Cultura

Filippine: ucciso missionario irlandese

Padre Halley era fortemente impegnato nel dialogo tra cristiani e musulmani. "Nonostante le continue minacce di sequestri la Chiesa cattolica non paga nessun riscatto", ha dichiarato, all'agenzia F

di Daniela Romanello

“Siamo sconvolti per la tragica notizia della morte di p. Rufus Halley, uno dei nostri missionari in Mindanao. Era un mio amico personale. Avendo lavorato in quell’area, comprendo bene le difficoltà di adoperarsi per risolvere il conflitto islamo-cristiano. Rufus si era totalmente dedicato alla riconciliazione fra cristiani e musulmani ed era amato da tutti. Era un uomo di grande spiritualità e amava moltissimo il popolo filippino. La sua presenza mancherà a tutti”. Con queste parole p. Brendan O’Sullivan, Superiore Generale della Società di San Colombano per le Missioni Estere ha commentato all’agenzia Fides l’uccisione di p. Rufus Michael Halley, missionario di San Colombano nelle Filippine. Irlandese di 57 anni, p. Halley è stato ucciso il pomeriggio del 29 agosto nei pressi della sua parrocchia, nella città di Malabang, Lanao delSur, provincia dell’isola di Mindanao, sotto la Prelatura di Marawi. Secondo fonti locali il missionario è stato ucciso perché ha fatto resistenza a una banda di criminali che volevano sequestrarlo, ma i confratelli di p. Halley non sono convinti di questa ipotesi. Secondo una prima ricostruzione di padre Bernard Mulkerin, superiore provinciale dei padri di san Colombano a Mindanao, il missionario è stato ucciso mentre viaggiava sulla sua motocicletta. In un comunicato dei vescovi filippini, il presidente della Conferenza Episcopale mons. Orlando Quevedo afferma che “il brutale e incomprensibile assassinio di p. Halley è una grande tragedia. Sebbene ci hanno assicurato una pronta indagine, chiediamo alle autorità di seguire ogni pista, di cercare in ogni angolo per stanare gli assassini e consegnarli alla giustizia”. L’arcivescovo ha ribadito che, nonostante le continue minacce di sequestri, la Chiesa cattolica non paga alcun riscatto. Mons. Quevedo ricorda che p. Halley era amato da cristiani e musulmani ed era fortemente coinvolto nei dialoghi di pace. “Le minacce non serviranno a intaccare il lavoro della chiesa nel costruire ponti di pace e giustiziatra popoli di differenti fedi e culture”, aggiunge. “La causa della pace in Mindanao ha perso un altro portatore di pace. Ma la sua morte produrrà abbondanti frutti di giustizia e pace, nella Provvidenza amorevole di Dio”. Intanto le prime indagini della polizia si concentrano su esponenti del Moro Islamic Liberation Front (MILF), una fazione musulmana che in passato ha lottato per l’autonomia della regione, sebbene un portavoce del gruppo ha smentito l’appartenenza dei killer al MILF. Oggi la polizia filippina ha arrestato Abdul Ibrahim, uomo che ha ammesso di far parte della banda di sette persone che ha ucciso il missionario. Secondo gli ufficiali di polizia che lo hanno interrogato, la banda voleva consegnare p. Halley ad “Abu Sayyaf”, il gruppo terroristico che da mesi semina il panico nel sud delle Filippine. Quest’oggi nella parrocchia “Nuestra Senora de los Remedios” a Manila, tenuta dai padri di san Colombano, si è celebrata una messa in suffragio di Halley. I funerali si celebrano sabato 1° settembre a Kayagande Oro, città di Mindanao. Messe di suffragio vi saranno in diverse missioni dei padri di san Colombano nelle Filippine. P. Halley era giunto nelle Filippine nel 1969, con altri dieci missionari di san Colombano. Dal 1979 lavorava nell’isola di Mindanao, dove si era offerto di recarsi volontariamente per lavorare nel campo del dialogo interreligioso e della pace fra cristiani e musulmani.


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