche, dice Antonio Catricalà, “Il governo non si metterà di traverso (…)” Come dire, pensateci voi. E in serata anche la Confindustria si è schierata, chissà perché con le banche (…)».

“Senza credito non c’è ripresa”. IL SOLE 24 ORE dedica alla questione banche, oltreché l’apertura di giornale, un editoriale di Guido Gentili in prima pagina: «La norma in sé è più che discutibile e dunque da correggere. Si agisce per decreto su una fonte di ricavi importante (se vogliamo anche troppo, perché “fare” banca attraverso le commissioni è facile e molto comodo) e non è errata l’impressione che si sia imboccata così la strada delle tariffe e dei prezzi amministrati. Che una simile opzione sia prevista in un decreto che “liberalizza” è un controsenso, formale e di sostanza. D’altra parte, in un sistema come quello italiano a trazione bancocentrica, la responsabilità degli istituti di credito – assieme a quella delle altre parti sociali, a partire dagli imprenditori – non può che andare molto oltre la contestazione di una norma. È fresco di stampa l’accordo tra banche, imprese e governo per la moratoria sui prestiti, mutui e rate di leasing a sostegno delle piccole e medie imprese. Ed è freschissima, soprattutto, l’immissione di liquidità nelle banche ottenuta grazie al pragmatismo della Bce di Mario Draghi entrato per questa via nel mirino della banca centrale tedesca. La manovra (la seconda dopo quella di dicembre, praticamente impossibile da ripetere per la terza volta) è all’origine, assieme al forte recupero di credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo, del drastico calo dello spread. Le banche hanno infatti ottenuto liquidità al tasso dell’1% e, come prima scelta, hanno acquistato titoli di stato che pagano rendimenti superiori al 4%. Operazione non solo legittima ma anche molto utile per le banche (alle prese anche con la ricapitalizzazione forzata imposta dall’Eba) e per il sistema Italia che vede scendere la sua febbre da debito pubblico. Ma la crescita del Paese (mentre l’Istat segnala una ripresa dell’inflazione ed un aumento della disoccupazione) si gioca su un altro terreno. Quello del contenimento del credit crunch, uno spettro che s’aggira in tutta Europa e che da noi è sotto gli occhi di tutti ed in particolare delle piccole imprese. Queste lamentano una stretta violenta, da togliere il fiato, come testimoniano le lettere pubblicate dal Sole 24 Ore. Non c’è da coltivare alcuna illusione sul fatto che la nuova liquidità messa a disposizione delle banche si trasferisca molto copiosa, e in tempi rapidissimi, a disposizione di imprese e famiglie. Si può insistere con la moral suasion, certo, ma i bilanci delle banche, il confronto dei tassi ed una storia consolidata di selezione ed erogazione del credito molto conservativa hanno la testa dura. Però senza credito – che è il primo dei compiti che spettano al sistema bancario- non c’è ripresa. E senza ripresa non c’è futuro nemmeno per le banche, non solo per le imprese e le famiglie».

ITALIA OGGI propone due pezzi sulla norma che taglia le commissioni.“Banche, rivolta contro il governo“ mette in evidenza le ragioni dell’Abi e sottolinea come, secondo L’Abi, la norma metterebbe in pericolo 30 mila posti di lavoro. “L’ombra di Monti e Passera dietro allo strano pasticcio“ sostiene che la stangata alle banche dimostra che il governo non è «bancodipendente»  ma non si opporrà a cambiamenti successivi. «La norma magari sarà modificata, ma Passera e Monti potranno dire che in un primo momento avevano orchestrato una staffilata niente male, che certo non può più far dire che sono amici della banche».

AVVENIRE apre con «la rivolta delle banche» e le dimissioni dei vertici dell’Abi in protesta contro l’azzeramento delle commissioni sui prestiti, ma subito l’editoriale di Giancarlo Galli ricorda la «pioggia miracolosa» caduta sulle banche grazie a Draghi: «adesso ci si attende che facciano la loro parte, agevolando con la manna piovuta dal cielo della Bce una ripresa altrimenti improbabile», perché «salvate le banche, occorre ridare speranza agli italiani. La priorità è questa». Nelle pagine interne, con Mussari che insinua che il governo non voglia trovare una soluzione per non essere additato come «il governo delle banche», Passera parla di «segno di grande disagio», e la puntina di AVVENIRE dice che «le rivendicazioni» sono fuori luogo, poiché «le banche hanno la forza di far correggere una norma, i cittadini non hanno quella di far cambiare i costi bancari». 

“Liberalizzazioni, l’ira delle banche” è il titolino in taglio alto che LA STAMPA dedica al caso che richiama il pezzo, all’interno, di Francesca Schianchi. «Il decreto liberalizzazioni supera il primo passaggio parlamentare e subito provoca polemiche: si dimette per protesta il comitato di presidenza dell’Abi». Nella pagina a fianco Alessandro Barbera firma “Partiti e governo si rimpallano la responsabilità del pasticcio”, il sommario spiega «stop alle commissioni bancarie, la norma verrà cambiata nel dl semplificazioni».
 
E inoltre sui giornali di oggi:

LUCIO DALLA
AVVENIRE – Fine primo tempo. Titola così AVVENIRE in prima pagina sulla morte di Lucio Dalla. La frase è del suo portavoce: “per lui la morte era solo la fine del primo tempo». Le due pagine ricordano la dimensione spirituale delle canzoni di Dalla, il suo aver messo in musica i salmi, le due volte che cantò per il Papa e il fatto che a Capodanno era solito riunire i barboni di Bologna in un noto ristorante, per «farli mangiar bene» almeno per un giorno.

IL MANIFESTO – Il ricordo di Lucio Dalla, oltre che alle due pagine interne, richiamate in prima pagina con il titolo “Lucio Dalla, folletto dada”, in prima pagina è affidato ad Adriano Celentano che firma il corsivo “Caro amico ti scrivo”. Scrive Celentano: «(…) È stato un grande cantante e come musicista. Ma soprattutto per l’originalità del suo modo di essere. E proprio per questo ho sempre visto in lui qualcosa che ci accomunava (…)» e conclude «Il vuoto che hai lasciato è triste, anche se sappiamo, e tu ora lo stai allegramente toccando con mano, che il distacco da tutti quelli che ti amano e ti vogliono bene è momentaneo. Poco più di una frazione di secondo…».

IL RESTO DEL CARLINO – Il ricordo del suo confessore, padre Ildefonso Chessa: “Lucio ci ha lasciati. Il Padre, quel Padre che ha tanto cercato lo ha richiamato a sé. È ancora forte l’annichilimento per quanto accaduto. Venerdì ci siamo sentiti al telefono. Voleva avere notizie sulle ulteriori iniziative promosse per i restauri di Santo Stefano. Voleva forse soltanto parlare. Era un uomo di fede, Lucio. Di una fede articolata, piena di domande. Era affezionato alle pietre stefaniane. L’ho conosciuto proprio in Santo Stefano, alcuni anni fa. Nella chiesa del Sepolcro notavo un uomo nella penombra, che pregava in silenzio e ogni tanto si guardava attorno. E lo riconobbi. Era Lucio. Con molta circospezione si avvicinò. Ed ecco le domande su Dio, la fede, il rapporto con le proprie fragilità. Anche io ero in cammino come lui. E avrei incontrato Lucio molte altre volte. E tante le domande, poche le risposte. Posso dire che comunque la sua fede era concreta, cesellata attraverso una vita fatta di successi, ma anche di fatica, qualche volta di dolore. Sapeva guardare dentro il suo cuore. Lo scandagliava incessante e ne traeva tesori preziosi da donare. Costruiva eleganti architetture musicali. La musica, mi diceva, può diventare preghiera se riesce ad interessare, far discutere. E forse preghiera la sua lo è veramente. Quando, circa due anni fa, ci siamo rivisti mi ha salutato con un sonoro «Viva Gesù». Non era superficiale, il suo saluto. Era la punta di un iceberg ben più ampio, che sprofondava negli angoli più reconditi della sua vita. Ora credo abbia la possibilità di avere le risposte che cercava”.

LAVORO
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 14: “I prezzi non si fermano ed è record disoccupati: 2,3 milioni senza lavoro”. Scrive Alessandro Trocino: “Il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l’incidenza dei 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, è pari al 31,1%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011. Livello record da gennaio 2004, inizio delle serie storiche mensili. La crescita della disoccupazione interessa sia gli uomini sia le donne. Quella maschile cresce del 2,6% rispetto al mese precedente e del 18,7% su base annua; il numero di donne disoccupate aumenta del 3,2% rispetto a dicembre 2011 e dell’8,9% in termini tendenziali. Unica nota positiva, il calo dell’inattività, che diminuisce dello 0,4% in confronto al mese precedente. Rispetto a dodici mesi prima, gli inattivi diminuiscono del 2,1%. Il numero dei disoccupati a gennaio scorso è stato pari a 2 milioni 312 mila, in aumento del 2,8% rispetto a dicembre (64 mila unità). Su base annua si registra una crescita del 14,1% (286 mila unità)”. 

PUTIN
LA REPUBBLICA – Ezio Mauro nel gruppo di giornalisti che hanno intervistato Putin. La terza candidatura alla presidenza della Russia, più un mandato da premier? «Perfettamente normale, io passo attraverso le elezioni, la gente decide». I brogli elettorali? «Non mi risulta, ma per questo ci sono i tribunali». La piazza in protesta che denuncia “Russia Unita” come un partito di malfattori? «Puri slogan elettorali, battute da comizio». Vladimir Putin presenta il suo programma per i sei anni di presidenza se domenica sarà eletto, scioglie i dubbi e ricandida ancora una volta Dmitrij Medvedev come premier, si impegna a non usare il pugno di ferro con l’opposizione e affronta i grandi temi aperti in politica estera: la Siria («Noi vogliamo evitare che succeda quel che è successo in Libia, con quell’esecuzione medievale di Gheddafi»), l’Iran («Ha diritto di avere il suo programma nucleare civile, sotto il controllo internazionale»), gli Stati Uniti («Quando l’ho incontrato Obama in questa stessa sala, mi sono riconosciuto nelle sue idee»). Infine, l’Italia: «Monti è un kamikaze, sta facendo tutto benissimo, me l’ha detto proprio ieri Silvio Berlusconi, di cui continuo ad essere un grande amico».

TAV
AVVENIRE – Continua la protesta, oggi summit straordinario al Viminale, e Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino che chiede «l’impegno a sostenere un serio dialogo con la popolazione locale nel tentativo certamente difficile ma non impossibile di mediare».

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