Mondo

«Il peggio deve ancora venire»

Intervista a Boubacar Boris Diop sulle elezioni presidenziali

di Joshua Massarenti

Domani in Senegal quasi cinque milioni e mezzo di elettori saranno chiamati alle urne per partecipare al primo turno delle elezioni presidenziali. La sfida opporà il presidente uscente Abdoulaye Wade (nella foto), candidato alla sua successione per la terza volta di fila da quando ha preso il potere nel 2000, e 14 candidati dell’opposizione.

L’esito di queste elezioni rimane molto incerto. Dopo una campagna elettorale segnata dalle manifestazioni anti-Wade represse nel sangue dalle forze dell’ordine, nessuno è in grado di dire se il presidente uscente, che ha mobilitato oltre 45 milioni di euro per confermarsi al potere, riuscità ad avere la meglio sui suoi oppositori.

Come tanti suoi concittadini, Boubacar Boris Diop è molto preocccupato. “Il peggio deve ancora arrivare” sostiene questo romanziere e dramaturgo senegalese, noto per essere uno degli intellettuali più rispettati e influenti del Senegal. In Italia è conosciuto per aver pubblicato “Murambi, il libro delle ossa (E/O), risultato dal progetto “Rwanda: écrire par devoire de mémoire” a cui Diop ha partecipato con altri nove intellettuali africani, allo scopo di raccogliere materiale sul genocidio del 1994. Insegnante presso l’Università Gaston-Berger di Saint-Louis, getta uno sguardo lucido su quello che considera “uno degli appuntamenti politici più importanti della storia del Senegal”.

Il presidente uscente ha paragonato le contestazioni dell’opposizione e della società civile a una “semplice brezza che scuote le foglie degli alberi, ma che non potrà mai trasformarsi in un uragano “. Come interpreta queste dichiarazioni?

Boubacar Boris Diop: E’ il segno di un uomo che ha perso il senso della realtà. Wade non rispetta più nessuno, e la cosa non mi sorprende. Dopo aver annunciato la sua candidatura, la tensione era diventata già altissima. All’epoca, Wade aveva giustificato la sua scelta con una frase diventata famosa in Senegal : “Avevo detto che non mi sarei più candidato, oggi mi disdico”. Questa uscita riflette la strategia del presidente per cui ogni qualvolta sembra sul punto di gettare la spugna, se ne esce con una frase ad effetto per tornare protagonista. L’ultima che lei ha citato è in realtà rivolta a diversi destinatari : ai suoi avversari naturalmente, ma anche al suo entourage che sarebbe tentato di abbandondare una nave che Wade vuole far credere di poter governare con sicurezza. L’ultimo destinatario è la comunità internazionale che ha smobilitato un numero impressionante di osservatori internazionali in Senegal.  Se penso alle persone che hanno perso la vita durante le manifestazioni, reputo questa frase scandalosa.

Come spiegare questa fuga in avanti di un presidente che nel 2000 incarno’ il cambiamento nel panorama politica senegalese?

Diop: L’immagine di un Wade democratico, senza paura e senza rimproveri è un mito. Nel 2000 la gente non ha votato per lui ma contro l’ex presidente Abdou Diouf, accusato di immobilismo. All’epoca i senegalesi volevano chiudere con 40 anni di regime socialista. Certo, Wade era popolare, l’unico in grado di sconfiggere i socialisti. Ma era anche ed è rimasto un demagogo. Mi ricordo che durante i suoi meeting chiedeva a una folla di decine di migliaia di giovani chi di loro non aveva un lavoro, naturalmente tutti alzavano la mano. A tutti prometteva che questo problema sarebbe stato risolto. Ripeto, la gente sapeva benissimo chi stava per eleggere, un uomo in grado di compiere alcune cose interessanti, ma anche il peggio. E oggi il peggio è sotto gli occhi di tutti.

Quanti si aspettavano che sarebbe stato capace di andare cosi’ lontano?
Diop
: Nel momento di accedere al potere, Wade era sostenuto dai giovani. Chi lo aveva conosciuto all’università e aveva la sua età non ha mai avuto fiducia in lui. Parlare di delusione o di sorpresa per tutto quello che non ha compiuto negli ultimi dodici anni è fuoriluogo. I senegalesi sapevano, ma hanno preferito chiudere gli occhi. Diversamente, la Comunità internazionale si è illusa di avere avuto a che fare con un grande democratico, un oppositore storico portato in carcere più volte ma che con il passare degli anni ha tradito le aspettative. Che ingenuità! Un suo ex collaboratore ha rivelato che una delle prime cose che Wade gli ha detto dopo aver vinto le presidenziali del 2000 è che  “i problemi di soldi sono ormai alle nostre spalle”. Purtroppo Wade era l’unica alternativa ai socialisti.

Quali le possibilità per Wade di vincere queste elezioni ?
Diop
: E’ molto difficile fare un pronostico. Di sicuro si sente molto forte, ha capito che di fronte c’è un’opposizione divisa. L’altro dato fondamentale è l’appoggio delle confraternite religiose, in particolar modo quella dei Muride che, nel 2000, aveva abbandonato Abdou Diouf.

Sebbene l’autorità dei leader religiosi senegalesi sia diminuita negli ultimi vent’anni, la loro gestione del quotidiano li rende ancora molto influenti e la loro presenza nella vita politica nazionale è onnipresente. Di solito le confraternite appoggiano sempre il potere, ma mai come con Wade il legame tra una confraternita, in questo caso Muride, e un presidente è stata cosi’ evidente. Non a caso il califfa di Touba, la città santa del Mouridismo, ha chiesto di rispettare la decisione del Consiglio costituzionale di autorizzare Wade a candidarsi alle presidenziali. C’è poi una terza variante che riguarda i rischi di frode elettorale. La comunità internazionale sta esercitando pressioni enormi sulla classe politica senegalese affinché le elezioni siano trasparenti. Non posso credere che il sistema elettronico adottato per registrare gli elettori e controllato dagli osservatori elettorali possa fallire in Senegal quando in molti altri paesi del mondo si è rivelato efficace.

Infine, va segnalata la presenza importantissima dei media privati che, al pari di quello che è accaduto nel 2000, seguiranno gli spogli in diretta per annunciare i risultati sulle radio e in televisione. Questa copertura mass-mediatica si era rivelata decisiva nelle elezioni del 2000 perché non aveva dato il tempo necessario a Diouf per truccare i risultati. In realtà i timori sono altrove.

Quali?
Diop
: Il primo è che gli sconfitti non accettino i risultati, il che screditerebbe in modo molto pesante l’organizzazione di elezioni in futuro. Il secondo è l’annuncio di una vittoria di Wade al primo turno. Se cosi’ sarà, allora il Senegal entrerà in un periodo di fortissima instabilità. Potrebbe accadere di tutto, rivolta insurrezionale compresa. Del resto c’è chi ha già dichiarato che non riconoscerà mai la vittoria di Wade.

E qui giungiamo al cuore del problema : la credibilità del presidente uscente. Wade è per certi versi talmente contestato che anche una sua vittoria pulita non sarebbe giudicata credibile dai suoi oppositori. Il timore di vederlo inchiodato al potere è talmente grande che per la prima volta alcune comunità straniere – tra cui i maliani, i mauritani e i guineani – sono accusate di essersi iscritti illegalmente nelle liste elettorali. Non era mai successo in passato, per tradizione il Senegal è un paese molto rispettoso degli stranieri. Insomma, temo che il peggio debba ancora venire all’indomani delle elezioni.

Con il Movimento M-23 e i rapper di Y’en a Marre, la società civile sembra aver assunto un peso importante nell’arena politica senegalese. Come lo spiega?
Diop
: Non bisogna dimenticare che i rapper senegalesi avevano già coperto un ruolo molto importante nel trionfo di Wade nel 2000. Oggi stanno occupando uno spazio liberato dal fatto che la società civile prende sempre più apertamente posizione nei confronti della classe politica appoggiando tale leader piuttosto che un altro con la speranza di vedere le sue rivendicazioni salire in cima all’agenda politica.

Perché l’opposizione non è riuscita a presentare un solo candidato?
Diop
: Con un unico candidato la vittoria era garantita. Ma l’opposizione è stata minata da lotte intestite all’interno del partito socialista tra Ousmane Tanor Dieng e Moustapha Niasse. Purtroppo l’odio che questi politici nutrono tra loro ha avuto la meglio sui tentativi di unificazione effettuati con le Assisi nazionali del 2008 e 2009 in cui si era proposto a una serie di oppositori di presentare i loro programmi politici conl’obiettivo di selezionare il candidato migliore delle Assisi. Ma i vari Idrissa Seck, Macky Sall, Tanor e Niasse si sono rifiutati di prestarsi a questo gioco.

Quale degli oppositori da lei menzionato puo’ sperare di minacciare Wade?
Diop
: L’ex primo ministro del presidente uscente, Macky Sall, il quale disse: “sono contro la candidatura di Wade, ma entro in campagna elettorale”. Se le elezioni saranno trasparenti, ha qualche possibilità di sconfiggere il presidente al secondo turno. La sua vittoria significherebbe che il partito presidenziale rimarrà ancora al potere per i prossimi 14 anni. Dico 14 anni perché nonostante il mandato sia di sette anni, Sall è talmente giovane che di sicuro si candiderà nel 2019. E soprattutto percché Sall ha fatto parte del partito di Wade, ne è stato il vice presidente del comitato direttivo. Paradossalmente l’opposizione deve quasi sperare che il presidente uscente possa essere confermato in modo da continuare la lotta ed evitare il rischio che Sall prenda il potere. Sembra assurdo, ma in realtà gli oppositori sperano in una vittoria di Wade con lo scopo di vederlo abbandonare il potere tra due o tre anni per vecchiaia e vincere alle prossime elezioni.

Detto questo, la situazione rimane molto incerta. Ieri sera i partiti di opposizione sono entrati in una serie di trattative intense con il potere che teme una vittoria di Sall. Circolano voci di un consenso per una riconferma di Wade seguita da un periodo di transizione.

Ad ogni modo la mia tristezza è grande perché nessuno degli candidati di questa opposizione è stato in grado di presentare un programma degno di questo nome. La campagna elettorale è rimasta totalmente fagocitata dalla figura del presidente, le vere sfide sociali ed economiche del paese sono state ignorate.

Quello senegalese è sempre stata citato come un modello di democrazia per il continente africano. Al di là del caso Wade, non le sembra che questo modello sia stato sopravvalutato?
Diop
: In Senegal la libertà di espressione è sempre stata garantita, anche ai tempi del regime monopartitico di Senghor e Diouf. Ma è l’albero che nasconde la foresta. Fino al 2000, le elezioni senegalesi sono sempre state truccate. Il presidente e poeta Senghor non ha mai parlato di partito unico, mentre il suo successore, Abdou Diouf, si è appoggiato al cosiddetto ‘multipartitismo integrato’, dove a regnare incontrastato era sempre il partito socialista. Oggi abbiamo Wade, con la corruzione che continua ad andare a braccetto con la politica. Se la nostra democrazia è stata sopravvalutata è perché ai tempi di Senghor la Comunità internazionale aveva a che fare con ditattori come Mobutu. Il Senegal sembrava politicamente e istituzionalmente molto più avanzato rispetto ad altri paesi. L’errore è stato quello di avere chiuso gli occhi di fronte ai problemi mai risolti della democrazia senegalese,  a cominciare dal rapporto tra politica e religione.


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