Mondo

No Tav, le ragioni e la violenza

Scontri in Val di Susa, il dialogo impossibile, le reazioni

di Franco Bomprezzi

L’incendio in Val di Susa domina le cronache dei quotidiani. Gli scontri, l’aggressione ai giornalisti, i blocchi sull’autostrada. L’intervento della polizia. Ancora una volta la battaglia contro la Tav deve fare i conti con la violenza.

“Blocchi e barricate, l’assalto dei No Tav” titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA. Potente la fotonotizia con le fiamme sull’autostrada Torino-Bardonecchia. Molti i servizi nelle pagine interne. L’editoriale è di Giovanni Bianconi, “Nessuna ambiguità”, che così conclude: “I violenti, siano essi infiltrati con altri obiettivi o componenti autentiche della protesta, vanno isolati dal movimento che rivendica i diritti dei valligiani. Non sappiamo se la situazione stia sfuggendo di mano ai responsabili, e c’è da augurarsi che non sfugga di mano alle forze dell’ordine per evitare ulteriori degenerazioni. Il sospetto è che ciò sia già avvenuto, invece, per la politica, che non è riuscita a imbastire una mediazione utile a far comprendere alla popolazione locale le ragioni di una scelta da cui si ritiene di non poter tornare indietro. Lasciando che il confronto si tramutasse in scontro e riducendo tutto a un problema di ordine pubblico, che riguarda solo contestatori e celerini. Se ancora c’è uno spiraglio per evitare ulteriori degenerazioni, bisognerebbe tentare di farlo diventare un varco. E aprire il recinto”. Cesare Giuzzi a pagina 2 racconta la giornata: “Sassaiola sulla polizia, feriti 13 agenti”. E Marco Imarisio, a piede di pagina: “Ognuno ci vede quel che più gli piace, in questa storia della Tav. Ma è sempre più evidente il deterioramento della situazione, la sua difficoltà a essere gestita, anche dagli antagonisti. Al mattino un gruppo di squatter arrivati da Torino si accampa sotto al cavalcavia all’insaputa di tutti gli altri e si diletta in una specie di caccia alla telecamera, a una operatrice Mediaset viene puntato un cacciavite alla gola, altri giornalisti vengono rinchiusi in un bar, altri malmenati o identificati con modi spicci, una donna avvolta in una bandiera No Tav che cerca di far ragionare gli incappucciati viene spintonata e cacciata come fosse una nemica”. Benedetta Argentieri racconta a pagina 3 l’aggressione alla troupe di corriere.it. Pagina 5 è dedicata alle forze dell’ordine, dopo l’impatto emotivo del video che documentava gli insulti a un carabiniere che non reagiva, da parte di un antagonista della valle. Goffredo Buccini scrive: “La fatica (e i sogni) di quei ragazzi con la divisa”.

“Val Susa, un giorno di fuoco”: LA REPUBBLICA senza mezzi termini sintetizza così la battaglia di ieri fra no Tav e polizia. All’interno ampi servizi: la cronaca di una giornata che ha prodotto 5 fermi e 13 feriti (8 sono poliziotti, 5 carabinieri). Ieri alle 17 il presidente della Comunità montana ha chiesto ai manifestanti di interrompere il blocco dell’autostrada in cambio di un incontro a Roma. I manifestanti non hanno voluto accettare e hanno annunciato: «dalle 18 blocchiamo tutto. Dappertutto». Coinvolti anche operatori e giornalisti. “Dialogo ce n’è stato tanto adesso è l’ora della fermezza” è invece il titolo di una intervista rilasciata da Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno. Elogia il militare definito «pecorella» da un manifestante, non intende mandare l’esercito (come proposto dal suo predecessore, Maroni), si dice disponibile al confronto ma anche determinata: «precedenti maggioranze l’hanno sottoscritta, la Tav non è caduta dal cielo. Il nostro governo è a disposizione, se i sindaci vogliono confrontarsi, noi siamo qui pronti». Su Abbà, «basta guardare i filmati…. da cittadina io li guardo e la mia opinione è che la polizia non c’entra niente, chiunque li vede se ne può rendere conto». C’è anche una pagina divisa equamente fra il manifestante (“L’ho chiamato pecorella ma dopo abbiamo parlato e ieri ho preso anche le botte”) e il carabiniere (“Sono figlio di operai faccio solo il mio dovere per 1300 euro al mese”). Infine anche il sindaco di Torino interviene, sostenendo che il movimento è cambiato, che vanno isolate le frange estreme, che non lottano solo contro la Tav ma contro ogni opera pubblica, che bisogna stare attenti: negli anni 70 «si è cominciato con le scritte e si è finito sparando. Oggi si rivedono metodi che abbiamo già conosciuto e chi li sottovaluta sbaglia».

IL GIORNALE titola “Minacce e violenze. Cercano la guerra”. Apre un articolo di spalla a firma dell’ex direttore Vittorio Feltri che scrive «incomprensibile la furia dei No Tav ovunque si realizzano treni ad alta velocità senza tante contestazioni». All’interno Stefano Filippi propone la cronaca degli scontri con il suo “Agenti feriti, botte ai cronisti. Nuovi assalti a treni e strade”, nel sommario «terzo giorno di scontri: sassi contro le forze dell’ordine, che lanciano lacrimogeni. Aggredite le troupe del Corriere e di TgCom24». Gabriele Villa invece firma “Il provocatore No Tav col vizio delle armi” «Lui no, non è una «pecorella». Lui, Marco Bruno da Giaveno è uno di quei tanti provocatori che però preferiscono provocare quando sono in gruppo, quando sono in tanti. E quando, essendo in tanti, si può colpire e provocare con la certezza quasi matematica di farla franca. Coraggioso, no? Ma, visto che, non si sa mai e a volte il coraggio da solo non basta, Marco Bruno si è portato appresso, è accaduto in tempi recenti, anche delle armi. «Armi contundenti» come si legge nella denuncia dei carabinieri di Susa a suo carico. I militari dell’Arma le hanno trovate e ovviamente sequestrate nella sua auto e questa non è una bella cosa. Non è, come dire, un precedente che depone a favore delle sue buone intenzioni di pacifico manifestante con l’hobby della provocazione». Stefano Zurlo invece propone prima “Encomio al carabiniere. Berlusconi: è l’Italia migliore” poi “Gli ultrà con la fascia tricolore guidano la protesta” in cui scrive «Prima sono passati loro: i sindaci ultrà, con fascia tricolore al petto e gonfalone fra le mani. Poi, sotto casa del primo cittadino di Susa sono arrivati i No Tav: “Mi hanno urlato frasi irripetibili, mi hanno insultata e minacciata”, racconta il sindaco Gemma Amprino. È uno schema che si ripete: ad aprire i cortei contro l’alta velocità in Val di Susa spesso sono loro, i rappresentanti dello Stato sul territorio. “È una contraddizione in termini – prosegue la Amprino – ma ormai da tempo si va avanti così”. Lo Stato benedice le manifestazioni, gli antagonisti le trasformano in azioni di guerriglia».

IL MANIFESTO apre con una fotonotizia che ritrae gli sgomberi delle forze dell’ordine con la scritta “Pulizia”. Ampio sommario che recita «Blocchi stradali rimossi con i lacrimogeni, tre auto di attivisti No Tav misteriosamente bruciate, caccia all’uomo nella notte, arresti e feriti. Il leader Alberto Perino trascinato via dalla polizia. La Val di Susa diventa un caso politico e la politica prova a isolare il movimento. Venti sindaci della valle chiedono una tregua: stop a lavori e contestazioni. La Francia soccorre il governo: non piegatevi a una minoranza».L’editoriale è a firma di Pierluigi Sullo e titola “Dalla parte del torto”. «L’eterna frattura tra paese legale (dei media, della politica) e paese reale (i cittadini, le comunità) è ormai, come scrive Marco Revelli, un abisso» scrive il giornalista che aggiunge «il braccio di ferro in Val di Susa allude a una condizione generale del paese, della democrazia, dell’economia, dello stato dell’ambiente. In molti si chiedono ansiosamente come evadere dalla gabbia della democrazia dello spettacolo, su cui nel frattempo è sceso il sipario della sovranità limitata (dai «mercati»). Una risposta a questa domanda cruciale si trova certamente tra i No Tav. Il che spiega perché tanto furore contro di loro».

Alla vicenda TAV il SOLE 24 ORE dedica la pagina 17 con servizi e foto e un commento di Fabrizio Forquet, a pagina 22, “I soprusi e la forza legittima dello Stato”: «Va reso merito al video trasmesso dal sito del Corriere della Sera che ha messo in evidenza una realtà troppo spesso omessa in Italia. L’arroganza del manifestante che irride il carabiniere (ieri giustamente premiato dai vertici dell’arma) illumina la distanza tra chi “serve” lo Stato e chi se ne fa beffa. E permette di interpretare con mente più lucida anche gli scontri di ieri, in cui sono rimasti feriti agenti delle forze dell’ordine e manifestanti. Tra i “resistenti” della Val di Susa ci sono molte brave persone, con qualche ragione, ma i violenti dell’antagonismo a tutti i costi non sono fra questi. È inaccettabile in uno Stato di diritto che un’opera ritenuta strategica sia di fatto bloccata da almeno dieci anni da una pattuglia di irriducibili. Un ritardo che è davvero il simbolo dell’inerzia di un Paese che non riesce a guardare al futuro. Come si può parlare di crescita se ogni opera di innovazione viene di fatto bloccata da uno spirito di conservazione più o meno violento? In questi giorni il Governo Monti ha affermato la sua determinazione a portare avanti i lavori in Val di Susa. C’è da augurarsi che lo faccia davvero. Utilizzando anche quella forza legittima che in democrazia deve essere monopolio dello Stato. Se lo farà, l’opinione pubblica ora saprà decidere meglio da che parte stare».

Monito di Pierluigi Magnaschi su ITALIA OGGI a pag 2. «La prevenzione politica» scrive il direttore del quotidiano dei professionisti nel pezzo “Le Br divennero pericolose perché furono sottovalutate” «impedì alla sinistra di leggere, per come stavano veramente le cose, le prime avvisaglie del movimento eversivo rosso». Oggi sta avvenendo la stessa cosa con i protagonisti della No Tav. «Il movimento, per quanto demente, non è nato violento ma sicuramente nato anti-stato. E, in questa fase sorgiva, esso è stato tenuto a battesimo e poi amorevolmente allevato dalle forze di sinistra e di centro sinistra piemontesi che, solo nell’ultimo anno, si sono rese conto di che serpe si sono allevato in seno».

Sulla prima pagina di AVVENIRE, il fumo delle reti di protezione dei cantieri incendiate fuoriesce dal riquadro della fotografia e straborda sul testo dell’editoriale a firma di Antonio Maria Mira, che chiede di ristabilire «l’essenziale confine tra civile protesta e incivile contrap­posizione, che si è fatto troppo labile. Serve non uno soltanto, ma una serie di passi indietro. Serve un netto e inequivocabile isolamento dei gruppi intolleranti. Serve serrato dialogo e non spinto antagoni­smo. Servono convinto spirito democra­tico e semplice rispetto». All’interno, accanto al ministro Cancellieri che si dice «pronta ad ascoltare» ma «senza cedimenti», ci sono due interviste. La prima è a Mario Virano, presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, che ha completato l’analisi costi-benefici dell’opera internazionale e dice che «una delle bufale No Tav è che l’alta velocità produce solo costi e nessun beneficio». Secondo questo studio i costi e benefici per il Paese sono in termini di milioni, e anche la Val di Susa avrà benefici: «l’alta velocità nella fase della costruzione costituirà una piccola Mirafiori sul piano dell’occupazione. Per dieci anni il cantiere darà lavoro a 4.000 persone, indotto compreso e a regime, il solo nodo di Susa necessiterà di 200 addetti». La seconda intervista è a Beppe Pisanu, secondo cui mandare l’esercito in Val di Susa «servirebbe solo a drammatizzare i rischi ed ad infuocare il clima» e che sarebbe stato «meglio avere qualche estremista in Parlamento e dare sbocco istituzionale alla protesta». 

«”Tav, isolate gli estremisti”» è il titolo in prima pagina de LA STAMPA. Il riferimento è alle dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Interno Cancellieri al quotidiano torinese. «I sindaci della Val di Susa non possono cavalcare le spinte più estremiste pensando così di assolvere al loro mandato elettorale. Spero nel loro senso di responsabilità. Sono pronta ad ascoltarli ma nello stesso tempo vorrei che a loro fosse chiaro che non esistono margini di trattativa per bloccare i lavori della Tav», afferma il ministro, sottolineando che sulla Torino-Lione «non ci sono spazi per il ripensamento. È in gioco la credibilità dell’Italia. Non possiamo venire meno agli impegni assunti a livello internazionale e anche nazionale per questa grande opera che contribuirà allo sviluppo economico del Paese e delle future generazioni», dice Cancellieri. «Se vi sono ritardi nelle compensazioni già decise, sono pronta a venire incontro alle richieste dei sindaci, e mi impegno a farmi interprete presso il governo delle nuove ed eventuali richieste di compensazioni che dovessero maturare. Compensazioni ribadisco, non altro». Il commento in prima pagina è affidato a Gian Enrico Rusconi: «In Val di Susa una sfida per il premier». Scrive Rusconi: «La conflittualità che investe la Valle di Susa ha perso la natura di un normale conflitto sociale in una democrazia. Rischia di diventare una rivolta contro l’autorità stessa dello Stato – una rivolta cui la militarizzazione della valle dà i connotati di un virtuale stato di guerra. È una umiliazione della democrazia. È tempo che il presidente del Consiglio esca dal suo riserbo. Lo deve anche alla maggioranza dei cittadini italiani, che magari tardivamente si sono resi conto delle dimensioni reali e complesse del problema, ed ora sono sinceramente sconcertati e turbati». Mentre Marcello Sorgi nel suo «Taccuino» già descrive una «svolta “tecnica” dalla trattativa alla fermezza». Secondo l’ex direttore «i rischi veri cominciano adesso, visto che il movimento, finora, dopo qualche arretramento tattico, è sempre tornato sul campo il giorno dopo. In Val di Susa la fase degli espropri dei terreni destinati ai nuovi cantieri è appena cominciata con la recinzione delle aree previste. Successivamente si passerà alla presa di possesso da parte dello Stato, ed è in quella fase che il pericolo degli scontri e i tentativi di riconquistare posizioni e impedire l’avvio dei lavori si farà più forte. Preso finora soprattutto dai problemi economici, il governo comincia così a fare i conti con questa nuova emergenza, alla quale, forse, non era del tutto preparato». Anche Mario Calabresi, nella rubrica della posta del direttore, invoca «la responsabilità del governo» e conclude: «Fascismo non è aprire un cantiere per un progetto che vuole spostare maggior traffico dalla gomma alla rotaia, fascismo è impedire ai giornalisti di fare il loro mestiere, è minacciarli, intimidirli con scritte e lettere minatorie, fascismo è impedire ai magistrati di parlare, è scagliarsi contro gli operai o umiliare i carabinieri che stanno fermi sotto il sole a difendere il nostro diritto non di andare da Torino a Lione in un’ora e mezza, ma di rimanere al passo con la rete di trasporti che sta trasformando l’Europa di qui a qualche anno per un secolo e forse più».

E inoltre sui giornali di oggi:

ROMA
LA REPUBBLICA – Non bastassero i morti ammazzati sulle strade, esplode lo scandalo dei vigili corrotti che si facevano pagare mille euro dai commercianti. Oggi il sindaco in procura. Il presidente del Municipio I, Orlando Corsetti, ha presentato una denuncia alla guardia di Finanza perché sarebbe emerso «un mercato parallelo di licenze gestito da professionisti». Ora rincara la dose parlando di un «un’agenzia di mediazione quasi monopolistica», dell’esistenza di un «tariffario», di «riciclaggio». «Se le indagini dovessero accertare l’esistenza di un racket delle licenze, vuol dire che si è creata una vera e propria associazione a delinquere».

POVERTA’
AVVENIRE – Contrordine della Banca Mondiale. I Millennium Goals ora sembrano a portata di mano. Sembra infatti che il primo degli obiettivi del millennio, dimezzare la povertà estrema,  sarà raggiunto addirittura cinque anni prima del previsto, perché dal 2005 non ci sono più aree del pianeta con la povertà in crescita. 

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